I primi due incontri della serie di stage “Shin Gi Tai” al Ki Dojo Italia, per approfondire consapevolezza nel Karate Do e raccogliere risorse per aiutare bambini di Paesi in difficoltà.
Presentiamo in questo articolo i primi due incontri della serie di stage formativi SHIN GI TAI, svoltisi domenica 20 novembre e 22 gennaio 2023 presso il Ki Dojo Italia, che hanno doppia valenza: formazione e approfondimento di tematiche legate alla consapevolezza nel KarateDo, e raccolta di risorse per aiutare bambini di Paesi in difficoltà economica e sociale.
Il lavoro su Hara non è del tutto comprensibile, è un po’ illogico…
• Lo stage di novembre sull’ALLINEAMENTO, “ben radicati, protendere l’arco… fare centro su di Sé…”, è iniziato come sempre con una fase di attivazione del sentire attraverso il contatto con la terra, l’allineamento lombo-sacrale, il protendersi verso l’alto, l’approfondimento del respiro e la promozione di un’attitudine emotiva orientata verso la calma, lasciando emergere alla consapevolezza le “sentizioni” (sensazioni-emozioni-sentimenti) dell’istante presente.
Nella prima fase dell’incontro l’allineamento è stato focalizzato nella parte alta, perciò nell’allungamento del tratto cervicale e l’apertura dei centri visivi per promuovere “enzan no metsuke”, la visione d’insieme. Questo tipo di connessione ha fatto scoprire ai partecipanti un miglioramento dell’equilibrio per la stabilizzazione della posizione della testa, il diretto coinvolgimento del sistema vestibolare e la possibilità di elevarsi a uno stato di silenzio attivo, la giusta disposizione mentale all’attenzione marziale.
Si parla nella tradizione orientale più antica di apertura del “Sahasrara”, la connessione più sacra a cui il Do fa riferimento. L’effetto collaterale positivo è stato un profondo rilassamento delle spalle, sfociato in una tecnica naturale e particolarmente efficace.
• Lo stage di gennaio su HARA, “è approfondimento, centratura… un’energia creativa che sorprende sempre…”, è iniziato con un’affermazione determinante del Maestro Riccardo Frare: “Il lavoro su Hara non è del tutto comprensibile, è un po’ illogico… ed è necessario lasciarsi stupire”.
Nella prima parte si è svolta la fase di sensibilizzazione attraverso esercizi respiratori, l’emissione di suoni, l’attivazione di bacino e spalle, la stimolazione della zona sotto l’ombelico e della zona corrispondente sulla schiena (Svadhisthana, Tanden). Hara è il “nucleo” e per disporsi alla sua scoperta è necessario un buon radicamento alla terra e allineamento, e il protrarsi verso il cielo (gli argomenti trattati nel primo e secondo incontro).
Si evince quindi che il vero movimento nel Karate è frutto dell’unione di tutte le componenti, infatti “un’auto non può correre bene con tre ruote”!
Dopo la fase di sensibilizzazione è seguita la fase tecnica, volta a dare struttura al lavoro.
Gli allievi hanno potuto sperimentare la provenienza dell’energia in qualsiasi tecnica, attraverso il respiro che anima Hara, da cui si libera la creatività. Tutte le tecniche partono dal nucleo e il M° Frare sottolinea che non va portata l’attenzione sulle varie parti del corpo, ma che ci si deve focalizzare sull’Hara per ottimizzare la tecnica, affinché possa esprimersi nel modo più naturale ed efficace.
Il focus va portato sull’energia vitale e non sulla forza grossolana, fisica, in questo modo il risultato del movimento è il più autentico possibile: “Non c’è da fare karate… bisogna esserlo!”.
Non c’è da fare karate… bisogna esserlo!
Questo è quanto comunica il Maestro durante lo stage. È necessario quasi “svenire”, cedere dentro la tecnica, lasciar andare tutte le tensioni in modo che dall’Hara l’energia possa fluire liberamente e trovare la sua massima (e naturale) capacità espressiva.
Quando si crea la connessione con il nucleo, le tecniche sono dirette, precise, eleganti, inaspettate, vere. E non è necessario alcun caricamento e tantomeno troppo sforzo per realizzarle. L’esecuzione principe, che esprime questa qualità, è il Ko-waza (la tecnica piccola) nella sua accezione di Hente, doppia o tripla tecnica con la stessa mano.
È stata una bella sfida, perché la rigidità era sempre in agguato, ma ecco che il lavoro sulla decontrazione e sulla respirazione ha dato i suoi frutti nel praticante più attento.
Prossimo incontro: “KIME, LA VIBRAZIONE PRIMORDIALE”.