Cinquantadue anni di pratica mi hanno dato l’opportunità di vedere all’opera decine e decine di “sensei” giapponesi e occidentali e di stabilire alcuni criteri, personali ma non arbitrari, per valutare la loro effettiva grandezza.
Se cinquantadue anni di pratica non hanno fatto di me un grande maestro, ma “solo” un istruttore, mi hanno però dato l’opportunità di vedere all’opera decine e decine di “sensei” giapponesi e occidentali e di stabilire alcuni criteri, personali ma non arbitrari, per valutare la loro effettiva grandezza. Allo stesso modo ho imparato a scartarne altri, più facili da cogliere, ma più superficiali.
Nel mondo delle arti marziali la modestia e il senso della misura non sono tenuti in grande considerazione.
La modestia e il senso della misura
Nella nostra società e nel mondo delle arti marziali, la modestia e il senso della misura non sono tenuti in grande considerazione. I creduloni e gli incompetenti che mettono al vertice della loro fede marziale un simpatico e fotogenico attore cino-americano, sfortunatamente morto a 33 anni (età non a caso cristologica!), staranno molto attenti ai Dan, ai titoli altisonanti, allo stuolo di followers acritici che accompagnano alcuni di questi personaggi. Personalmente non darei molto credito a chi nel proprio Gotha cita solo tre nomi: Nakayama, Shirai e se stesso. Né a chi si firma facendosi precedere dai suoi titoli.
I Grandi Maestri che ho conosciuto io (tra poco farò i nomi) non si pavoneggiavano, non parlavano di se stessi, ma facevano costante riferimento a un’autorità superiore, o a dei princìpi elaborati collettivamente dall’organizzazione di appartenenza.
Quel maestro non stava insegnando, stava facendo del marketing per fidelizzare una nuova clientela.
I grandi maestri fanno lavorare
Ho assistito recentemente a uno stage al quale era stato invitato un maestro giapponese di fama, leader di una delle molteplici frazioni in cui si è frantumata la Japan Karate Association. Il personaggio è molto comunicativo, carismatico e simpatico, ma per almeno metà del tempo ha tenuto la gente seduta in cerchio, parlando (e facendo tradurre) di come LUI eseguiva quel particolare esercizio o kata, raccontando aneddoti divertenti e chiedendo al pubblico se c’erano domande (che ovviamente non mancavano).
Quel maestro non stava insegnando, stava facendo del marketing per fidelizzare una nuova clientela. Mi ha fatto pensare a quando, giovane insegnante di latino, entravo in classe per la prima volte e cercavo di “sedurre” gli allievi parlando di altro.
Al contrario, ricordo il mio primo impatto col maestro Ochi, in una delle ultime lezioni che abbiamo avuto occasione di fare con lui. Ha impiegato forse dieci minuti a farci disporre come intendeva lui (non a caso insegna in Germania, dove l’ordine regna sovrano!), ci ha mostrato una volta cosa dovevamo fare e poi ci ha fatto lavorare. Senza smettere di contare, girava tra le file e correggeva: con un lieve sorriso, ma senza piacioneria. Era venuto per insegnare, non per arruffianarsi una nuova audience.
I grandi maestri spesso lavorano con noi
Non restano in borghese ai bordi del tatami, non fanno comizi in piedi su un tavolo, in tuta e scarpe da ginnastica. Si mettono in prima fila per trascinarci con l’esempio, solo a malincuore si fermano per correggerci. Questo è il dispendioso stile didattico del mio attuale insegnante, il Grande Maestro Carlo Fugazza (una delle persone più modeste che io conosca) e questo è anche lo stile del Maestro Shirai (ci sono i ricordi di migliaia di praticanti e centinaia di video a documentarlo) quando le condizioni fisiche glielo consentono. E chi ha dimenticato la fronte del Maestro Kase, imperlata da goccioline di sudore, mentre eseguiva in mezzo a noi le sue tecniche a mano aperta?
I Grandi Maestri sono anche dei maghi.
I grandi maestri correggono, bocciano e promuovono
A differenza degli “agenti di commercio” che vengono da noi per aprire una nuova “filiale” del loro business, i grandi maestri vengono a controllare se noi per caso stiamo modificando arbitrariamente o addirittura rovinando il “brand del karate” a loro affidato. Esaminano la qualità del prodotto e non esitano a criticare, a correggere, a modificare. Qualche volta amichevolmente (il maestro Nakayama), qualche volta aspramente o addirittura con sdegno (il maestro Nishiyama). E attenzione alle sessioni degli esami di Dan che seguono questi stage: se tutti i candidati sono promossi, non è un gran bel segno (naturalmente non lo è neppure se sono tutti bocciati… ).
Ai maestri stanno a cuore i loro allievi
Li riconoscono uno per uno, li mettono alla prova, li spingono oltre i loro limiti, li criticano anche duramente, ma fanno loro capire che ci tengono, non alla loro quota associativa, ma a loro come persone. Li apprezzano per il loro impegno e non seguono solo i migliori, gli agonisti, i campioni, gli istruttori con decine o centinaia di allievi. Correggono l’ultimo degli “scalzacani”, così come il fresco campione dell’ultima federazione uscita dal loro cilindro. Perché i Grandi Maestri sono anche dei maghi e, se avete la fortuna di trovarne uno, vedete di non lasciarvelo scappare. Perché i Grandi Maestri sono anche terribilmente permalosi!