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Karate neurocomportamentale e ADHD

Karate neurocomportamentale e ADHD

Iperattività, disattenzione, impulsività, disturbi di apprendimento, dell’umore e dello spettro ansioso e disturbi della condotta. Data l’importanza, per i giovani allievi, dei temi trattati al Convegno di Ostia, condividiamo alcuni degli abstract introduttivi.

Di Sara Pavan

Nell’ambito del 1° Memorial Aldo Di Luigi svoltosi a Ostia il 29-30 settembre e 1 ottobre 2015 a cura dell’Associazione Sportiva YoShoKan, si è tenuto un importante Congresso medico sull’ADHD e sul Karate Neurocomportamentale. Il Congresso medico rientra nelle attività del Progetto “Dal Dojo, alla famiglia, alla società”, sviluppato e promosso già da tempo in alcune palestre con costanza e competenza dal Prof. Dott. Mark T. Palermo e dal Maestro Massimo Di Luigi (7° DAN) e pubblicato sul sito aifa.

Gli interventi del Prof. Mark T. Palermo, neuropsichiatria e neurologo, hanno riguardato inizialmente la descrizione del disturbo dell’ADHD, con tutti gli aspetti relativi al percorso diagnostico e quello della diagnosi differenziale, quindi gli interventi terapeutici nell’ambito del trattamento multi-modale e, infine, l’argomento principale del Congresso quello del karate neurocomporamentale. 

Nel Karate si richiedono e si insegnano queste due importantissime funzioni neuropsicologiche già dal primo giorno di istruzione.

ABSTRACT – ADHD, diagnosi e diagnosi differenziale
L’ADHD (Attention Deficit and Hyperactivity Disorder) o DDAI (Disturbo da deficit di attenzione e iperattività è una situazione clinica che interessa dal 3 al 5% della popolazione pediatrica. È caratterizzato, dal punto di vista sintomatologico, da una triade di iperattività, disattenzione e impulsività. È frequentemente resa complessa da una serie di comportamenti e atteggiamenti che rendono di difficile gestione la quotidianità del paziente e delle famiglie dello stesso. La diagnosi è difficile prima dei 5-6 anni di età, dato il repertorio comportamentale limitato della popolazione in questione. Non ci sono specifici deficit neuropsicologici, ma sono evidenziabili una serie di vulnerabilità caratteristiche: nella diagnosi differenziale rientrano i disturbi di apprendimento, dell’umore e dello spettro ansioso e disturbi della condotta. A ciò si associano, spesso in comorbilità, disturbi dello spettro autistico. La sintomatologia cambia con l’età del paziente e persiste con manifestazioni diverse per tutto l’arco della vita del paziente.

ABSTRACT – ADHD, attualità di intervento
L’intervento clinico nell’ADHD è tipicamente multimodale o multidisciplinare ed è volto al miglioramento clinico delle vulnerabilità specifiche per il singolo paziente e non necessariamente all’etichetta diagnostica ‘sensu strictu’. L’intervento si avvale prevalentemente di una combinazione di approcci comportamentali-neuropsicologici e farmacoterapici con terapie mirate alla riduzione dell’iperattività estrema e al miglioramento o alla normalizzazione dei tempi di attenzione. I farmaci più tipicamente usati sono: stimolanti, antidepressivi, anti ipertensivi alfa-antagonisti e, recentemente, una nuova molecola con azione sul sistema noradrenergico. Di recente introduzione l’uso di interventi a base di acidi grassi omega 3 che sembrano promettere miglioramenti clinici statisticamente significativi.

ABSTRACT – Perché il Karate: meccanismi di intervento e risultati clinici
Da un punto di vista neuropsicologico il Karate è una attività altamente sofisticata. Racchiude in sé una serie di elementi fondamentali per lo sviluppo armonico delle competenze socio-cognitive, quali l’equilibrio posturale e mentale, la capacità di inibire l’attività motoria, di modificare una sequenza di pensiero o di comportamento, di migliorare le capacità attentive, di apprendere il rispetto dell’altro, la turnazione e la tolleranza alla frustrazione, la gestione della paura e dell’ansia, l’introspezione, la collegialità, la comprensione dei ruoli sociali e delle gerarchie, la temperanza. Queste competenze sono stimolate dal primissimo momento in cui si sale sul tatami, il nome giapponese che indica il pavimento del dojo, il luogo dove si pratica. Diversamente da altre attività sportive, in cui la concentrazione e l’attenzione sono fondamentali per arrivare ai livelli massimi di performance e sono coltivate da atleti di alto livello tecnico, nel Karate si richiedono e si insegnano queste due importantissime funzioni neuropsicologiche già dal primo giorno di istruzione, per essere poi successivamente coltivate in modo sistematico e specifico. L’approccio allo sviluppo dell’attenzione e della concentrazione è assolutamente identico a ciò che viene applicato in ambito clinico con la differenza sostanziale che i partecipanti non sono visti come pazienti, ma come bambini o adolescenti che presentano delle problematiche comuni affrontate in un contesto di ‘normalizzazione’ e di sdrammatizzazione. Studi di settore, tra cui quello condotto nelle palestre FIAM, dimostrano che, oltre a un effetto benefico sul tono dell’umore e sulle funzioni immunitarie, avviene una sostanziale riduzione dell’aggressività e dei fenomeni di bullismo, impulsività e oppositività in ambito scolastico, a partire dai primi mesi di insegnamento. È importante sottolineare che si è dimostrato fondamentale l’insegnamento e la pratica del Kata, una sequenza formale di gesti codificata negli anni, simulante una situazione di conflitto contro più avversari che richiede doti di equilibrio, coordinazione, memoria motoria e concettuale, abilità esecutive e consapevolezza temporo-spaziale. Queste doti vengono trasmesse con l’esempio dei maestri e degli istruttori, coltivate adottando un metodo cognitivo-comportamentale e/o con l’apprendimento dal coetaneo di grado superiore che funge da esempio sia sportivo sia morale, raccolte strada facendo da alunni, genitori e insegnanti.

È seguito l’intervento della dott.ssa Gloria Dal Forno, neurologa, che ha svolto brillantemente un interessantissimo intervento sulla plasticità neurale, che rappresenta in qualche modo, il presupposto teorico dell’efficacia del karate neuro comportamentale.
ABSTRACT – La plasticità neurale e il miglioramento clinico
Il tessuto nervoso e l’encefalo in particolare, a causa dell’elevatissima specializzazione funzionale, hanno capacità rigenerative e di autoriparazione assai limitate, capacità sempre più ridotte per le età successive allo sviluppo intrauterino e la prima infanzia. Poco noto è però il fatto che, con l’applicazione di metodiche di “imaging” funzionale dell’attività nervosa, è stato possibile dimostrare l’esistenza di fenomeni di compensazione e recupero finora inaspettati, anche per aree dell’encefalo ad altissima specializzazione, quali le cortecce sensori-motorie. Con il termine “plasticità” si indica proprio la capacità del sistema nervoso centrale di essere modificabile, il suo potenziale di cambiamento. Tale caratteristica è fondamentale non solo nelle fasi di recupero da eventi patologici, ma anche in tutte le fasi del nostro sviluppo, incluso l’apprendimento di nuove abilità motorie, sensoriali e comportamentali in senso lato, nell’arco di tutta la nostra esistenza. La comprensione dei fenomeni che regolano la plasticità neurale ha un enorme potenziale applicativo sia nella terapia di situazioni più o meno patologiche, come ad esempio la dislessia, i disturbi neurocomportamentali, l’ictus, sia nel migliorare apprendimento e prestazioni, come nel caso di un atleta o di un musicista. In questo intervento saranno discusse alcune forme di plasticità, i potenziali meccanismi micro o macroscopici che ne sono alla base e alcune potenzialità applicative cliniche.

Oltre a un effetto benefico sul tono dell’umore e sulle funzioni immunitarie, avviene una sostanziale riduzione dell’aggressività e dei fenomeni di bullismo, impulsività e oppositività in ambito scolastico, a partire dai primi mesi di insegnamento.

Il Prof. Dott. Giuseppe Curcio, neuropsicologo, ha illustrato i meccanismi sottesi alla neuropsicologia dell’attenzione e della concentrazione, con riferimento anche alla complessa pratica dei movimenti in una disciplina come il karate.
ABSTRACT – Neuropsicologia dell’attenzione e della concentrazione
L’attività umana di elaborazione delle informazioni si basa sul corretto funzionamento di una serie di processi e meccanismi interni tra i quali risulta centrale l’attenzione. Essa può essere considerata come la funzione che regola l’attività dei processi mentali, filtrando e organizzando le informazioni provenienti dall’ambiente con lo scopo di emettere una risposta adeguata: il suo obiettivo principale è dunque quello di selezionare il materiale informativo.
L’attività di questa funzione cognitiva appare influenzabile da alcune condizioni particolari quali, ad esempio, il livello di preparazione fisiologica a ricevere le stimolazioni o arousal. L’arousal si sviluppa lungo un continuum che va dal sonno all’iperattività: in entrambi i casi, l’estrema apertura o chiusura alla stimolazione può influenzare in maniera negativa la prestazione. Un’altra condizione che può influenzare la responsività è il livello di vigilanza con cui ci “dedichiamo” a un compito, cioè la capacità di mantenere un buon livello attentivo per un periodo prolungato di tempo, capacità cui ci si riferisce con il termine di vigilanza o concentrazione.

Sia l’arousal che la vigilanza e/o concentrazione sono componenti distinte della funzione attentiva. Le moderne tecniche di neuroimaging hanno mostrato come ognuna di esse coinvolge network neurali, aree e strutture cerebrali distinte che, se selettivamente colpite, possono portare a danni specifici.
La neuropsicologia ha sviluppato diversi strumenti per la valutazione delle abilità attentive, strumenti utili sia dal punto di vista sperimentale sia clinico. In questa sede verranno proposti gli strumenti più usati e ne verranno discussi criticamente pregi e limiti.

Per la prima volta in Italia, nell’ambito di un Congresso, è stato affrontato in modo approfondito il tema del collegamento fra il disturbo dell’ADHD e dei disturbi della condotta con la criminalità. Ad esporre questo tema con importanti risvolti sociali sono stati il Dott. Marco Strano e la Dott. Roberta Bruzzone, psicologi e criminologi.
ABSTRACT – ADHD e Criminalità
La genesi neurologica del comportamento deviante e i contributi alla criminalità di disturbi neuropsichiatrici sono argomento di grande attualità scientifica e sociale. Il comportamento deviante visto da una prospettiva neuropsicologica può chiarire non tanto le motivazioni dello stesso, quanto eventuali interventi preventivi e curativi. Lo stato attuale delle conoscenze riguardo alla delinquenza minorile vede una sorta di continuum dal disturbo di condotta al disturbo antisociale di personalità, anche se i confini dei disturbi rimangono poco definiti. La situazione è complicata dall’uso intercambiabile di termini descrittivi molto diversi tra loro nell’ambito della letteratura medico-forense.

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