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La paura e il combattimento: il samurai di fronte alla morte e alla vita, tra scienza e “Hagakure”.

La paura e il combattimento: il samurai di fronte alla morte e alla vita, tra scienza e “Hagakure”.

L’“Hagakure”, di Yamamoto Tsunetomo, offre riflessioni sul tema della paura e della morte, una guida filosofica per trasformare la paura in un’arma di consapevolezza e forza interiore.

La paura è una delle emozioni fondamentali della natura umana, un istinto evolutivo progettato per proteggerci dai pericoli. Ma per i samurai, la paura della morte rappresentava il più grande ostacolo da superare, una sfida non solo fisica, ma anche spirituale. LHagakure, scritto da Yamamoto Tsunetomo, offre profonde riflessioni sul tema della paura e della morte, trasmettendo una filosofia che ha plasmato l’etica del guerriero giapponese.
Questo articolo esplora il meccanismo della paura e il suo rapporto con la morte attraverso due prospettive complementari: da un lato l’analisi scientifica del funzionamento del cervello umano, dall’altro gli insegnamenti contenuti nell’Hagakure, che offrono una guida filosofica per trasformare la paura in un’arma di consapevolezza e forza interiore.

La paura della morte è il più grande ostacolo al vivere pienamente.

La paura della morte nell’Hagakure
Uno dei concetti chiave dell’Hagakure è il rapporto diretto e senza compromessi con la morte. Tsunetomo afferma: “Il bushidō consiste nel trovare la propria morte. Se sei sempre pronto a morire, sarai in grado di vivere come un vero uomo e di fare il tuo dovere in ogni circostanza.”
Questa frase, apparentemente radicale, contiene una verità profonda: la paura della morte è il più grande ostacolo al vivere pienamente. Per i samurai, accettare la morte non era un segno di rassegnazione, ma un modo per liberarsi dal timore che paralizza la mente e il corpo.
Il concetto è supportato anche dalla moderna psicologia che dimostra come il confronto diretto con le proprie paure (inclusa la paura della morte) porti a una maggiore resilienza e a una riduzione dello stress.

Il meccanismo scientifico della paura
Quando percepiamo una minaccia, l’amigdala – una struttura del cervello parte del sistema limbico – invia segnali di allarme. Questo attiva il sistema nervoso simpatico, scatenando la risposta “lotta o fuga” (fight or flight).
Gli effetti fisiologici principali includono:
• Aumento della frequenza cardiaca e del respiro per ossigenare i muscoli.
• Dilatazione delle pupille per migliorare la visione.
• Rilascio di ormoni dello stress, come adrenalina e cortisolo, che preparano il corpo ad affrontare il pericolo.
Tuttavia, questa stessa risposta può diventare dannosa se la paura prende il sopravvento, causando paralisi mentale o panico. Ed è qui che l’insegnamento dell’Hagakure diventa cruciale: superare la paura non significa eliminarla, ma imparare a controllarla e usarla come fonte di energia.

Superare la paura non significa eliminarla, ma imparare a controllarla e usarla come fonte di energia.

Il bushidō come metodo di gestione della paura
L’Hagakure offre una filosofia concreta per affrontare il meccanismo della paura, basata su tre principi chiave:

  • L’accettazione della morte.
  • Per Tsunetomo la paura della morte nasce dall’attaccamento alla vita. Questo attaccamento limita il guerriero, distraendolo dal momento presente. L’Hagakure insegna che:
  • Se non sei preparato a morire oggi, non potrai mai essere un vero samurai.”
  • Accettare la propria mortalità permette di superare il timore paralizzante della fine, concentrando tutte le energie sull’azione immediata. Questo approccio si allinea a concetti moderni di “accettazione radicale” utilizzati in psicologia, secondo cui affrontare la realtà senza resistenza emotiva aiuta a ridurre l’ansia.
  • Mushin no shin: la mente senza mente
  • L’Hagakure e la pratica meditativa promuovono uno stato mentale chiamato mushin, ovvero “assenza di mente”. Questo stato, raggiunto attraverso la meditazione e l’allenamento, permette di agire senza interferenze emotive, mantenendo calma e concentrazione anche in situazioni di pericolo estremo.
  • Studi neuroscientifici mostrano che atleti e professionisti altamente addestrati entrano in uno stato simile al mushin durante prestazioni ad alto stress. La corteccia prefrontale, responsabile del controllo consapevole, coordina le risposte automatiche, riducendo l’influenza dell’amigdala.
  • Preparazione costante
  • L’Hagakure sottolinea l’importanza della pratica continua: “Se sei allenato costantemente, in battaglia agirai senza esitazione.”
  • La ripetizione instillava nei samurai una fiducia nelle proprie abilità, riducendo l’incertezza, una delle principali fonti di paura. La moderna psicologia conferma che l’esposizione ripetuta e graduale a situazioni stressanti desensibilizza il cervello, diminuendo la risposta alla paura.

La paura non è il nemico, è un segnale che ci prepara ad affrontare l’ignoto.

Le pratiche del samurai e la scienza moderna
La respirazione per calmare la mente.
L’Hagakure non descrive dettagliatamente tecniche di respirazione, ma i samurai praticavano il kokyu, la respirazione consapevole, per mantenere la calma. Questa tecnica, oggi studiata dalla scienza, stimola il nervo vago e il sistema parasimpatico, abbassando i livelli di cortisolo e promuovendo uno stato di rilassamento.
La meditazione e il controllo dell’amigdala.
La meditazione era uno strumento essenziale per il samurai. Studi moderni dimostrano che la meditazione regolare riduce l’attività dell’amigdala, rendendo più facile controllare la paura.
L’azione come antidoto alla paura.
L’Hagakure enfatizza l’importanza di agire rapidamente: “Quando sei indeciso, scegli sempre la via più rapida. L’azione spezza le catene della paura.”
Questo consiglio trova riscontro nelle neuroscienze: il movimento e l’azione interrompono i cicli di pensiero ansioso e stimolano il rilascio di dopamina, l’ormone del benessere.

Il coraggio del samurai: oltre la paura
Il coraggio, nell’Hagakure, non è l’assenza di paura, ma la capacità di agire nonostante essa. Come afferma Tsunetomo: “Un uomo che non conosce paura è un uomo che non ha mai riflettuto“.
Questo concetto è profondamente umano e supportato dalla scienza: il coraggio deriva da un equilibrio tra l’amigdala (che genera paura) e la corteccia prefrontale (che la regola). Attraverso l’addestramento il samurai sviluppava la capacità di modulare questo equilibrio, agendo con determinazione anche nelle situazioni più estreme.

Conclusione: la paura come alleata
L’Hagakure e la scienza moderna ci mostrano che la paura non è il nemico, è un segnale che ci prepara ad affrontare l’ignoto. Il samurai, accettando la paura e la morte, trasformava questa emozione in una fonte di forza e consapevolezza.
Come insegnato nell’Hagakure: “La vita di un samurai è come un lampo di fulmine: breve, ma abbagliante. Non temere la morte, e vivrai ogni istante con pienezza“.
Nella vita quotidiana, possiamo imparare dai samurai a usare la paura come una guida per affrontare le sfide con coraggio, equilibrio e lucidità. In fondo, la battaglia più grande non è contro un nemico esterno, ma contro noi stessi.

BIBLIOGRAFIA
-Yamamoto Tsunetomo, Hagakure: Il libro segreto dei Samurai, Feltrinelli, 2000.
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-Steven Kotler, The Rise of Superman: Decoding the Science of Ultimate Human Performance, Houghton Mifflin Harcourt, 2014.

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