L’onda lunga della guerra non risparmia gli Europei EKF di Gaziantep in Turchia.
di Sergio Roedner
Il mio karma, o la dantesca legge del contrappasso, ha fatto sì che un ultra-tradizionalista come il sottoscritto abbia spesso l’incarico di raccontare l’agonismo sportivo WKF ai lettori di Samurai. Ne approfitto, come ho già fatto in occasione degli Europei di Porec, per illustrare agli appassionati di Karate-Do Magazine luci e ombre dell’altro karate, cominciando dalle ripercussioni delle recenti dolorose vicende belliche sulla nostra disciplina.
Gli atleti russi sono stati esclusi dalle competizioni internazionali in quasi tutti gli sport e il karate non ha rappresentato un’eccezione: in alcuni casi, questa esclusione ha favorito proprio i loro avversari ucraini.
Emblematica la situazione del kumite femminile fino a 55 kg.: la vincitrice dell’anno scorso, la russa Anna Chernysheva, non ha potuto contrastare il passo alla bella e popolare atleta ucraina, Anzhelika Terliuga che, dopo aver sconfitto di misura la nostra Veronica Brunori, ha travolto in finale anche la forte campionessa olimpica della specialità, la bulgara Goranova. Anche nel kumite maschile fino ai 67 kg. l’esclusione del russo Evgeny Plakhutin, argento a Porec, ha spianato la strada al vincitore, il turco Barak Uygur, avvantaggiato dal tifo del pubblico di casa. La manifestazione più clamorosa della crisi in atto è stata però la reazione della squadra di kumite ucraina alla conquista della medaglia di bronzo: hanno intonato in coro l’inno del loro Paese, tra lo stupore e la commozione del pubblico presente.
La reazione della squadra di kumite ucraina alla conquista della medaglia di bronzo: hanno intonato in coro l’inno del loro Paese.
L’Italia veniva invece dal lutto recente dell’immatura scomparsa dell’allenatore, il maestro e campione Claudio Guazzaroni, e mi chiedevo come avrebbero reagito gli atleti alla prima uscita agonistica importante dopo la sua perdita.
La reazione azzurra è stata estremamente positiva, portando a una prestazione complessiva superiore a quella di Porec, con la conquista di sette medaglie (un oro, due argenti e quattro bronzi) e del quarto posto nel medagliere. Altre due medaglie d’argento sono poi arrivate dal para-karate.
Per venire agli aspetti tecnici di questi campionati, il livello medio del kata è migliorato e lo stile Shotokan è tornato alla ribalta per merito del vincitore della gara maschile, il turco Ali Sofuoglu, interprete di un ottimo Gojushiho-sho, preferito dagli arbitri allo Shito di Damian Quintero.
Ancora bronzo per il nostro Mattia Busato (Gojushiho-sho anche per lui). Stesso podio e ancora Shotokan nella gara a squadre: oro per l’Unsu della Turchia, argento per Anan della Spagna, bronzo per il Kanku-sho degli azzurri.
Nella gara femminile, l’Italia ha confermato il titolo europeo a squadre: Terryana D’Onofrio, Carola Casale e Michela Pezzetti, praticanti di Shito-ryu, eseguendo il kata Ohan hanno staccato quasi di un punto la squadra spagnola, anch’essa Shito. Lo Shotokan è riapparso con l’Unsu della squadra turca, terza classificata. Terryana D’Onofrio ha anche conquistato il bronzo nel kata individuale, alle spalle delle (per ora) irraggiungibili Sandra Sanchez (spagnola, campionessa olimpica e mondiale) e Dilara Bozan. Terryana è nata nel 1997 e nel suo palmares vanta un argento individuale ai mondiali universitari del 2018, un bronzo a squadre ai mondiali di Madrid nello stesso anno, due vittorie e un argento (sempre a squadre) nei campionati europei. Ha il difficile compito di sostituire Viviana Bottaro, ormai ritirata dalle competizioni, e si direbbe che sia partita col piede giusto.
Nel kumite il livello degli incontri è stato quanto mai vario: un emendamento al regolamento di gara ha limitato lo spettacolo indecoroso del ricorso al clinch da parte dei combattenti, ma non quello della fuga per il tatami dell’atleta in vantaggio, e neppure le lunghe pause per consentire alla Var di decidere, in un groviglio di braccia e di gambe, quale fosse il colpo meritevole di un problematico yuko o di un ancor meno credibile ippon. Nonostante tutto, numerosi incontri sono stati godibilissimi e spettacolari. Merito soprattutto degli atleti turchi: Eray Samdan, che nella categoria fino a 60 kg. ha sconfitto in finale il troppo timido azzurro Angelo Crescenzo, e Barak Uygur, campione dei 67 kg. davanti al forte greco Xenos.
Nella categoria fino a 75 kg. l’Italia schierava il campione olimpico Luigi Busà che però non ha trovato il bandolo dell’incontro contro lo sconosciuto inglese Wilkins, sconfitto solo in finale da un altro turco, Erman Eltemur.
L’incontro più divertente della giornata è stata la finale della categoria oltre gli 84 kg: il croato Kvesic ha battuto il belga Luca Costa con un punteggio (13-7) più adatto alla pallavolo che al karate, sfoggiando un repertorio di calci insolito tra i “pesi massimi”.
La reazione azzurra è stata estremamente positiva con la conquista di sette medaglie e del quarto posto nel medagliere.
Nel kumite femminile azzurro la delusione per l’eliminazione di Silvia Semeraro è stata mitigata dall’emersione di nuovi talenti. Oltre alla già citata Brunori, bisogna menzionare Erminia Perfetto che a Gaziantep ha confermando i propri grandi progressi e conquistato la medaglia d’argento. Erminia ha vinto in modo perentorio i primi tre incontri, perdendo solo in finale con la campionessa europea uscente, la turca Serap Ozcelik, dopo un combattimento appassionante tra due atlete velocissime, abili nel colpire sia di calcio che di pugno.
Osservando il medagliere degli Europei di Gaziantep, si conferma lo schiacciante predominio della Turchia davanti alla Croazia. Spagna e Italia occupano il terzo e quarto posto, grazie anche alla loro decennale eccellenza nella specialità del kata.
Come avevamo già osservato l’anno scorso, si conferma il declino delle gloriose scuole “classiche” del karate europeo (Francia, Germania, Inghilterra, Olanda), sostituite dalle nazioni medio-orientali o nate dalla frantumazione della Yugoslavia e dell’Unione Sovietica. L’Italia, sebbene non sfugga alla logica perversa della frantumazione in tante mini – o pseudo – federazioni, conserva il proprio prestigio nel karate sportivo come nel karate tradizionale, a noi tanto caro.