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“Shōgun”, la serie TV sul Giappone feudale

“Shōgun”, la serie TV sul Giappone feudale

“Shōgun” è la miniserie che ci riporta alla gloriosa epopea dei film storici degli anni ’90, senza stravolgere la tradizione giapponese.

Immergersi nella visione della miniserie Shōgun, nuova serie TV (aprile 2024) disponibile su piattaforma digitale, è come viaggiare nel metaverso e ritrovarsi “dentro” il Giappone feudale del 1600, alla vigilia di una guerra civile che segnerà addirittura un secolo di storia nipponica.
La miniserie americana, ideata da Justin Marks e Rachel Kondo, riadatta televisivamente l’omonimo romanzo del 1975 scritto da James Clavell, concentrando la storia in dieci episodi e cercando di rispettare il più possibile il corso degli eventi.
Diciamo subito due cose: non è una serie per stomaci deboli, ma vale la pena rischiare, e non è una storia del tutto originale, dato che in tempi passati c’è stato chi si è avventurato di più nei meandri. Tuttavia, secondo il mio punto di vista è la più veritiera.

Tentano di resistere il più possibile alla colonizzazione, che poi altro non è che combattere per la propria identità.

La trama narra del marinaio inglese John Blackthorne che naufraga sulle coste del Giappone a causa dell’incagliamento della sua nave. Restio a credere che lì ci possa essere un territorio abitato non ancora scoperto, si ritroverà al centro di uno scontro per la successione al ruolo di Shōgun e a un percorso di evoluzione personale. Infatti, con la morte del Taiko, l’erede designato è troppo giovane per governare e così tocca a cinque signori guerrieri formare un consiglio di reggenti. Malgrado ciò, le tensioni interne rischiano di scatenare una guerra totale.
Uno di questi signori è Yoshii Toranaga, formidabile guerriero, eroe di guerra e abile stratega. È lui ad avere le maggiori credenziali per assumere il ruolo vacante e questo lo mette in cattiva luce rispetto agli altri contendenti. I suoi uomini catturano i superstiti del naufragio e tra questi anche Blackthorne, che viene subito ribattezzato barbaro, per i suoi modi rozzi e per la sua poco incline propensione ad accettare un modo di vivere così diverso dal suo, ma ben presto le sue doti di anjin (navigatore/pilota di navi) risulteranno utili a Toronaga. Il loro incontro farà anche nascere uno spunto di riflessione: la diversità di vedute, quella europea e quella giapponese, rispetto all’approccio culturale; un’idea non del tutto nuova, ma sempre attuale. Questo non è l’unico filo conduttore di tutta la serie, dato che è importante anche contestualizzare il tutto in base al momento storico.

A battaglie sanguinose – molto ben coreografate –, seppuku e qualche arbitraria decapitazione, si intrecciano l’arte della spada, della diplomazia, della saggezza, un pizzico di misticismo e la politica. Il tutto fa sì che si delinei un mondo dove tradizioni e senso del dovere vanno di pari passo, e non solo dal punto di vista nipponico. A margine di queste storie c’è la Storia, che vede portoghesi e spagnoli impegnati a contendersi il dominio dell’Estremo Oriente, entrambi “protetti” della religione. A tentare di difendersi ci sono i giapponesi, ma anche i cinesi, i vietnamiti e compagnia…, i quali caparbiamente tentano di resistere il più possibile alla colonizzazione, che poi altro non è che combattere per la propria identità. È proprio questo aspetto quello più interessante della serie, molto di più che le lotte interne.

La diversità di vedute, quella europea e quella giapponese, rispetto all’approccio culturale.

Infine, c’è l’intuizione della produzione che è senza dubbio il cast. A partire da Hiroyuki Sanada, già interprete de “L’ultimo Samurai”, già conoscitore delle arti marziali tradizionali giapponesi, nonché co-produttore della serie. È lui che ha fortemente – e giustamente voluto – che il suo personaggio fosse il dovuto omaggio a Tokugawa Ieyasu, forse il più famoso e nobile degli Shōgun. Insieme a lui c’è Anna Sawai, attrice neozelandese di chiare origini giapponesi, che nella serie interpreta Mariko Toda una donna che ha molte affinità – con qualche licenza poetica dettata dal contesto temporale – con Hosokawa Tamako, una nobildonna realmente esistita che si convertì al cattolicesimo e che a suo modo sovvertì un ordine sociale molto chiuso.
Infine, c’è Cosmo Jarvis che interpreta il rozzo Blackthorne e lo guida con sapienza nella sua evoluzione. Un percorso che lo porterà a saper gestire le sue emozioni grazie all’allenamento, all’adattamento e allo studio dell’hasshōdō, arrivando a essere un Hatamoto, un guerriero alle dirette dipendenze del suo signore. Questi lo incaricherà di addestrare le sue truppe alla guerra contro i cannoni e i fucili, facendolo diventare così una sorta di “preistorico marine”, in un mondo dove spade, naginata e yumi erano ancora utilizzatissime. Le sue conoscenze serviranno alla causa? Non voglio ovviamente spoilerare nulla. 

In conclusione, mi viene da dire che Shōgun ci riporta un po’ alla gloriosa epopea dei film storici degli anni ’90. Ambientato in un mondo “a parte” è realizzato con logica e soprattutto senza la pretesa di stravolgere le tradizioni. Le battaglie sono cruente, ma mai fuori dagli schemi della realtà, presunta o vera, tramandata dai testi storici. Mancherà un po’ il timbro “marziale”, a discapito di qualche battaglia ad armi dispari in più, ma forse è anche giusto così visto il periodo di cui si parla. Da sottolineare che sono state fatte scelte sagge, come l’uso delle lingue (nella versione originale ci sono il giapponese, l’inglese e il portoghese), decisione che rende più realistica la dimensione del plot. Inoltre, come fu per esempio in “Balla coi lupi”, si è spinto molto sull’aspetto scenografico e su quello delle evoluzioni dei sentimenti umani, che alla fine prevalgono anche sulla cattiveria e sul pregiudizio. Da provare.   

  

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