Il nostro allenamento diventa momento di crescita: tutto ciò che ci serve per crescere e per superare i nostri blocchi interiori è anche sul tatami.
“Forse stai solo aspettando che cambi qualcosa e non hai ancora capito di dover essere tu il Cambiamento…”. È da questa frase letta dopo aver cambiato la vecchia pagina del “Calendario filosofico” che voglio partire, per cercare di analizzare dal più profondo le potenzialità che possiede la nostra mente per permetterci di raggiungere ciò che desideriamo, per poter essere ciò che abbiamo sempre desiderato essere.
Spesso il cambiamento appare davanti ai nostri occhi come un macigno, una montagna insormontabile, che chiude la visuale rendendo la nostra mente talmente offuscata da non consentirci di capire che ciò che vogliamo è proprio davanti a noi. Eppure, gli strumenti per partire e dirigerci nella direzione che vorremmo raggiungere ci sono e uno fra tanti è sicuramente il Karate, come personalmente sperimentato sul campo sia da praticante, sia da “spettatore”. Sì, proprio da spettatore: analizzando il comportamento degli allievi, piccoli e adulti, ho avuto la conferma di come, già dopo pochi mesi di pratica, sia possibile notare evidenti cambiamenti nel modo di porsi davanti alle difficoltà quotidiane, nel modo di muoversi, nel modo di presentarsi ecc.
Gli strumenti per partire e dirigerci nella direzione che vorremmo raggiungere ci sono e uno fra tanti è sicuramente il Karate.
Quante volte inventiamo scuse per abitudine? Continuiamo a lamentarci su quello che avremmo dovuto o voluto essere, ci sentiamo frustati e stupiti perché non siamo riusciti a cambiare alcune cose che non ci piacciono e così, in un ciclo di autogiustificazione senza fine, continuiamo a inventare scuse per convincere ancora di più che la nostra mente “in fondo ha ragione”, che una certa cosa non è per noi! Le nostre scuse sono talmente forti che smettiamo anche di chiederci cosa vogliamo. Non ci rendiamo conto che per cambiare è necessario fare il primo passo e spostarci, se pur di pochi centimetri, da quella statica posizione che in quel momento occupiamo. Se facciamo quel primo passo avremo l’opportunità di vedere da una diversa visuale che, anche se minima, ci permetterebbe di capire come ripartire sia possibile.
Dopo questa premessa, voglio entrare nello specifico citando due celebri frasi di Archimede di Siracusa:
“Superare le proprie limitazioni e divenire signori dell’Universo”.
“Datemi un punto d’appoggio e solleverò il mondo”.
Queste enunciati ci offrono lo spunto per capire che, per cambiare ciò che non amiamo e non vogliamo, è necessario perdere l’equilibrio per un attimo per fare un passo avanti.
Le nostre limitazioni derivano dal fatto di dover spostarci dalla posizione attuale, che potrebbe sembrare meno scomoda, a un’altra più “difficile” da assumere, in quanto, non solo richiede una decisa volontà a lasciare la posizione precedente, ma desta quella sensazione di iniziale instabilità che la nuova condizione comporta.
La seconda frase ci offre lo spunto per capire che è essenziale uno strumento, uno spunto, una scintilla, che ci consenta di partite per il cambiamento e ci dia ciò che ci serve per raggiungere i nostri obiettivi e i nostri sogni.
Nella vita è necessario superare tante difficoltà che spesso ci fanno cadere, ci demoralizzano, ma se non impariamo a reagire, a non mollare, finiamo con il rimanere nella voragine che ci appare davanti, cadendo nel baratro del negativismo e dell’impossibile. Dobbiamo convincerci e crederci, perché rialzandosi si può ripartire, anche se proveremo dolore per quanto accaduto, perché i momenti di crisi sono l’inizio di una nuova fase, ma sta a noi decidere se approfittarne per migliorare cogliendone l’occasione.
I momenti di crisi sono l’inizio di una nuova fase.
In palestra, quando ci alleniamo nella nostra disciplina, è proprio quello che facciamo: sperimentiamo i momenti di difficile equilibrio, le cadute, gli scivoloni. I nostri Kata (ovvero forma, costituita da gesti ripetuti che consentono al karateka di apprendere e simulare un combattimento con un avversario immaginario) ci consentono di rivivere e di ripercorrere le fasi della nostra vita quotidiana dove troviamo insidie e difficoltà che ci complicano la vita, ma quando ci rialziamo riscopriamo una nuova realtà. Quando raggiungiamo il nostro obiettivo ci rendiamo conto che quello che abbiamo imparato per raggiungerlo ci ha permesso di crescere e di divenire più forti, più sicuri, e di migliorare notevolmente l’autostima.
Sul tatami sperimentiamo, le nostre paure, la rabbia, la pigrizia, la negatività, la positività, tutte cose che ci troviamo ad affrontare anche nella comune vita quotidiana. Ecco perché il nostro allenamento diventa momento di crescita, di allenamento fisico, ma anche mentale che ci permette di superare quei limiti che la nostra mente giustificherebbe in modo pericoloso, proprio perché il primo principio del nostro cervello è che: “NOI abbiamo sempre ragione”.
Qualsiasi attività può essere il punto d’appoggio per rialzarsi, ma la cosa importante è non pensare mai “non è per me, non posso riuscire”, perché diamo un input negativo e giustificativo alla nostra mente, che non farà altro che farci entrare in un ciclo di auto-convinzione negativa.
La prima cosa che mi trovo ad affrontare in palestra quando alleno bambini o adulti, è che la grande voglia di cambiamento e di miglioramento spesso rischia di frantumarsi contro la paura di sbagliare. La causa di tutto ciò deriva dalle esperienze del passato e dai programmi mentali “depotenzianti” che nel tempo abbiamo registrato dentro di noi, così tante volte da divenire veri blocchi di memoria difficili da abbattere. “Programmi” che ci immobilizzano evitando di farci esplorare il nuovo, di sperimentare situazioni ed equilibri diversi, ci bloccano perché potremmo “sbagliare e farci male, potrebbe costarci caro, tanta fatica per nulla”!
La nostra fortuna però è proprio questa, avere la possibilità e la consapevolezza che quanto desideriamo è realizzabile attraverso un positivo dialogo interiore che ci dà fiducia e grinta per superare quegli ostacoli che risiedono nella nostra mente, ma che passo dopo passo possiamo superare, ciascuno con i propri tempi. L’unica incognita in tutto ciò rimane solo il tempo e ciò dipende dal desiderio, dalla forza di volontà, dalla costanza, dall’interesse che ognuno metterà per raggiungere quanto desiderato.
Durante la pratica sperimentiamo tutto ciò che ci serve per crescere e per superare i nostri blocchi interiori così, quando saremo fuori dal tatami, non faremo altro che seguire quella forza, quel coraggio e quella volontà che abbiamo sperimentato già tante altre volte. In questi periodi difficili e complicati è ancora più bello pensare che davanti a noi c’è quello che desideriamo e che passo dopo passo i nostri sogni sono raggiungibili, sono vicini a noi, non li vedevamo, ma ora riusciamo ad “afferrali”.
Le nostre limitazioni derivano dal fatto di dover spostarci dalla posizione attuale.
Dare l’opportunità ai nostri bambini, ragazzi e adulti di avere un valido punto di appoggio per ripartire, è la cosa che più ci riempie il cuore di gioia, vita ed entusiasmo, perché non c’è cosa più bella che condividere le proprie esperienze per dare l’opportunità anche agli altri di essere felici e poter correre verso ciò che desiderano.
A proposito di questo correre voglio concludere con una celebre frase di Jim Rohn, autore e grande motivatore statunitense degli anni 30:
“Il primo passo è immaginare. Il secondo passo è crederci. Il terzo è iniziare a lavorarci sopra e renderlo reale”.
Nemmeno posso fare a meno di riportare alcune belle parole scritte da una piccola allieva karateka che mi hanno riempito il cuore di gioia e d’immensa soddisfazione per ciò che facciamo e che abbiamo fatto nei momenti più difficili: ”Grazie di aver riportato la gioia dei bambini, dei ragazzi e degli adulti, grazie perché avete esaudito i nostri sogni. Abbiamo rispettato le regole come se fossimo al galateo, non è stato facile, ma io vi ringrazio perché ci avete allenato molto, ma molto bene, grazie. Avete dato importanza a tutto, tutto, tutto e quindi vi dico GRAZIE!” (Sveva).