728 x 90

M° Luiz Tasuke Watanabe

M° Luiz Tasuke Watanabe

Oss Ittetsu. Storia di un giapponese in Brasile.

(in Karate do n. 27 lug-ago-set 2012)

Luiz Tasuke Watanabe nasce il 28 giugno del 1947 a Kami Bibai, una città dell’isola di Hokkaido, a nord del Giappone. La madre Sakamoto e il padre Kumagi appartengono a prestigiose famiglie di Samurai dell’epoca, dedite alla pratica delle arti marziali del Judo e del Bo. Il padre, diplomatosi in agraria e divenuto Sindaco del paese, conserva da sempre dentro di sé il sogno di iniziare una nuova vita in Sud America, sogno che si realizzerà molto presto, verso la fine degli anni Cinquanta, quando il Maestro Luiz Tasuke Watanabe si trasferisce in Brasile con tutta la sua famiglia. Proprio in occasione del viaggio di immigrazione in Brasile, L. T. Watanabe assiste alla sua prima dimostrazione di karate e, proprio in Brasile, ne inizierà la pratica nel 1961, con i maestri giapponesi Tanaka e Uriu. 

Sono oramai vent’anni che il M° Watanabe viene in Italia in occasione dei più importanti stage nazionali ISI, onorandoci della sua presenza e dei suoi preziosi insegnamenti: egli, con la sua brillante personalità e il suo originale modo di insegnare, riesce ogni volta a trasmetterci le sue esperienze e le sue conoscenze, regalandoci punti di vista sempre nuovi. Il Maestro, infatti, ci invita in ogni occasione a studiare sempre più in profondità le tecniche di karate che già conosciamo e, soprattutto, a scoprire le infinite possibilità applicative che si nascondono all’interno di ogni kata. La sera del 22 agosto 2012, abbiamo avuto il piacere di intervistare il Maestro, appena arrivato a Milano dal Brasile, per il tradizionale appuntamento estivo con lo stage ISI nazionale di Bellaria. Lo ringraziamo calorosamente per il tempo gentilmente dedicatoci in questa intervista, rilasciata a casa del Maestro Shirai, davanti a un tipico piatto tradizionale giapponese. 

Maestro Watanabe quando e perché ha iniziato la pratica del karate?
Scoprii per la prima volta il karate mentre ero sulla nave, durante il mio viaggio di immigrazione verso il Brasile. Rimasi particolarmente colpito da una dimostrazione di kata, eseguita da un maestro di karate originario di Okinawa. Ricordo ancora adesso le parole di mio padre che, al termine della dimostrazione, definì il kata come “il ballo di Okinawa”. Iniziai così la pratica del karate in Brasile, nel 1961, sotto la guida dei maestri giapponesi Tanaka e Uriu. Questi maestri mi hanno trasmesso lo stile e il modello di karate praticato e insegnato a quel tempo dai più grandi maestri giapponesi della Japan Karate Association.

Maestro Watanabe che cosa rappresenta per lei il karate?
Il karate è un’arte marziale “infinita”: basta pensare che ci sono 27 kata e che dietro a ciascuno di essi vi sono infinite possibilità applicative attraverso lo studio e la pratica del Bunkai e dell’Engi-Bunkai. Se pratichiamo il karate seriamente, come arte del Budo e dello Zen basata sul concetto “vita o morte”, scopriamo che non c’è fine alla possibilità di conoscere in profondità ciò che si nasconde dietro a una semplice tecnica di calcio o pugno. Ciò che fa la vera differenza, nella pratica di ogni karateka, è proprio questa consapevolezza.

La spettacolarità del combattimento, anche se utile per attirare e fare divertire il pubblico, non è sufficiente per vincere l’avversario.— M° Luiz Tasuke Watanabe

Come Maestro di karate, a quale modello di insegnamento si è sempre ispirato?
Come Maestro di karate ho sempre seguito il modello di insegnamento del Maestro Shirai e dei maestri giapponesi che hanno fatto del Budo il proprio stile di vita: ciò significa studiare in profondità il karate, ricercare e scoprire i principi e le tecniche nascosti nella forma di ogni kata, conoscerne l’applicazione e, soprattutto, essere in grado di metterli in pratica. Molti maestri hanno un grado alto, ma si limitano a praticare e a insegnare il karate solo da un punto di vista tecnico. La tecnica è importante, ma ciò che è essenziale in ogni arte marziale è mantenere vivo lo spirito del Budo. Se un leone vuole attaccarci, dobbiamo essere capaci di difenderci e ucciderlo con una lancia prima che ci attacchi. Questo è il Budo: vita o morte. Se non riusciamo ad uccidere il nostro avversario, sarà lui a uccidere noi. Molti maestri cercano di spiegare il karate ai loro allievi attraverso teorie più complicate, ma è bene tenere a mente che lo spirito dell’arte marziale è molto semplice e va praticato fino in fondo.

Può farci un esempio concreto di com’è possibile praticare il karate applicando i principi del Budo?
Oltre ad insegnare il karate in Brasile secondo lo stile tradizionale e il modello dei maestri giapponesi, mi è stato chiesto, in America, di diventare coach di un atleta di lotta libera, Lyota Machida (divenuto famoso per aver battuto il Campione del mondo di lotta libera che era attualmente in carica). Dopo la vittoria di Machida, molte persone sono venute ad intervistarmi per sapere quali tecniche speciali gli avevo insegnato. Ho risposto loro che“non avevo insegnato alcuna tecnica speciale, ma solo quello che è nascosto nel profondo del  kata”. 

Questa esperienza mi ha dimostrato ancora di più l’importanza di applicare, anche in un incontro di lotta libera, le tecniche di base del karate e i suoi principi fondamentali: è questo l’aspetto che più mi interessa. La spettacolarità del combattimento, anche se utile per attirare e fare divertire il pubblico, non è sufficiente per vincere l’avversario. Ciò che conta, invece, è la chiara consapevolezza che in qualsiasi momento possiamo andare KO o mandare KO il nostro avversario. In questo momento decisivo, lo spirito del combattimento trasmessoci dal karate e più in generale dalle arti marziali, riesce a fare la differenza. Il Maestro Funakoshi ha sempre insegnato che anche le unghie dei nostri piedi possono essere usate come delle armi. Davanti ad un avversario forte al 100%, il Bushi-do e lo Zen ci spingono ad andare a combattere il nostro avversario al 100 % senza mostrare mai la minima esitazione!

Maestro Watanabe, nel suo percorso di karateka si è dedicato anche all’agonismo? Quali competizioni agonistiche si ricorda oggi con più grande emozione?
Nel 1969 ho partecipato ai Campionati Nazionali del Brasile: è stata un’esperienza molto importante per me, perché sono arrivato in finale sia di kata sia di kumite. Nel 1970 ho iniziato ad insegnare karate e nel 1971, con estrema soddisfazione, ho portato alcuni miei allievi ai Campionati Brasiliani: abbiamo conseguito il terzo posto nel kata e nel kumite a squadra, oltre al secondo e al terzo posto nel kumite e nel kata individuali. La gara più importante ed emozionante a livello personale, tuttavia, è stato il Campionato del mondo Wuko, tenutosi a Parigi nel 1972: in quell’occasione, dopo 8 incontri di kumite individuale e 8 ippon, sono arrivato all’incontro della finale in cui ho battuto con wazari il mio avversario. È stato proprio in questa speciale occasione che ho conosciuto per la prima volta il Maestro Shirai, presente alla competizione in qualità di arbitro internazionale.

Oss Ittetsu – spiega il Maestro – significa che andremo sempre dritti, fino in fondo e fino alla fine.— M° Luiz Tasuke Watanabe

Maestro, sono oramai diversi anni che viene in Italia in occasione dei più importanti stage nazionali organizzati dall’Istituto Shotokan Italia: che cosa rappresenta per lei questa esperienza vissuta insieme al Maestro Shirai e agli altri maestri e praticanti di karate italiani?
Prima di rispondere a questa domanda vorrei precisare che i giapponesi, negli anni 60, erano i campioni assoluti di karate a livello mondiale. Per queste ragioni i maestri e i praticanti di karate brasiliani si sono sempre ispirati al modello di karate praticato dai giapponesi e diffuso dai maestri della JKA in quel preciso momento storico. Gli stessi Maestri Nakayama e Nishiyama, prima di morire, hanno sottolineato e precisato l’importanza di seguire il modello e lo stile di karate praticato in Italia dal Maestro Shirai. Per questi motivi, quando il Maestro Shirai mi ha proposto di venire in Italia a insegnare in occasione degli stage ISI nazionali, i maestri e i praticanti di karate del Brasile hanno pensato che ero veramente coraggioso! Effettivamente, all’inizio, ero preoccupato riguardo a quello che avrei potuto insegnare a quegli stessi allievi del M° Shirai che, per noi brasiliani, sono sempre stati un modello da emulare e imitare. Poi però mi sono tranquillizzato: il M° Shirai mi ha fatto capire che avevo qualcosa che mi distingueva, in qualche modo, dagli altri maestri di karate, perché avevo acquisito e praticato da sempre, oltre alla tecnica, lo spirito della lotta per la sopravvivenza.

Quando ho vissuto in Brasile, nel Mato Grosso, anche grazie al contatto con la cultura delle popolazioni indigene locali, ho capito che cosa significa dover lottare ogni giorno contro le forze della natura ed essere capaci di cacciare gli animali per la quotidiana sopravvivenza. È stata sicuramente un’esperienza fondamentale e importante per la mia crescita, sia come uomo, sia come karateka. Questo è anche lo spirito del Budo che dobbiamo mantenere sempre vivo mentre pratichiamo le tecniche di karate. Senza questa forza, senza lo spirito della lotta e del combattimento reale che siamo costretti a “tirare fuori” quando è in serio pericolo la nostra vita o quella dei nostri cari, non stiamo praticando il vero spirito delle arti marziali.

Per questo motivo, durante la mia prima esperienza di insegnamento in Italia, ho deciso di insegnare ciò che ho appreso dal combattimento con gli animali. Attraverso un nuovo modo di percepire il pericolo, possiamo allenare lo spirito di lotta per la sopravvivenza, fino a riuscire ad acquisire una dimensione nuova, un sesto senso che ci insegni a prevenire e neutralizzare in anticipo ogni possibile attacco avversario.

*** ***

Il Maestro Watanabe conclude l’intervista spiegandoci il significato di due parole giapponesi, così come gli sono state direttamente spiegate dal Maestro Nakayama: “Oss Ittetsu”.

Quando diciamo Oss Ittetsu –  spiega il Maestro – significa che andremo sempre dritti, fino in fondo e fino alla fine, con estrema convinzione e determinazione, per la strada che abbiamo scelto, senza mai effettuare alcun cambiamento dalla direzione presa, per nessun motivo. Vorrei comunicare queste parole ai praticanti e ai maestri di karate italiani perché, personalmente, mi ricordano con estrema gioia la strada del karate che ho scelto di percorrere, fino in fondo, insieme al Maestro Shirai.

 

Ti potrebbe interessare anche:

Articoli recenti

I più letti

Top Autori