Composizione corporea: è importante capirla per “giocare” con il peso e aiutare la perfomance dell’atleta.
Pensiamo a un uomo di 35 anni, alto 1 metro e 80 centimetri e che pesa 135 kg. Come ve lo siete immaginato? Sicuramente poco atletico… in realtà queste erano le caratteristiche di Ronnie Coleman, 8 volte Mister Olimpia, con una massa grassa stimata di circa il 5%.
Volendo semplificare, quando saliamo sulla bilancia il peso è la forza (quindi si misura in Newton e non in kg) che il nostro corpo esercita su di essa; dipende dalla massa, cioè dalla quantità di materia che costituisce un corpo moltiplicata per l’accelerazione.
Quindi, nel mondo dello sport, il numero della bilancia cosa mi dice, a parte quanta massa ha un atleta? Niente. Non so quanto un atleta è alto, quanto è muscoloso, quanto grasso ha, né quanto è idratato. Di fatto, non so alcunché. Inoltre, il peso può variare durante l’arco della giornata anche di 1,5 kg.
Leggermente più utile può essere il BMI, cioè l’indice di massa corporea: si calcola dividendo il peso in kg per l’altezza in metri elevata al quadrato. Mi trovo di fronte a una persona normopeso se il valore che ottengo è compreso tra 18,5 e 24,99. Anche questo dato però non tiene conto di età, sesso e composizione corporea; se calcoliamo il BMI di Coleman otteniamo:
135/1,82 = 41,7
Di fatto, sarebbe obeso.
Se vogliamo perdere peso e ragioniamo nel breve termine (pre-gara), dobbiamo perdere acqua.
Dividiamo per comodità la massa del nostro organismo in due compartimenti: massa magra (free fat mass, FFM) e massa grassa (fat mass, FM).
La componente dominante nella FFM è l’acqua: rappresenta circa il 60-65% del nostro peso totale. Nel muscolo arriva al 75% e nei polmoni al 90%. Veramente facile da perdere (in casi estremi si può arrivare anche a scendere del 10% rispetto al proprio peso in 20 ore), deve essere prontamente reintrodotta per non compromettere le prestazioni sportive e la salute in generale.
Le altre componenti della FFM sono tutte le varie sostanze non lipidiche, come proteine, minerali e glicogeno; sono tutte sostanze utili alla nostra prestazione sportiva e che hanno bisogno di tempo per essere reintegrate, quindi, una loro diminuzione non è da prendere in considerazione.
La massa grassa è suddivisa in FM essenziale e non essenziale; generalmente un uomo adulto in buona forma fisica ha una FM intorno al 10%, 15% se sedentario, mentre per le donne questi valori si aggirano intorno al 18% / 25%. Un aumento del grasso corporeo non è quasi mai necessario, anche se in parte inevitabile nelle cosiddette “fasi di massa”, quelle cioè in cui l’atleta aumenta di peso; una perdita di grasso corretta si aggira intorno allo 0,5-1% del proprio peso a settimana.
Possiamo quindi affermare che se vogliamo perdere peso e ragioniamo nel breve termine (pre-gara), dobbiamo perdere acqua; se invece prendiamo in considerazione il lungo termine, dobbiamo perdere grasso.
Il fabbisogno energetico rappresenta la quantità di energia di cui il nostro corpo ha bisogno per svolgere le sue funzioni vitali e per mantenere il bilancio energetico (entrate – uscite = 0).
Il fabbisogno energetico totale dipende da:
• Metabolismo basale: le quantità di energia di cui abbiamo bisogno affinché il nostro organismo assolva a tutte le funzioni vitali mentre siamo a riposo (60-75% del totale).
• Effetto termico del cibo: la spesa energetica necessaria per digerire il cibo, assorbire e trasportare i nutrienti (10% circa del totale).
• Attività fisica: volontaria (sport, lavoro) e non (postura, atteggiamenti) (15-30% del totale).
La somma di questi valori mi dice quante kcal devo ingerire per reintrodurre la quantità di energia che utilizzo durante il giorno. Se nel lungo termine il bilancio sarà uguale a zero o comunque vicino allo zero, il peso resterà invariato; se sarà positivo avrò un aumento di peso, mentre se sarà negativo una diminuzione.
Come possiamo stimare il nostro fabbisogno energetico giornaliero? Direttamente, con attrezzature specifiche, o indirettamente con delle formule matematiche. Si parte, a prescindere dal metodo scelto, con il metabolismo basale. Sicuramente più fattori prendiamo in considerazione, più la stima sarà precisa. Riporto come esempio la classica formula di Harris-Benedict:
• uomo: 66.5 + (13.75 x peso) + (5.003 x altezza) – (6.775 x età);
• donna: 655.1 + (9.5663 x peso) + (1.85 x altezza) – (4.676 x età).
A questo valore aggiungo circa il 30% in base all’attività fisica svolta dal soggetto e alla sua alimentazione ed ecco che ho il fabbisogno energetico totale.
Un metodo più semplice, ma meno preciso, consiste nel moltiplicare il peso del soggetto per 33 se uomo e 31 se donna; anche qui aggiungo circa il 30% in base all’attività fisica svolta e alla composizione dei pasti.
Le formule per stimare il fabbisogno energetico giornaliero sono molte e possono dare valori anche abbastanza diversi tra loro. Questi calcoli però possono essere complessi per chi non è addetto ai lavori e, come per il peso, il fabbisogno energetico resta un numero fine a sé stesso se poi non sappiamo come utilizzarlo.
Il concetto di dimagrimento riguarda solo ed esclusivamente la massa grassa: dimagriamo quando la % di FM scende. Perdere peso invece ha tutt’alto significato: posso perdere acqua, massa magra, o semplicemente andare in bagno.
Lo stesso concetto vale al rovescio e, come suggerisce il termine, ingrassiamo se aumenta la % di FM nel nostro organismo; aumentiamo di peso se mettiamo su massa muscolare, se cresciamo (come nel caso di un ragazzo di 14 anni) o se beviamo una bottiglia d’acqua.
In ultimo, ma non per importanza, dobbiamo tenere a mente che cambiamenti rilevanti e duraturi richiedono costanza: non si dimagrisce in un giorno così come, non aumenta la massa muscolare in due.
A questo punto, in pratica cosa dobbiamo fare? La risposta è: dipende. Dipende dalla situazione in cui ci troviamo.
• Sicuramente è opportuno che un atleta abbia una composizione corporea adeguata. Per fare questo, deve essere strutturato un programma a lungo termine (settimane, mesi o addirittura anni) con un professionista del settore.
• Nonostante il peso sia un numero che preso da solo ci dice molto poco, è un parametro che chiunque può misurare. Per avere una misura affidabile, sarebbe opportuno salire sulla bilancia ogni settimana, possibilmente lo stesso giorno, alla stessa ora e a stomaco vuoto.
• A ridosso di una competizione in cui sono previste categorie di peso può capitare, specialmente agli atleti più giovani, di trovarsi sopra al limite. In questo caso si può correre ai ripari seguendo quello che abbiamo detto sopra: l’atleta deve perdere acqua. Deve sudare il più possibile senza stancarsi, andare in bagno e ovviamente non può né bere né mangiare. Appena superata la “prova peso”, devono essere reintegrati con gradualità, ma senza perdere tempo, tutti i liquidi per non compromettere la prestazione.
• Una volta raggiunto l’obiettivo preposto, i risultati vanno mantenuti; per fare questo si devono sicuramente seguire le linee guida di una sana alimentazione per avere il giusto apporto di energia e nutrienti.
La cosa importante è non improvvisare.
ll sistema energetico che caratterizza la prestazione sportiva del karate può essere definito di tipo aerobico-anaerobico alternato.
Necessità energetiche del karate
È sicuramente intuitivo che un maratoneta ha esigenze tecniche, atletiche e nutrizionali diverse da uno sprinter; il primo atleta avrà bisogno di una fonte di energia continua, ma non esplosiva, come la brace che cuoce in modo continuo, mentre il secondo ha una manciata di secondi per dare tutto quello che ha, come una tanica di benzina che prende fuoco. Nonostante entrambi gli atleti abbiano bisogno di muoversi per le loro prestazioni, il carburante che utilizzano proviene da fonti e processi diversi.
SISTEMI ENERGETICI
I sistemi energetici sono meccanismi fisiologici che permettono la produzione di adenosina trifosfato (ATP), la molecola che fornisce energia alle cellule e che viene continuamente rotta e ricostruita. La ricomposizione di ATP avviene con tre sistemi e, per ognuno, occorre considerare quattro fattori.
• Potenza: massima quantità di energia prodotta nell’unità di tempo.
• Capacità: quantità totale di energia prodotta dal sistema.
• Latenza: tempo necessario per ottenere la massima potenza.
• Ristoro: tempo necessario per la ricostituzione del sistema.
I tre sistemi sono l’anaerobico alattacido, l’anaerobico lattacido e l’aerobico. Dobbiamo ricordare che l’organismo non è fatto a compartimenti stagni: questi sistemi coesistono, ma uno domina sugli altri in base alle necessità del momento.
Il sistema anaerobico alattacido sfrutta la fosfocreatina per ricostituire l’ATP; ha una potenza molto alta (può arrivare a picchi di 100 kcal al minuto), mentre latenza e ristoro sono basse; l’inconveniente è la capacità, perché la quantità di fosfocreatina nell’organismo è ridotta e nei soggetti allenati non può sostenere più di 10 secondi di attività. Abbiamo, per riprendere l’esempio di prima, una piccola tanica di benzina: fiamma alta, arde alla prima scintilla e la tanica si riempie subito una volta svuotata.
Il sistema anaerobico lattacido subentra quando il primo si esaurisce e non può più sostenere le richieste del corpo. Qui entra in gioco il glucosio e quindi la glicolisi (processo di rottura del glucosio). La potenza è inferiore al precedente (non supera le 50 kcal al minuto), la latenza è di poco superiore e la capacità molto più alta. Il ristoro è variabile, infatti, maggiore è la produzione di acido lattico e più tempo serve per smaltirlo e ricaricare le riserve di glucosio. Frequenza cardiaca e respiratoria aumentano in modo importante e cresce gradualmente il “debito di ossigeno”. Quando la quantità di acido lattico prodotta supera la capacità di smaltimento dell’organismo, questo sistema lascia gradualmente spazio a quello successivo. In questo caso possiamo usare il paragone della legna per il camino: la fiamma non è alta come quella della benzina, ma dura più a lungo.
Infine, il sistema aerobico è attivo quando i primi due sono esauriti o quando non sono richieste grandi quantità di energia in breve tempo. A seconda del substrato utilizzato viene definito glicolitico o lipolitico. Il primo domina le attività che vanno dai 2-3 minuti fino ai 20 circa, l’altro è il protagonista dai 20 minuti in poi. Questo sistema ha una potenza più bassa rispetto agli altri due e latenza e ristoro sono più lunghi. Il suo grande vantaggio è la capacità: si parla anche di ore, come la brace residua della legna ha bisogno di molto tempo per essere fatta, ma che cuoce la cena e può scaldare la stanza per tutta la notte.
Come abbiamo detto, i sistemi energetici cooperano tra loro in base alle esigenze della situazione e possono essere allenati. Come?
• A tavola: mangiare costantemente una fonte energetica rispetto a un’altra induce il corpo a produrre enzimi specifici per quel substrato. Un esempio lampante è la dieta chetogenica: la quasi totale esclusione dei carboidrati obbliga l’organismo a sfruttare al meglio i lipidi per ricavare energia. Chiaramente, senza le dovute accortezze si corrono rischi anche seri per la salute.
• In palestra: a seconda del tipo di allenamento che un atleta segue, avrà più riserve di un determinato nutriente rispetto a un altro. Inoltre, nel lungo termine l’allenamento è in grado di cambiare (in parte) la tipologia di fibra muscolare e quindi il substrato utilizzato.
Kata e kumite: quali sistemi energetici utilizziamo
Entriamo nello specifico del karate. Premesso che kata e kumite possono essere considerati due “sport” diversi (basti pensare al fatto che la prima è una closed skill mentre la seconda è open), presentano alcune analogie: prima fra tutte quella di non avere un singolo sistema che possiamo individuare in modo netto come prevalente, a differenza di quanto avviene per alcune discipline, come per esempio i lanci dell’atletica.
Sicuramente, entrambe le specialità non arrivano ai 20 minuti consecutivi di attività, quindi scartiamo l’aerobico lipolitico come sistema energetico dominante (“non dominante” non vuol dire assente). Tutte e due hanno improvvise richieste di molta energia e sappiamo che questa ce la può dare solo l’anaerobico alattacido. Spesso queste richieste superano i 2-3 secondi e come abbiamo detto i pattern energetici cooperano, quindi, entra gradualmente in gioco l’anaerobico lattacico. Infine, il molleggio del kumite e le tensioni muscolari per mantenere le posture dei kata non richiedono la stessa energia di un gyaku-tsuki con kiai, ma occupano tutto o quasi tutto l’arco temporale della prestazione: il sistema aerobico glicolitico sarà quindi sempre attivo per fornire quella poca, ma costante quantità di energia.
In conclusione il sistema energetico che caratterizza la prestazione sportiva del karate può essere definito di tipo aerobico-anaerobico alternato, data l’alternanza di momenti ad altissima intensità a momenti dove il ritmo scende, seppur con una continua richiesta di energia.
L’importanza dei carboidrati nella prestazione sportiva del karate è evidente.
ESEMPI PRATICI
Tirando le somme, l’importanza dei carboidrati nella prestazione sportiva del karate è evidente. Proviamo ora a fare qualche esempio pratico.
• Nel lungo termine, nella fase lontana dalle competizioni l’atleta deve costruire o mantenere il proprio fisico. Nel primo caso le proteine, preferibilmente di origine animale, non devono mancare, così come i grassi e i carboidrati. In particolare, la quantità di proteine può essere anche alzata a discapito degli altri due nutrienti; in atleti vegetariani o vegani questo valore deve andare ancora più in alto, perché l’elevato quantitativo di fibra può ridurre l’assorbimento dei protidi; in caso di dieta vegana va anche considerato il medio-basso valore biologico delle proteine ingerite. Nel secondo caso l’introito proteico può essere ridotto, facendo attenzione a non sacrificare la massa magra ottenuta.
• A ridosso di una competizione è importante che l’atleta abbia le scorte energetiche sature: circa 3 ore prima è indicato assumere una fonte di carboidrati complessi (pane, pasta, fette biscottate ecc.) e, una volta superata la “prova peso”, lo stato di idratazione deve essere ottimale. Un’ora prima della competizione si può utilizzare una fonte di zuccheri semplici, come un succo di frutta, marmellata o miele. Nei minuti che precedono la gara è preferibile che l’atleta non assuma alcunché, a parte acqua in piccole quantità.
• Durante la performance, che sia kata o kumite, è essenziale soltanto l’acqua e andrebbe bevuta in modo graduale. L’uso di zuccheri semplici non è utile, a meno che la gara non preveda una grande numero di prove per un periodo abbastanza prolungato e senza tempi di recupero. Processi come glicogenolisi e gluconeogenesi mantengono i livelli glicemici nei valori ottimali.
• Finita la competizione, l’atleta ha bisogno di far fronte alle spese sostenute: un pasto completo che rispecchia le linee guida di una sana alimentazione è la risposta migliore (vedi la Parte 1).
Bibliografia
Biasci, Project Nutrition, 2020.
Debellis, Alimentazione, nutrizione e salute, 2019.
Esposito, Project Integratori, 2021.
Pignatti, Fondamenti di alimentazione e nutrizione umana, 2021.
Sitografia
https://www.issalute.it/
https://nutritionsource.hsph.harvard.edu/
https://www.projectinvictus.it/
http://www.sinu.it/