L’incontro con la storia: “ichi go, ichi e”. Vivere ogni giorno affrontando le sfide, con la certezza che dopo averle vissute saranno parte integrante della nostra vita.
Mai, da quando scrivo umili articoli per rendicontare come procede il corso istruttori, mi sono trovata così in difficoltà. Non perché le mie dita non battano sulla tastiera con la stessa passione di sempre, ma perché questa volta ho una nuova e diversa percezione della situazione storica. La pandemia non ci abbandona, anzi, si fa sempre più infima.
Tutti sappiamo quanto sia cambiato il virus, come si sia evoluto e come stia colpendo in maniera più fitta. Tutto cambia, tutto si evolve, tutto muta. La storia ci insegna questo. La storia come descrizione di quello che c’è stato e che ci ha portato fin qui. Fatti, eventi, emozioni soggette a divenire.
Sono proprio le ambizioni che rendono l’uomo migliore di quel che è.
È necessario studiare chi eravamo per poterlo trasmettere ai posteri. Questa la lezione del M° Puricelli. Studiare la storia del karate, sviscerarla, comprenderla per poi tramandarla ai nostri allievi.
Perché il Karate si sviluppa proprio a Okinawa? Perché lo chiamiamo così? Chi ci ha trasmesso le basi di quest’arte e chi l’ha resa così attuale? Sono tutte domande che un aspirante istruttore dovrebbe porsi. Semplicemente perché comprendere cosa abbiamo alle spalle ci permette di comprendere perché siamo quel che siamo. Porsi delle domande che servano come stimoli per progredire.
Compito di un allievo è quello di studiare, di metterci corpo e anima per superare il suo maestro. E questo non deve sembrare un atteggiamento presuntuoso, ma un atteggiamento che ci farà essere degni del nostro maestro. Sono proprio le ambizioni che rendono l’uomo migliore di quel che è. Perfezionarsi. Perfezionare la tecnica e lo spirito.
La tecnica del karate altro non è se non un mezzo che porta al controllo, alla maestria del proprio corpo, alla conoscenza di sé stessi e la tecnica si perfeziona con la pratica. Ed ecco che il cerchio si chiude.
Praticare karate (tutta la vita) rinforza il nostro corpo e la nostra mente, offrendoci un modo sano di affrontare la malattia. In questo caso la pandemia. Essere positivi non è mai stato così negativo come in questo momento storico. Ma noi non ci arrendiamo e andiamo avanti. Continuiamo con le lezioni on-line, perfezioniamo il nostro carattere e scriviamo la storia.
Due lezioni, quella del 24 ottobre e del 14 novembre, incentrate proprio sulla storia, sulle origini, sull’importanza di conoscere.
Il M° Matsuyama aiuta noi istruttori ad attingere da una fonte diretta. Un uomo che ha in sé la cultura orientale, tanto lontana dalla nostra. È merito suo se impariamo a contare, a leggere e a scrivere in giapponese (o almeno proviamo a farlo). È grazie a lui se ci avviciniamo ai termini tecnici in lingua. Sembra tutto così scontato, ma non lo è affatto. Un conto è allenarsi e sentire il proprio maestro, un altro è comprendere il senso profondo di quel che si dice. Avvicinarsi al mondo orientale è doveroso per noi karateka, è segno di grande rispetto per quel che ci si appresta – con necessaria umiltà – a insegnare. Se siamo qui a leggere, o a scrivere, vuol dire che nella nostra vita abbiamo incontrato il Karate, vuol dire che abbiamo qualcosa in comune, amiamo la stessa arte che ci permette di crescere.
Avvicinarsi al mondo orientale è doveroso per noi karateka.
Abbiamo in comune diverse esperienze vissute, le quali sono alla base dei nostri sogni (piccoli o grandi che siano) che ci fanno andare avanti. Ed è grazie a questi che riusciamo a sentirci vivi, apprezzando ogni momento, unico e irripetibile (ichi go, ichi e). Questa è stato il messaggio finale del del M° Matsuyama, vivere ogni giorno affrontando le sfide, con la certezza che un attimo dopo averle vissute saranno parte integrante della nostra vita, della nostra storia.