I campi estivi di Karate per ragazzi sono un modo come un altro per trascorrere le vacanze o sono qualcosa di diverso e di più?
È una tradizione tipica degli Stati Uniti quella dei summer camps, importata anche da noi da quando i ritmi della vita si sono fatti più frenetici. I tempi di stacco dalla scuola per i ragazzi e dal lavoro per i genitori non coincidono; anche le mamme sono impegnate fuori casa e spesso non sono disponibili aiuti esterni, perché troppo onerosi – se non si ha la fortuna di qualche nonno o zio di buona volontà che si occupi dei pargoli.
Varie organizzazioni hanno spesso offerto corsi di karate estivi presso località turistiche. Per i più grandi, adulti compresi, a provvedere ci sono le università, specialmente i dipartimenti di educazione fisica. Questo nonostante fin dall’inizio i summer camps di arti marziali si fossero attirati strali satirici, basati sul timore dell’instillare nelle giovani generazioni una mentalità troppo aggressiva.
Sin dalla fine degli anni 80 molti maestri si sono posti il problema e alcuni di loro si rifiutano di tenere lezioni in questi corsi. È una questione di significato e di percezione di ciò che si fa: il karate non può, secondo loro, essere trattato alla stregua della pallavolo o della monta inglese, nel senso che non è e non vuole essere unicamente una modalità d’espressione fisica, un gioco, una tecnica in più da acquisire, un hobby punto e basta. Il concetto popolare che tutto distorce è: non esiste nulla che non possa essere imparato in 8 settimane di vacanza.
Col massimo rispetto per chi s’impegna in iniziative di questo genere, i contrari ai summer camps sanno che il karate di per sé pretende più tempo, attenzione e devozione.
Col massimo rispetto per chi s’impegna in iniziative di questo genere, i contrari ai summer camps – che pure non vogliono proporre ai giovanissimi una sorta di imitazione della vita monastica buddista – sanno che il karate di per sé pretende più tempo, attenzione e devozione. Soltanto così la pratica può apportare quei benefici fisici, psicologici, spirituali per cui è nota e apprezzata in tutto il mondo. E solo intendendola in questo modo un sensei si comporta in maniera responsabile e degna del suo ruolo.
In verità, però, ci sono state e ci sono clamorose eccezioni a questa regola, e con ben fondate motivazioni.
Per esempio, il M° Hidetaka Nishiyama, di stretta osservanza Shotokan e presidente anni orsono della Japan Karate Association, sosteneva che i summer camps sono un’ottima occasione per sperimentare stili di karate diversi e pratiche differenti nell’ambito dello stesso stile – cardine della proposta della sua accademia, partendo dalla considerazione che i principi di base sono comuni –.
Un pioniere dei campi estivi di karate è stato Kim Shima, che già all’inizio degli anni ’70 li organizzava in Colorado, in mezzo alle montagne, non lontano dal lago San Isabel.
La sua filosofia consisteva nel non caricare troppo gli allievi, tenendo conto che a tutti gli effetti quello del campo doveva essere un periodo di svago. Perciò, si preoccupava di reclutare ottimi chef, perché i pasti fossero sostanziosi e gradevoli, e di offrire valide attività alternative nel tempo lasciato libero dall’arte marziale. Senza trascurare nemmeno l’aspetto prettamente agonistico, invitando alle sessioni campioni nazionali di kata e kumite.
Come in Giappone, Shima voleva lavorare su tempi lunghi, gettando un seme che sarebbe forse germogliato più tardi, portando i ragazzi a tornare l’estate successiva e magari a praticare presso un dojo, una volta rientrati a casa.
C’è chi ha sempre puntato sull’aspetto spirituale del karate, completando l’ esperienza fisica con l’approccio alla meditazione e lo sviluppo dell’autoconsapevolezza, come all’Aspen Academy, ancora in Colorado.
Altri invece hanno deciso di combinare diverse discipline marziali, judo e karate per esempio, approfondendo la loro utilità come autodifesa anche dal punto di vista legale.
Arthur Smith, professore di Educazione Motoria alla Lewis University (Illinois), pubblicò negli anni ’80 un breve saggio in cui indicava ai karateka come combattere il perfetto sabotatore delle migliori intenzioni: la pigrizia. Fra i suoi consigli per sconfiggerla e dare nuova linfa al proprio entusiasmo per la disciplina, c’è in effetti la frequenza di un summer camp, preferibilmente quello del proprio dojo. Anche se in mezzo ai compagni di sempre, luoghi, atmosfera e allenamenti in parte nuovi possono fare la differenza.
Il M° Hidetaka Nishiyama sosteneva che i summer camps sono un’ottima occasione per sperimentare stili di karate diversi e pratiche differenti nell’ambito dello stesso stile.
Per quanto riguarda i più giovani, occorre un po’ di attenzione se per loro si tratta della prima volta fuori casa da soli, pur se alle prese con la loro arte marziale preferita.
Sul sito Urbandojo sono elencate alcune norme fondamentali da seguire per prepararli bene: intanto, dare ai ragazzi un’idea di ciò che possono aspettarsi dal campo, utilizzando i volantini, il sito internet, qualsiasi materiale che possa aiutare nella descrizione dei programmi. Sempre che sia possibile, meglio incontrare con un certo anticipo l’organizzatore, in modo che i diretti interessati, possano porgli delle domande e, se vuole, per condividere con lui informazioni che potranno essergli utili: allergie, fobie, intolleranze alimentari degli iscritti ecc. Soprattutto, se i ragazzi sono in qualche modo spaventati, non contribuire ad aumentare le loro paure, ma rassicurarli, mostrando fiducia nelle loro abilità relazionali e nel loro interesse per il karate. Mostrargli che c’è un lato ludico, di puro divertimento, pur non dimenticando che il summer camp sarà una tappa fondamentale per la loro crescita. Infatti, dovendo cavarsela senza i genitori anche se in un ambiente protetto e sorvegliato, i giovani svilupperanno le proprie capacità di autonomia e cooperazione con gli altri, impareranno a lavorare in squadra, oltre che a difendersi da soli.
Nel panorama nostrano, oggi c’è solo l’imbarazzo della scelta quanto a località, costi, presenza di maestri prestigiosi e/o di noti agonisti: dai campi organizzati da diversi enti, a quelli delle varie Federazioni, a quelli delle singole scuole. Oltre al web, possono fare da riferimento gli uffici Informagiovani, funzionanti in molti comuni d’Italia.
Qualunque sia la vostra opzione, buone vacanze a tutti!