Riconosciamogli il grande pregio di aver trasformato quello che era un sistema disordinato di difesa personale, in una disciplina del Būdō giapponese.
di Ilio Semino
Nell’anniversario della nascita di Gichin Funakoshi Shihan (Shuri, 10 novembre 1868 – Tōkyō, 26 aprile 1957), mi onoro di ricordare il fondamentale apporto che Egli ha dato allo sviluppo del karate in Giappone, trasformando il Tode di Okinawa in un metodo più organizzato, codificato e maggiormente idoneo alla diffusione, avvenuta poi in ogni parte del mondo.
Senza dimenticare la Sua vita di privazioni e fatica a nome della missione che si era prefissato, è giusto riconoscergli il grande pregio di aver trasformato quello che era un sistema disordinato di difesa personale, in una disciplina del Būdō giapponese, ponendo il karatedo tra le grandi Arti della cultura tradizionale e Marziale nipponica, quali l’arte della spada, della calligrafia, del tiro con l’arco, della cerimonia del tè, delle antiche lotte corpo a corpo, della disposizione dei fiori e del kobudo, le arti antiche ecc.
Lo Shōtōkan ryū, a Lui intitolato dai suoi successori, ha convinto e raccolto centinaia di migliaia di praticanti nel mondo grazie alla sua precisione, versatilità, piacevolezza dei gesti e dimostrazione di potenza e velocità, senza contare gli evidenti benefici fisici, essendo scevro da azioni e pratiche dannose alla salute.
Credo che tutti gli appassionati di karate, di ogni Scuola, stile, provenienza, convinzione e orientamento, siano tenuti a portare grande rispetto a questo Maestro che, pur non essendo un grande esecutore, ha saputo, con tenacia e perseveranza, trasformare una grezza disciplina in un’Arte, che cura il corpo e lo spirito, cercando di entrare in armonia con se stessi e con gli altri in una accezione tecnica e spirituale difficilmente riscontrabile al di fuori delle discipline del Būdō.
Grazie “Shoto”Sensei!