Passione ed entusiasmo per il karate, nel racconto di questo plurimedagliato atleta della Nazionale Fikta.
di Susanna Rubatto
KarateDo ebbe già occasione di incontrare Giampaolo Girotti (in KarateDo, n. 22 apr-mag-giu 2011) con un’intervista a cui rimandiamo per un profilo a “tuttotondo” di questo atleta plurimedagliato, che ha saputo mantenere sempre un grande entusiasmo per il karate.
Abbiamo approfittato della sua presenza alla Conferenza stampa per la presentazione della 48ª Coppa Shotokan del 29 novembre 2016 a Lavino di Mezzo (BO), per intervistarlo nuovamente. Purtroppo, ha potuto partecipare a questo incontro su invito del M° Perlati, in quanto infortunato e, perciò, a casa dal lavoro.
Giampaolo, che è nato a Bologna il 21.05.83, è 4° dan e pratica karate dal 1995, vantando un curriculum agonistico di tutto rispetto:
- 2007 – 3° posto nel kumite sq., Camp. Mondiali ESKA Polonia
- 2010 – 3°nel kumite ind., Camp. It. Assoluti
- 2011 – 2° nel fukugo, Camp. It. Assoluti
- 2012 – 3° nel kumite ind. e fukugo, Camp. It. Assoluti
- 2012 – 2° nel kata ind., Coppa Shotokan Master
- 2013 – 1° nel kumite, Camp. It. Assoluti
- 2013 – 1° nel kumite sq. e 2° nel kata ind., Camp. Eu. ETKF Belgrado
- 2014 – 1° nel kata ind. e 2° nel kumite a sq., Coppa Shotokan
- 2015 – 1° nel fukugo e 2° nel kumite sq., Camp. It. Assoluti
- 2015 – 1° nel kumite sq. e 4° kata ind., Camp. del Mondo UWK Slovenia
- 2015 – 1° nel kata ind. e 2° nel kumite sq., Coppa Shotokan
- 2016 – 1°nel kumite ind. e 1° nel kata ind., Camp. It. Assoluti
- Dal 2005 al 2011 – Vincitore del Trofeo Masina
Iniziamo dalla nota dolente, Giampaolo, cioè dal severo infortunio nel quale sei incorso durante gli ultimi Campionati ETKF, svoltisi a Kranjska Gora (SL) il 26-27 novembre.
Durante la finale di kumite individuale l’atleta portoghese mi ha portato un de ashi barai sulla gamba anteriore e il mio alluce, facendo attrito sul tappetino, mi è rimasto sotto il piede lussandosi con fuoriuscita dell’osso. Mi hanno subito portato in ospedale e operato sia ai legamenti, sia alla capsula dell’osso, con conseguenti punti esterni. Al momento è stato dolorosissimo, ma non mi ero subito reso conto dell’entità del danno. È intervenuto immediatamente il nostro medico, ortopedico, che me l’ha risistemato in sede e steccato.
Ci sono rimasto male per questo incidente, intanto perché mi stavo ‘giocando’ bene la finale e poi perché mi sarebbe piaciuto tantissimo conquistare quella medaglia. Ovviamente, mi hanno dato il dottor stop e sono arrivato secondo, ma vedendo l’alluce ridotto così, il mio primo pensiero è stato che non avrei potuto fare la finale a squadre.
In tutta la mia carriera agonistica, a parte qualche costola incrinata, questo è stato il mio primo infortunio serio.
Mi piace molto la gara di fukugo, perché portando sia kata sia kumite, il vincitore è dunque l’atleta più completo.
Come vivi questo stop forzato, anche in prossimità della Coppa Shotokan?
Credo, purtroppo, che ci vorranno almeno due mesi tra cure e riabilitazione. Naturalmente, per la Shotokan mi dispiace un sacco, soprattutto perché è una delle mie gare preferite, essendoci tutti atleti selezionati da ogni regione, per cui, già dal primo incontro hai a che fare con avversari molto forti e questo è stimolante.
Da quanto tempo pratichi karate e quando hai iniziato con le gare?
Ho incominciato il karate nel ‘95 e da subito facevo le gare per i bambini. Nel ‘98 ho preso la cintura nera e da lì, iniziando dalle gare regionali, è stata un’escalation, perché provavo a fare tutte le gare che c’erano.
Dal tono delle tue parole trapela un grande entusiasmo, l’hai sempre avuto?
Ho avuto anch’io i miei momenti, uno in particolare in cui avevo staccato un attimo la ‘spina’, ma mai con le gare, che ho sempre continuato a fare. Più che altro ha riguardato l’intensità degli allenamenti… ma è stato proprio un attimo, perché ne ho subito avvertito la mancanza.
Di media quanto ti alleni?
Dal 2007, da quando lavoro in proprio come meccanico-gommista, finendo tardi di lavorare, non mi posso allenare tanto, faccio due, tre allenamenti a settimana, mentre prima erano quattro o cinque.
Dove vivi e dove ti alleni?
Vivo a Crespellano, a un quarto d’ora da Bologna. Vado ad allenarmi a Calderino (tra Montepastore e Bologna) e mi alleno ancora, dopo 21 anni, con il Maestro con cui sono cresciuto, Giusy Lombardo. Lei ha una “carica” che pochi hanno e, per me, ha di positivo che, per quanto ricordi, non fa mai una lezione uguale a un’altra, mettendoci molta fantasia. È evidente poi che il karate le piace tanto e, negli anni, siamo anche diventati amici, instaurando proprio un bel rapporto.
C’è un aspetto del tuo carattere sul quale hai dovuto fare più attenzione nella tua pratica di agonista?
In generale io sono una persona serena, poi però sicuramente ci sono degli aspetti del karate difficili da capire e da applicare. Il mio “problema” è stato, soprattutto all’inizio che, essendo un ragazzo di indole buona, durante gli incontri dovevo sempre prendere almeno un pugno prima di “svegliarmi”. Negli anni sono naturalmente cresciuto in questo e mi pare che nella mia carriera agonistica qualcosa sia riuscito a ottenere…
Hai una specialità preferita?
Giusy Lombardo è nata come atleta di kumite e mi ha trasmesso tantissimo questa passione, soprattutto agli inizi. Col tempo e approfondendo anche la mia conoscenza del karate, ha incominciato a piacermi molto anche i kata in cui ero “bravino”, ma da un po’ di anni li sto studiando meglio. Mi piace analizzare di più i particolari, i dettagli, che nelle gare sono quelli che fanno la differenza tra due atleti bravi.
Mi piace molto la gara di fukugo, perché portando sia kata sia kumite, il vincitore è dunque l’atleta più completo.
La testa ti porta sempre all’estremo, ma quando riesci a superare il limite, allora, anche nella vita quotidiana, le cose risultano più semplici.
Quanto ti ha impegnato e fino a quando pensi t’impegnerà l’agonismo?
In Italia il limite è di 35 anni e, a me, ne mancano un paio. Mentre all’estero si può gareggiare anche oltre questa età. Il percorso dell’agonista è molto impegnativo, sia a livello fisico sia mentale, per cui non so quanto continuerò.
D’altronde io ho iniziato a frequentare l’ambiente della Nazionale tanto presto perché, immediatamente dopo la cintura nera, alle prime gare, mi hanno notato e mi hanno chiamato quasi subito negli juniores. Dopodiché, sono passato ai senior e tuttora sono presente.
Per un agonista la Nazionale è un traguardo ambitissimo, ma per raggiungerlo e mantenerlo gli allenamenti sono molto duri e impegnativi, perciò penso che a 35 anni abbandonerò.
Finito il periodo agonistico come vedi il tuo futuro?
Non dico che mi piacerebbe fare il maestro della Nazionale, però… Certo è che mi attirerebbe avere una palestra mia, per far “crescere” i ragazzi. Sono già istruttore e aiuto Giusy, anche se non ho un mio corso. Collaboro anche con i Maestri che allenano la squadra dell’Emilia Romagna e un domani spero di essere io l’istruttore dei ragazzi della Regionale.
Concludere il periodo agonistico, un po’ per tutti gli atleti, fa parte di una “ruota che gira”, però, conoscendomi, sono sicuro che mi mancherà.
Me ne farò una ragione e, probabilmente, sarà più contenta la mia morosa! Lei è un’insegnante di ginnastica ritmica e anche lei è piuttosto impegnata, per questo mi capisce e capisce i miei impegni. Ho trovato una persona che sta bene di fianco a me.
Quando ti prepari con la Nazionale come sono gli allenamenti?
Solitamente sono una volta ogni mese e mezzo, ma chiaramente s’intensificano con l’avvicinarsi della competizione. Ad esempio, per quest’ultimo campionato europeo ci siamo trovati almeno tre volte in un mese, incontrandoci a Bologna o a Milano per agevolare un po’ tutti.
Che cosa ritieni ti abbia dato la pratica dell’agonismo?
Io penso che se una persona vuole davvero fare una cosa, la fa indipendentemente da tutto. Bene o male, io ho sempre fatto ciò che volevo, come quando a sedici anni, mentre i miei amici si ritrovavano al bar, io ero impegnato con l’allenamento. Poi però li raggiungevo!
Certo il sacrificio c’è, ma non posso dire che l’agonismo mi abbia impedito qualcosa. Anzi, con l’amicizia nata tra noi atleti, all’epoca della squadra dell’Emilia Romagna, non vedevamo l’ora che ci fosse l’allenamento per poi anche uscire insieme.
Alla fine sento che l’agonismo mi ha dato tanto, anche a livello di vita quotidiana. Secondo me, una persona che supera gli impegni e i problemi che s’incontrano nella pratica agonistica, riesce a superare meglio anche le difficoltà del quotidiano, in modo più sereno.
Quindi, quale aspetto del karate secondo te può aiutare anche nella vita quotidiana?
Forse sono anche stato fortunato, ma vedo che gli stessi problemi dei miei coetanei, io sono riuscito ad affrontarli sempre serenamente e ritengo che il karate mi abbia aiutato a saper affrontare le cose.
Per esempio, in questo momento sono “sommerso” di lavoro, ma nonostante il dito rotto vado comunque a lavorare e sono sempre stato uno che, anche da dipendente e senza obbligo, se serviva, restavo a lavorare pure fuori orario.
Ricordo che anche quando con gli amici andavo a ballare la sera, la mattina successiva loro rimanevano a letto, mentre io ero già al lavoro.
In questo atteggiamento credo mi abbia aiutato la ‘testa’, perché la testa ti porta sempre all’estremo, ma quando riesci a superare il limite, allora, anche nella vita quotidiana, le cose risultano più semplici.
Prima o poi tutti arrivano a quel punto, durante gli allenamenti, in cui ci si dice “Oddio, non ce la faccio più!”, ma se accanto a te hai un maestro che ti sprona a superare quel limite, scopri che è più mentale che fisico, e ce la fai ancora. Come quando succedeva che arrivassi molto teso all’allenamento e credevo di non poter proseguire, mentre invece riuscivo a fare ancora mezz’ora, un’ora… Allora, significa che è solo una questione mentale. Questa esperienza aiuta anche nella vita. Anche se lì nell’allenamento, al momento è difficile da accettare e vorresti solo… insultare il maestro!
Quali momenti della tua carriera agonistica ricordi in modo particolare?
Io ricorderò sempre il mio primo Trofeo Masina, che non vinsi. [Mentre poi lo vinse per ben sette anni consecutivi NdA]. Ero anche più piccolo dell’età consentita (ora le regole sono cambiate), mi fecero partecipare che avevo solo diciassette anni e arrivai terzo, premiandomi anche, se non ricordo male ‘per l’atleta più corretto’. Di fianco avevo tutti i ragazzi della Nazionale dell’epoca, i miei idoli, e questo è stato veramente bello e emozionante.
Com’è successo anche in quest’ultimo Campionato in Slovenia, dove ci ha accompagnato Roberto Mariani che è sempre stato, e lo è tuttora anche se ha smesso di fare gare, il mio idolo per quello che riguarda i kata, dove lui, per me, è la perfezione. Oltre a ciò, è anche una bellissima persona che mi è stata a fianco per tutta la preparazione del Campionato, essendo stato chiamato a coadiuvare il M° Pasquale Acri che doveva seguire anche gli atleti che avrebbero concorso all’ESKA in Grecia. Tra l’altro, io stesso sono stato convocato un po’ all’ultimo minuto, per fare il kata a squadre, in sostituzione di Fabio Cuscona, a sua volta chiamato per l’Eska. Mi sono dovuto inserire in fretta con i due ragazzi della squadra che si allenano insieme ormai da sei, sette anni e in due settimane abbiamo preparato il kata, incontrandoci due volte, quindi per dieci ore. Roberto è stata una presenza preziosa, che mi ha aiutato moltissimo per farmi capire come coordinarmi con gli altri due. Lo ringrazio per questo, ma soprattutto perché è stato lui ad accompagnarmi al Pronto Soccorso dov’è stato con me per tutto il tempo.
Il karate è un percorso articolato e duro, ma se si persevera qualcosa resta sicuramente.
Quali altre persone nel tuo percorso sono state importanti per te e senti di ringraziare?
Naturalmente, prima di tutti c’è Giusy Lombardo, perché mi ha fatto appassionare a questa disciplina e ha “tirato fuori” ciò che sono adesso. Ringrazio anche i miei primi Maestri al di fuori della mia palestra: Paolo Lazzarini e Loris Guidetti, allenatore della Nazionale per molti anni, con i quali ho legato maggiormente e che ho frequentato di più nei miei diversi periodi. Specialmente Loris Guidetti, dato che i suoi figli sono anche miei grandi amici e ci vediamo spesso.
Infine, reitero il ringraziamento di cui sopra a Roberto Mariani.
Appuntamenti futuri per i quali intendi prepararti?
Prossimamente, personale obiettivo, sono i Campionati assoluti italiani di giugno, che quest’anno ho vinto sia nel kumite sia nel kata e [con un sorriso] devo difendere il titolo!
Invece, per il Trofeo Masina, che solitamente è in febbraio/marzo, non so se sarò guarito. In ogni caso vorrò dare il mio contributo per portare la squadra in finale e vincere la gara, ma non io, che penso di aver “già dato”!
Cosa diresti a un ragazzo che vuole approcciare il karate, per motivare questa scelta?
Io vedo, purtroppo, che le generazioni di oggi vogliono “tutto e subito”, però il karate non è così. Questa disciplina è suddivisa in tantissime tappe, corrispondenti anche ai gradi delle cinture, che rappresentano dei “traguardi”.
Inoltre, ci sono molte altre discipline che fanno credere di poter imparare tanto e velocemente, ma in realtà poi vengono abbandonate precocemente e non lasciano alcunché.
Il karate è un percorso articolato e duro, ma se si persevera qualcosa resta sicuramente. È una pensiero che dico sempre ai ragazzi della Regionale, che vorrebbero vincere, magari senza allenarsi, o allenandosi poco… Purtroppo, non funziona così, specialmente nel karate tradizionale dove contano molto i dettagli e la cura delle basi.