Nishida Kitarō, un giapponese dialoga con la cultura occidentale arricchendola con la pratica Zen.
(In KarateDo n.40 ott-nov-dic 2015)
Il dott. Nello Zavattini, uno degli stimati autori che collaborano con KarateDoMagazine, ci segnala questo libro, prima opera (1911) di Nishida Kitarō, e ne suggerisce la lettura.
Uno studio sul bene (Zen no kenkyū 善 の 研究 )
Autore: Nishida Kitarō
A cura di Enrico Fongaro
Introduzione di Giangiorgio Pasqualotto
Bollati Boringhieri editore, Torino, 2007.
Enrico Fongaro, curatore e traduttore di quest’opera complessa scritta nel 1911, è filosofo, ha vissuto e insegnato in Giappone, è 7° Dan di kendō. Il lavoro filologico e di resa in italiano di termini e concetti propri della filosofia di Nishida è eccellente e ne ha sottoposto il vaglio ai professori giapponesi specialisti della materia e al Nanzan Institute for Religion and Culture di Nagoya, tra i primi istituti mondiali di studi in questo ambito. Invito quanti interessati a visitare il loro sito, unico nel panorama mondiale, e soprattutto gli eccellenti articoli pubblicati nella loro rivista che è il Japanese Journal of Religious Studies e che si possono liberamente scaricare.
Il Prof. Giangiorgio Pasqualotto, docente di filosofia all’Università di Padova, arricchisce con la sua chiarissima introduzione di circa cinquanta pagine quest’opera fondamentale della moderna filosofia giapponese. L’introduzione del Prof. Pasqualotto è un testo nel testo e unisce una profonda conoscenza del pensiero d’occidente e d’oriente, raramente capita di leggere studi così ben fatti.
L’“esperienza pura” (純粋経験, junsui keiken) è il concetto fondamentale che sostiene lo sviluppo dell’intero libro. A essa è dedicata tutta la prima parte, che si suddivide a sua volta in quattro paragrafi: il primo, intitolato ugualmente L’esperienza pura, cerca di fornire un primo chiarimento fondamentale di cosa sia l’esperienza pura. I tre successivi, intitolati Il pensiero, La volontà, L’intuizione intellettuale, cercano di dimostrare di volta in volta come pensiero, volontà e intuizione intellettuale siano altrettanti modi dell’esperienza pura. […] Con la definizione del concetto di esperienza pura, posto all’inizio di Uno studio sul bene, prende per la prima volta forma quel tentativo di combinare in qualche modo zen e filosofia, di cui Nishida spiegava come per lui l’essenziale dello zen consistesse nel «coglimento del reale» (現実把握, genjitsuhaaku). La prima formulazione filosofica di un tale coglimento del reale è racchiusa dunque nella definizione dell’esperienza pura da cui si origina e a cui continuamente ritornerà, in un incessante lavoro di creazione di concetti, tutto il pensiero nishidiano.
Fare esperienza significa conoscere il reale concreto così com’è. È conoscere in conformità al reale concreto, tralasciando completamente ogni intromissione da parte nostra. Puro è in senso proprio lo stato dell’esperienza così com’è, senza nessuna aggiunta del discernimento riflessivo, dato che di solito a ciò che si dice esperienza si mescola in realtà un qualche pensiero. Per esempio, nell’attimo in cui si vedono colori o si sentono suoni, «puro» indica non solo l’assenza del pensiero che questi suoni e colori siano dovuti all’azione degli oggetti esterni o che sia l’io a percepirli, ma «puro» connota un’anteriorità persino rispetto all’aggiunta del giudizio su cosa siano questi colori e questi suoni. Per questo l’esperienza pura è identica all’esperienza immediata. Quando si fa esperienza direttamente del proprio stato di coscienza non ci sono ancora né soggetto né oggetto, la conoscenza e il suo oggetto sono completamente unificati. Questo è il modo più puro dell’esperienza.