Ai Campionati Italiani Assoluti ho fatto una gran bella esperienza umana e professionale, della quale ringrazio i Dottori Chiametti e Malak che mi hanno accolto con grande disponibilità.
L’esistenza è un continuo divenire.
È l’essere materiale che, attraverso l’Ego, temendo profondamente l’abbandono della propria comfort zone e in virtù di tale paura atavica, è disposto a qualsiasi compromesso.
Viceversa, il proprio Io più genuino sa cosa è meglio per l’Essere.
Attraverso l’Anima invia continui messaggi di non coerenza, volti a destabilizzare le certezze che, evidentemente, nel momento in cui si sgretolano, tali più non sono.
La mia storia di vita mi ha insegnato che in essa nulla è permanente. Ogni cosa può trasformarsi e ogni ruolo può e deve essere messo in discussione, pena la stagnazione. In ossequio a questo principio, amo mettermi continuamente in gioco.
Ho anche appreso l’importanza di ascoltare la mia voce interiore quando, facendosi spazio nell’ingombrante chiacchiericcio quotidiano, cerca di inviarmi dei segnali.
Il proprio Io più genuino sa cosa è meglio per l’Essere.
Sono stato arbitro di Karate Tradizionale FIKTA per circa trentotto anni, di cui ventidue con qualifica di “Nazionale”, dei quali molti nella categoria “fascia A”.
Sono stato Responsabile Regionale Arbitri del Lazio FIKTA, per circa quattordici anni e membro della Commissione Nazionale Arbitri FIKTA, per circa dieci.
Ultimamente, tuttavia, ho avvertito molti “scricchiolii” in questa specifica porzione della mia, ormai pur longeva, vita di karateka.
Per cui ho deciso di ascoltare i messaggi del mio sesto senso, avendo compreso che ogni evento della vita, ogni caduta, è un fatto necessario e preordinato nel karma individuale, utile all’espressione delle proprie risorse di resilienza e adattamento.
In fondo, tali vicissitudini rappresentano un ottimo banco di prova delle proprie capacità di trasformazione ed evoluzione, utili a forgiare la competenza individuale. A seguito di queste, l’individuo può esprimere i propri talenti e doni che altrimenti non potrebbero emergere.
Ho svolto, durante la mia esperienza arbitrale ai Campionati Italiani Centro Sud FIKTA, il compito di Responsabile pro tempore del Servizio Medico di Gara, sostituendo l’allora Responsabile Medico Nazionale, Dr. Ronconi, momentaneamente impossibilitato.
Furono due esperienze che mi gratificarono moltissimo, oltre che per la fiducia concessami, per il bel banco di prova e verifica delle mie capacità professionali mediche.
Il ricordo di queste mi è servito per sollecitare un forte e immediato stimolo di cambiamento, mi sono rivolto all’attuale Responsabile Nazionale Medico della FIKTA, il Dr. Giuseppe Chiametti, chiedendogli se la Commissione Medica potesse avere bisogno di una mia collaborazione.
Sentiti gli altri membri, il Dr. Mohammad Malak e il Dr. Carlo Mezzena, espressisi favorevolmente, sono stato inserito nell’organigramma medico federale.
Ogni evento della vita, ogni caduta, è un fatto necessario e preordinato nel karma individuale.
Il primo vero banco di prova sono stati i Campionati Italiani Assoluti di Casale Monferrato, del 4 e 5 giugno 2022.
È stata una gran bella esperienza umana e professionale, della quale ringrazio i Dottori Chiametti e Malak che mi hanno accolto in maniera molto inclusiva e con grande disponibilità. Ciò ha creato una bella alchimia che ci ha messo in condizione di operare in ottima sinergia, come se lo avessimo fatto da sempre e, ma non starebbe a me dirlo, con ottimi risultati.
Le differenze fra il ruolo di Medico di Gara e l’Arbitro non riguardano, a mio modo di vedere, solo i ruoli tecnici interpretati. Ambedue le categorie, operano per il corretto andamento della gara, tuttavia, il Medico deve fornire, aldilà delle prestazioni strettamente professionali, un supporto emozionale all’atleta.
L’Arbitro, pur tenendone conto, non deve farsi coinvolgere dalle emozioni dei praticanti, onde rimanere nell’imprescindibile stato di equidistanza super partes che impone il suo ruolo.
Ai recenti Assoluti mi sono imbattuto in molti casi di distress emotivo e respiratorio. È pur vero che i ragazzi venivano da due anni di assenza dalle competizioni, alcuni di loro non erano in condizioni fisiche ottimali, tuttavia, credo che l’orrendo scenario sociale e geopolitico propostosi nelle vite di tutti, abbia rappresentato un potente stimolo stressogeno, subliminale.
La mia esperienza di medico olista e di volontario in oncoematologia pediatrica mi è tornata utile per indurre in tutti gli assistiti dei rapidi riequilibri psicofisici, attraverso la gestione della respirazione, con tecniche di tipo terapeutico e consapevole.
Mi sono reso conto che uno dei compiti del medico di gara è proprio questo: fare di tutto, nei limiti dell’interesse supremo della salute dei ragazzi, per “tenerli in gara”, assistendoli nei momenti di difficoltà, con la sapienza del medico, certo, ma soprattutto col buonsenso di chi è stato prima di tutto, un ragazzo, un agonista e poi un arbitro.
Il Medico deve fornire, aldilà delle prestazioni strettamente professionali, un supporto emozionale all’atleta.
Mi sono anche reso conto, ma questo anche quando ero arbitro, dell’importanza di una corretta e produttiva comunicazione fra il Medico e l’Arbitro e in questo, la mia esperienza ha rappresentato un vero e utilissimo elemento facilitante.
Solo il medico può, dal punto di vista clinico, decidere l’entità del colpo subito dall’atleta, ma è anche vero che sovente viene, giocoforza, interpellato “a giochi fatti”, ergo, in totale assenza di elementi dinamici e situazionali, atti a fornire un arricchimento di conoscenza utile alla diagnosi.
È a questo punto che emerge l’importanza della collaborazione fra Arbitro e Medico che in fin dei conti sono ambedue, insieme ai Presidenti di Giuria, Ufficiali di Gara.
La loro interazione deve essere semplice, immediata, fluida, tanto più nelle prime e ultime fasi della gara, quelle in cui la mancanza iniziale di adattamento allo scenario o all’opposto la stanchezza possono giocare butti scherzi, fornendo immagini non coerenti fra i diversi punti di vista.
In questo credo di essere stato un piccolo, ma significativo valore aggiunto alla notevole competenza e bravura dei miei più esperti colleghi medici ed è questo che molti arbitri e atleti mi hanno attestato a fine gara.