18.03.2023 – Ad Arceto (RE) si è svolto il primo incontro del nuovo corso per aspiranti istruttori e maestri che la FIKTA ha indetto per il biennio 2023-2024.
Sabato 18 marzo ad Arceto (RE) si è svolto il primo incontro del nuovo corso per aspiranti istruttori e maestri che la FIKTA ha indetto per il biennio 2023-2024.
Al corso sono iscritti 70 aspiranti istruttori e 32 aspiranti maestri provenienti da tutta Italia, da 2° a 6° dan, di cui circa il trenta per cento donne.
Sono previsti quattro full-immersion in presenza per un totale di 36 ore, due full immersion di 9 ore per ogni anno di corso, uno in primavera e uno a fine estate, che dovrebbero svolgersi contestualmente agli stage per tecnici che il Maestro Shirai tiene a Salsomaggiore e a Igea Marina.
Il resto degli incontri si svolgerà on-line, sulla piattaforma Zoom che, come si è visto nel corso precedente svolto in piena crisi pandemica, ha funzionato egregiamente, permettendo alla federazione, ma soprattutto ai corsisti, un notevole contenimento delle spese, eliminando tutti i costi dovuti alle trasferte.
Al primo appuntamento erano presenti alcuni dei docenti incaricati dalla FIKTA per il corso di questo biennio: primo fra tutti il M° Carlo Fugazza, 8° dan, responsabile della Commissione Tecnica, poi il M° Roberto Benocci, 6° dan, responsabile della formazione e di questo corso in particolare, i maestri 7° dan, Riccardo Pesce e Salvatore Giordano, e i maestri 6° dan, Laura Massai e Luigi Giusti.
Quando mi inchino sto facendo una promessa, sto stipulando un accordo.
Primo giorno
L’apertura di questo primo incontro pomeridiano è stata affidata al M° Pesce, il quale ha ritenuto stimolante aprire il corso con una breve lezione teorica sul significato del saluto, un aspetto universalmente valido in mille occasioni e incontri della vita di tutti i giorni, ma che ha un accezione particolarmente profonda per chi pratica karate, soprattutto quello “tradizionale”.
Riporto in sintesi: “Qual è il significato intrinseco del saluto e della sua gestualità quando incontriamo un altro essere vivente, ma soprattutto nel karate-do, quando entriamo o usciamo dal dojo, quando incontriamo un compagno di allenamento o un avversario… Entrando nel dojo salutando, mi calo in una dimensione particolare, riconosco un’etichetta e una serie di regole proprie di un mondo a sé, quando mi inchino nel saluto za-rei, prima nei confronti del passato e poi nei confronti del maestro e dei miei compagni di allenamento, devo utilizzare in modo formalmente corretto sia i movimenti sia la respirazione.
Durante l’allenamento, salutando un compagno di lavoro o un avversario, mantengo una posizione neutra, ma vigile, devo sempre tenere presente che siamo guerrieri, devo quindi tenere sotto controllo il mio avversario da una distanza di sicurezza, senza perderlo di vista, anche mentre mi inchino a lui, e quando ho finito o c’è una pausa mi riporto a distanza di sicurezza.
Quando mi inchino sto facendo una promessa, sto stipulando un accordo, nel caso di un allenamento sto impegnandomi a dare il meglio per la crescita di entrambi; nel caso di un combattimento, si tratta di un patto in cui entrambi comunichiamo all’altro che agiremo correttamente, nel pieno rispetto delle regole”.
Finita questa prima lezione introduttiva, si è passati alla pratica con una lezione di due ore M° Fugazza dedicata allo studio del programma per l’esame da 1° dan.
Il maestro ha iniziato dando precise indicazioni sulla corretta direzione dei piedi e delle anche, su larghezza e lunghezza delle varie posizioni, sui passaggi da una posizione all’altra e sui cambi di direzione.
Aspiranti istruttori e maestri hanno lavorato insieme, ma individualmente, sul kihon per il 1° dan eseguendo sanbon-tzuki e le cinque parate, ripetendo le tecniche avanti e indietro o nelle quattro direzioni.
Tra le tante preziose indicazioni, il maestro ha sottolineato il fatto che: “Quando mi giro per parare un attacco che arriva alle spalle e, di conseguenza, anche ogni volta che eseguo il semplice mawatte, devo pensare che il mio avversario attacchi al 100 per 100 delle sue capacità per cui io dovrò utilizzare almeno il 110 o il 120 per cento delle mie, per non subire la sconfitta.
L’attacco va portato alla giusta distanza, nella giusta posizione, per permettere all’altro di parare nel modo corretto, chi para deve accettare di essere colpito per poter colpire a sua volta nel modo corretto quando esegue il contrattacco.
Il kumite è l’applicazione del kihon e anche l’applicazione del kata, in entrambi i casi, per eseguire una tecnica efficace, devo partire da una posizione corretta, la posizione è fondamentale, sempre. Se non ho una posizione corretta nel kihon non l’avrò nel kata e nemmeno nel kumite e di conseguenza la mia efficacia sarà ridotta, se non addirittura annullata”.
Si è poi continuato lavorando in coppie sul kihon ippon kumite, eseguendo le parate alternativamente dall’interno o dall’esterno, ponendo particolare attenzione alla posizione dei piedi e dei diversi tipi di contrattacco, con o senza tsukami, in modo da evitare di essere colpiti da un’eventuale seconda tecnica.
Il kumite è l’applicazione del kihon e anche l’applicazione del kata.
Secondo giorno
Negli incontri della seconda giornata istruttori e maestri sono stati divisi in due gruppi, i primi hanno seguito gli insegnamenti dei maestri Benocci, Giordano, Pesce, Sarrai e Giusti.
La loro mattina è stata dedicata allo studio del kata Heian-Nidan e relativo bunkai, al kihon per il 1° dan e al Gohon kumite, non solo praticando in prima persona, ma anche sostituendosi agli insegnanti nel dare i comandi, in modo da lavorare sul modo corretto di istruire gli allievi.
Gli aspiranti maestri hanno invece seguito per tutte le tre ore il M° Fugazza nello studio dei kata Tekki-Nidan e Tekki-Sandan e dei loro Bunkai.
La commissione tecnica ha deciso che il corso per aspiranti maestri non si fermerà più allo studio dei kata fino a 2° dan, come negli anni precedenti, ma affronterà anche i sei kata che si portano agli esami per 3° e 4° dan e gli altri kata superiori, in modo da aver affrontato tutti i 26 kata dello stile Shotokan.
In sintesi, il maestro ha spiegato che: “Quando un 5° dan esegue un kata elementare, ad esempio un Heian, deve dimostrare i trenta o quarant’anni di pratica e onorare il dan che la Federazione gli ha riconosciuto, il suo lavoro deve andare in profondità.
Quando invece lo si insegna o lo si spiega a un principiante, si deve fare come un genitore che nutre il proprio bambino con le pappine e non con una bistecca con l’osso, perché chi è all’inizio, non è pronto per ricevere e recepire indicazioni troppo raffinate e complesse, ogni kata ha delle implicazioni che non sono rivelate e chi lo osserva da fuori non riesce a capire tutte le implicazioni possibili.
Un altro esempio dallo stesso significato può essere lo studio della storia: a un bambino delle elementari la si insegna per mezzo delle favolette, delle leggende, poi, quando cresce, lo studio si fa più profondo e la stessa cosa deve succedere con lo studio dei kata.
Nel kata ci sono delle parti non rivelate, ma il kata nasce per preparare al combattimento; quando ne studio le applicazioni o il bunkai, devo provare e riprovare le sequenze e gli schemi pensando che sto combattendo, provare e riprovare schemi, ragionando su quello che sto facendo, finché il corpo non li applicherà autonomamente.
Quando arriverò al punto di eseguire senza avere più bisogno di ragionare, allora ‘butterò via tutto’, se, al contrario, devo ancora ragionare e pensare a come rispondere all’attacco allora, presumibilmente, non l’ho ancora compreso a fondo e molto probabilmente subirò l’attacco del mio avversario.
Se abbiamo delle perplessità sul kata o sulle sue applicazioni, lo dobbiamo smontare e ripartire dal kihon, lo stesso vale per il kumite.
Quando ho finito e sto tornando in yoi, devo tornare nella posizione neutra con lo stesso zanshin che avrei pensando che il mio oppositore mi stia ancora per attaccare”.
Nel kata ci sono delle parti non rivelate, ma il kata nasce per preparare al combattimento.
Il pomeriggio ha visto gli aspiranti istruttori impegnati a seguire una lezione di Shodo, l’arte o, meglio, “la via della scrittura”, tenuta dal M° Pesce, la ricerca della perfezione del risultato, la ripetizione del gesto, fino a che non diventi naturale e anche personale, tanto hanno in comune con la pratica del karate-do.
Gli aspiranti maestri hanno invece proseguito la pratica con il M° Fugazza che ha dedicato le ore pomeridiane allo studio del kihon per 4° dan eseguito prima in forma individuale e poi applicato a coppie, trasformandoli in forma di vero e proprio kumite.
“Le tecniche del 4° dan possono sembrare semplici, sono tutte tecniche di attacco e in effetti, dal punto di vista puramente mnemonico, quelle per il 3° dan sono assai più complesse, ma il loro studio e la loro applicazione prevedono una maggiore esperienza e un lavoro che va molto più in profondità”.
Il Maestro, ha spiegato che, per alcune tecniche particolarmente impegnative, almeno dal punto dinamico, la federazione ha già dato indicazioni per alternative più adatte al fisico di un atleta avanti negli anni, immaginando che a sostenere l’esame per il 4° dan non saranno ragazzini, ma praticanti meno giovani e atletici, quindi, per fare un esempio: nella quarta sequenza, una volta eseguito l’ushiro-geri, prima di eseguire l’uramawahi-geri, si possa appoggiare il piede a terra e anche che l’uramawashi-geri possa essere sostituito dallo yoko-geri.
Il primo full immersion è così giunto al termine, con il saluto tutti insieme, con le indicazioni sugli svolgimenti futuri, con prossimi appuntamenti del corso e con la foto di gruppo.
La maggior parte di noi probabilmente si ritroverà allo stage per i tecnici di Salsomaggiore e/o a quello di Igea Marina.
Il nuovo percorso, con i suoi stimoli e i suoi obiettivi è cominciato, buon lavoro a tutti noi!