Quella dell’insegnamento a distanza è una sfida non facile, come è stata affrontata e risolta finora?
In molti Paesi le palestre sportive e i dojo di Arti marziali sono chiusi ormai da più di due mesi e la loro riapertura non appare dietro l’angolo. Questa chiusura, oltre a mettere in difficoltà economica i responsabili dei centri sportivi, ha imposto loro l’obbligo morale di mantenere il contatto con i propri iscritti e di fornire loro una qualche compensazione per gli allenamenti perduti. Nella maggioranza dei casi, questa esigenza si è tradotta nella creazione di corsi e allenamenti on-line, o quantomeno nella pubblicazione su Internet di filmati o articoli che propongono agli allievi esercizi eseguibili in spazi ridotti, quali un soggiorno o una camera da letto. Questa modalità è comune alle varie discipline sportive, ma nel caso delle A. M. presenta caratteristiche e difficoltà specifiche.
Pubblicazione su Internet di filmati o articoli che propongono agli allievi esercizi eseguibili in spazi ridotti.
Questa soluzione non è ideale, ma limita i danni (per gli allievi e le palestre) derivanti da una chiusura prolungata e da diversi mesi di inattività, nel migliore dei casi cinque o sei. Tuttavia, la programmazione di lezioni fruibili da allievi di diverso livello tecnico e che tenga conto delle limitate dimensioni del “tatami” casalingo di ciascun praticante, comporta un notevole sforzo organizzativo e una certa fantasia, oltre all’obbligo, per i vari maestri e istruttori, di mettersi in gioco e di porsi come esempi da imitare non solo di fronte ai propri allievi, ma davanti a una platea potenzialmente illimitata come è quella della Rete.
Per alcuni maestri, questo entra in conflitto con le caratteristiche di riservatezza e a volte di “segretezza” che essi conferiscono alle proprie lezioni: retaggio probabile della tradizione o, in sporadici casi, della sindrome del “Re nudo” (Nella nota favola I vestiti nuovi dell’Imperatore di Hans Christian Andersen, un impostore fa credere al re di avergli tessuto un vestito invisibile. Il re sfila nudo per la città, ma solo un bambino ha il coraggio di gridare la verità: “Il re è nudo!”. Nel nostro contesto il sedicente maestro, costretto a dimostrare pubblicamente l’arte che afferma di dominare, rivela la propria pochezza).
Dopo aver ostentato per anni, su Internet e nelle riviste specializzate, gradi improbabili e titoli altisonanti, è per loro imbarazzante mostrare un semplice oizuki o un maegeri come esempio per i propri adepti.
Un altro limite dell’e-learning nel karate è dato dall’evidente impossibilità di proporre esercizi in coppia e a contatto: per una disciplina da combattimento questo è quasi un controsenso, anche se è vero che nel karate tradizionale il focus sullo sparring è molto meno presente che nel karate sportivo, per non parlare del judo, del pugilato e degli altri sport da combattimento.
Quella dell’insegnamento a distanza di un’arte marziale è in ogni caso una sfida non facile. Come è stata affrontata e risolta finora?
Uno sguardo complessivo alla reazione del mondo delle arti marziali al lockdown riflessa in Rete ispira tutto sommato considerazioni confortanti. La segregazione sociale imposta a quasi tutto il mondo dalla pandemia di Covid-19 ha stimolato i maestri di tutte le nazioni e di tutti gli stili a produrre ottimi esempi di allenamenti da remoto ed eccellenti proposte di adattamento degli esercizi classici del karate all’esecuzione in pochi metri quadrati. Senza la pretesa di un’impossibile completezza, ma restando nell’ambito del karate tradizionale e dello stile Shotokan, ho molto apprezzato i video del maestro Shinji Akita, del maestro Timur Gùney e del maestro italo-tedesco Fiore Tartaglia. Più recentemente, anche il maestro Alessandro Cardinale ha iniziato un ciclo di allenamenti on-line supportati da filmati suoi e del maestro Fugazza, proponendo un’intelligente progressione didattica adatta a una platea di praticanti di vari livelli di abilità. Chi desidera allenarsi, insomma, non ha che l’imbarazzo della scelta.
Una concezione unicamente sportiva del karate rivela tutti i suoi limiti di fronte alla realtà concreta dell’isolamento sociale.
Altri insegnanti, tra i quali il sottoscritto, non per pigrizia, ma per consapevolezza dei propri limiti tecnici e fisici, hanno contribuito a tener vivo lo spirito della propria arte marziale in altro modo, con contributi teorici o facendo opera di divulgazione del lavoro altrui, senza mai smettere di allenarsi in proprio o seguendo i corsi dei loro maestri. Paradossalmente, la momentanea chiusura delle palestre e il necessario ricorso alla Rete, assieme agli ovvi svantaggi, contiene una grande opportunità sia per i praticanti sia per i maestri: quella di poter condividere le buone pratiche e di capire che non c’è un solo modo per fare bene karate. Purtroppo, ci sono anche molti modi di farlo male, ma di questo il Coronavirus non ha colpa alcuna.
In questo variegato panorama di offerte e di proposte, emerge anche purtroppo, sia detto senza alcuna intenzione polemica, la “miseria”, citando scherzosamente il giovane Marx (nello scritto giovanile La miseria della filosofia, Karl Marx attacca il filosofo Proudhon sostenendo che la forza-lavoro non è un’idea astratta ma la base dello sviluppo sociale. Qui intendo che una concezione unicamente sportiva del karate rivela tutti i suoi limiti di fronte alla realtà concreta dell’isolamento sociale) dell’agonismo fino a se stesso, che per tenere viva l’attenzione dei propri accoliti non sa fare di meglio che organizzare degli improbabili campionati italiani online. Proporre la competizione, in un momento in cui l’accento non può essere che sulla collaborazione, è a mio parere una nota stonata, come anche il tentativo di attrarre nuovi simpatizzanti alla nostra disciplina con richiami improponibili al campo dello sport professionistico: un recente articolo della Gazzetta dello Sport proponeva di assistere a un allenamento contemporaneo (ma distanziato) tra Aghayev e Busà definendoli il Cristiano Ronaldo e il Messi del karate…