Oltre la musica, la fascinazione di Elvis Presley per il karate.
I primi passi
Il 24 marzo del 1958 la recluta 53310761 venne dichiarata “abile e arruolata” per servire nell’Esercito degli Stati Uniti d’America. A quel numero di matricola corrispondeva un nome: Elvis Aaron Presley, cioè uno degli uomini più famosi d’America. Dopo un breve periodo in Arkansas, Elvis passò da Fort Hood in Texas e in quel luogo successe qualcosa che cambiò la sua vita: assistette infatti a una dimostrazione di Judo e ne rimase affascinato.
Dopo il suo trasferimento in Germania, a Friedberg, Elvis volle approfondire l’argomento e lo fece attraverso la lettura di un libro intitolato What is Karate? scritto dal Maestro giapponese Masutatsu Oyama fondatore del Kyokunhinkai.
Impaziente di provare quella nuova esperienza, il cantante chiese a un suo amico di Memphis, tale Lamar Fike, di cercare qualcuno che gli potesse dare delle lezioni durante le ore di licenza. Lamar contattò così Jurgen Seydel, uno dei pionieri del karate Shotokan in Germania, che diventò il primo istruttore di Elvis. Fu però durante una licenza a Parigi che Elvis incontrò il Maestro Tetsuji Murakami che da poco si era trasferito in Francia dopo aver insegnato in Italia.
Elvis era affascinato dal karate e soprattutto dalle storie di Oyama.
Da quel momento in poi, almeno fino alla fine del suo servizio di leva, Elvis passò tutte le licenze a Parigi per praticare con Murakami. Secondo la testimonianza di un suo commilitone, Rex Mansfield – che Elvis era solito “usare” come sparring partner –, una volta arrivò a praticare con il suo maestro per nove giorni consecutivi, consumando così tutta la licenza.
Elvis era affascinato dal karate e soprattutto dalle storie di Oyama. Sul suo libro lesse del leggendario pugno sferrato dal maestro a un toro e sognava di farlo anche lui. Così passava ore a tentare di rompere tavolette con le nocche o a colpire improvvisati makiwara, strumento da allenamento di cui era venuto a conoscenza grazie a un suo compagno di stanza che era appena stato trasferito da Okinawa.
Nel 1960, tornato a casa dalla leva, Elvis incise uno dei suoi brani più famosi “Are you lonesome tonight?”, un vecchio successo di Lou Handman e Roy Turk degli anni Venti. Il brano balzò in testa alla classifica ed entrò a far parte del suo successivo LP intitolato Elvis is back.
Tra una registrazione e l’altra Elvis non abbandonò la pratica, deciso più che mai a conseguire il first degree della sua cintura nera. Si aggregò alla scuola di Hank Slemanski, un maestro dello stile shito-ryu che aveva aperto una palestra a Memphis.
L’introduzione di Elvis al karate lo aveva trasformato così tanto emotivamente da renderlo un tutt’uno con i suoi compagni di allenamento. In quel periodo arrivò a classificarli, in qualche caso a selezionarli, secondo un suo metodo che si basava sulla passione nei confronti dell’arte marziale. Per lui fu fatale quando scoprì che Slemanski aveva perso la vita in Vietnam, tanto da cadere in un profondo periodo di depressione.
Pioniere del Karate nel cinema
Con i suoi 33 film da protagonista, Elvis fu uno degli attori più prolifici del periodo in cui i film musicali spopolavano nella cultura pop. In ognuno di questi, il Re del Rock pretese almeno una scena in cui potesse dare sfoggio delle sue conoscenze marziali. Secondo lui, quello era il sistema più veloce per trasmettere il culto delle arti marziali negli Stati Uniti dove c’erano registrate solo cento persone ad avere ottenuto il grado di cintura nera. Per questo da molti venne considerato un pioniere, tuttavia, tale primato non gli venne mai riconosciuto, nonostante, più di una volta, lo avesse rivendicato. In realtà avevano ragione dato che le scene di combattimento dei suoi film erano piuttosto rozze e prive di fantasia rispetto a quelle di Bruce Lee dei primi anni Settanta.
Le sue lotte con Red e Sonny West, i suoi bodyguard addestrati (male) da lui stesso, erano piuttosto teatrali e non interessavano il pubblico che andava al cinema più che altro per vederlo ancheggiare cantando o amoreggiare con la bella di turno. Quando glielo fecero presente iniziò a scaricare la tensione dando dimostrazioni di board-breaking (rottura delle tavolette) durante le pause di registrazione.
Quello di cui non si rese conto fu che la sua passione per il karate gli stava sfuggendo di mano. Red West si accorse della frustrazione di Elvis e gli presentò Robert Conrad, un attore stuntman che praticava l’American Kenpo, una disciplina inventata da Ed Parker negli Stati Uniti, che mischiava le tecniche di combattimento da strada con un mix basato sull’alternanza di attacchi, difese e spostamenti atti a mettere in pratica l’autodifesa contro un possibile aggressore.
Quello di cui non si rese conto fu che la sua passione per il karate gli stava sfuggendo di mano.
Da un po’ di tempo Presley aveva in mente di produrre un film dedicato al karate e pensò che quello praticato da Conrad fosse quello giusto per impressionare i suoi fan. Stanziò 30.000 dollari per il progetto The New Gladiator, un film che però non venne mai realizzato. Concepito da uno studente di Parker, il documentario avrebbe dovuto parlare dei combattenti, dei loro allenamenti e dei loro tornei. Peccato che il termine karate venne del tutto stravolto dato che non c’era alcun riferimento storico, culturale e pratico. La trama poneva l’accento su dei tornei d’arti marziali che i loro promoter stavano tentando di pubblicizzare al grande pubblico americano e quando i collaboratori di Elvis se ne accorsero strapparono il contratto.
Nel frattempo lo stesso “King” si era decisamente lasciato andare agli abusi di alcool e droghe. Nel 1975, aveva 40 anni e pesava qualcosa come 90 chilogrammi, nonostante tutto venne indirizzato alla pratica nella palestra di Bill “Superfoot” Wallace dove venne fotografato per la prima volta in karategi per la rivista People. Ovviamente, venne sfruttata l’occasione e saltò fuori anche un filmato di circa venti minuti in cui un irriconoscibile Elvis sferrava colpi in direzione dei suoi avversari senza troppa convinzione. Un piccolo aneddoto legato a questo filmato si riferisce alla divisa indossata da Elvis: la sua realizzazione costò qualcosa come 1.500$ dell’epoca.
Karate sul palco
Nel 1968 Elvis tentò di unire le tecniche del karate ai suoi movimenti classici. Lo fece sul palco dell’NBC durante l’esecuzione di “Big Boss Man”, ma non piacque a molti. Tuttavia, non smise di farlo anche per tutto il tour del 1969, quello che lo riportò a esibirsi live dopo 9 anni di assenza dai palchi. Fu in quell’occasione che la gente cominciò a capire che qualcosa stava cambiando rispetto a quando era solo The Pelvis. Il forte impatto coreografico fu comunque ben accetto dai fans che iniziarono a imitarlo. Certo, siamo lontani anni luce dall’influenza che ebbe Bruce Lee nel 1973 che, come tutti sappiamo, riempì le palestre d’America, ma qualcosa per il movimento lo fece anche Elvis.
Il declino
Il declino marziale di Elvis arrivò di pari passo con quello artistico e umano. Nel 1974 il Re del Rock cadde in uno stato mentale caratterizzato da un precario equilibrio. Alternava giorni di iperattività a momenti di profonda depressione che tentava di combattere con l’abuso di alcool e droghe. Per provare l’impossibile in tanti tentarono di risvegliare la passione per il karate che nel frattempo si era un po’ assopita. Wallace convinse Elvis a riprendere gli allenamenti e per un certo periodo ne giovò.
Quando si presentò alla Casa Bianca per candidarsi come agente dell’FBI al cospetto del Presidente Nixon, Elvis gli disse di essere praticamente invincibile grazie alle sue conoscenze marziali. Nel 1977, l’anno che lo portò alla morte, Elvis era confidente di essere un profondo conoscitore del karate e non solo. Provò alcune tecniche durante uno show a Las Vegas, ma cadde rovinosamente nel buco del gobbo rischiando di fratturarsi una gamba. La sera successiva arrivò a pagare 1.000.000 di dollari per assoldare due “guerrieri” che sarebbero dovuti crollare come delle pere alla prima avvisaglia.
Nel 1968 Elvis tentò di unire le tecniche del karate ai suoi movimenti classici.
The King is dead, long live the King
Elvis Presley morì il 16 agosto del 1977 a Graceland a causa di un arresto cardiaco. Con lui se ne andò il mito, la leggenda e anche un pezzo di quell’anima marziale che lo aveva fatto entrare nel dojo di Jurgen Seydel nel lontano 1958. Rimase la sua musica, quella sì, che stranamente non accennò mai a quella che, secondo la ex-moglie Priscilla, fu la sua passione più vera: il karate.
Nota bibliografica
John Corcoran, “The King and Karate”.