Esaminiamo alcuni degli aspetti fondamentali per un approccio globale nella preparazione dell’atleta alla gara.
Di Filippo Della Latta*
Nell’ultimo decennio è aumentata notevolmente anche nel karate tradizionale la consapevolezza di programmare una corretta preparazione psicofisica e abbinarla all’allenamento tecnico, con il fine di permettere all’atleta di arrivare alla prestazione in condizioni ottimali. L’arte marziale, nella sua parte agonistica, è uno sport e come tale necessita di una preparazione adeguata.
Per preparazione alla gara s’intende non solo il miglioramento in termini prestativi e di condizione atletica, ma più in generale la ricerca di un corretto approccio globale, includendo alimentazione, parte mentale e aspetti posturali.
Nell’allenamento è fondamentale che lo stimolo allenante sia adeguato e funzionale alla disciplina praticata.
Il modello prestativo del karateka
Per un agonista di Karate nell’allenamento è fondamentale che lo stimolo allenante sia adeguato e funzionale alla disciplina praticata. Il modello prestativo rappresenta il quadro di caratteristiche specifiche di uno sport, come le modalità di gara, i metabolismi energetici e gli aspetti biomeccanici. Il karate, sotto il profilo strettamente competitivo, può essere collocato sia tra gli sport tecnico-compositori sia tra gli sport di situazione.
Gli sport tecnico-compositori, come ginnastica artistica, ritmica, tuffi e, per quanto concerne il karate, la specialità del KATA, sono caratterizzati da un numero variabile di tecniche che vengono combinate tra loro, dando luogo a un esercizio che viene valutato nella sua espressione qualitativa, al fine dell’assegnazione di un punteggio. La qualità della tecnica diventa oggetto di valutazione e, quindi, obiettivo dell’allenamento.
Il KATA è caratterizzato quindi da abilità chiuse in cui l’ambiente esterno è stabile, dato che non sono presenti grandezze di disturbo di tipo antagonistico e dove l’atleta esprime le sequenze motorie che ha memorizzato.
Si può allora affermare che quanto più è stabile la tecnica e, perciò, dettagliato e preciso il programma motorio anche nella sua integrazione con la componente atletica, tanto maggiori sono le possibilità che l’atleta produca una prestazione ottimale.
Nella prova del kata l’inizio dell’azione avviene per decisione autonoma dell’atleta. Il sistema sensoriale percepisce soltanto, mediante gli appoggi podalici, la superficie di gara sulla quale dovrà essere eseguita la prova. In sostanza, dalla memoria a lungo termine viene estratto il programma d’azione che viene poi eseguito e controllato tramite il feedback esterocettivo e in particolare quello propriocettivo.
Gli sport di situazione sono tutte quelle specialità caratterizzate dalla mutevolezza delle situazioni nel contesto della gara. L’abilità richiesta all’individuo è la capacità di adattarsi istantaneamente agli eventi, andando a produrre risposte efficaci e adeguate a risolvere quel tipo di situazione, come avviene in molti sport di squadra quali basket, pallavolo e rugby, e negli sport da combattimento.
Il KUMITE è caratterizzato da abilità aperte, dove il confronto è diretto e la mutevolezza della situazione è determinata dall’interazione motoria oppositiva tra i due atleti, che agiscono e si comportano al fine di mettere in difficoltà l’avversario e ottenere la supremazia. Le tecniche devono quindi essere disponibili in modo elastico, a causa della presenza di fattori esterni di disturbo potenzialmente inattesi.
L’obiettivo dell’allenamento nel Kumite è quello di produrre un insieme di fattori positivi, costituiti da abilità di tipo cognitivo e da capacità di tipo coordinativo e condizionale, che siano disponibili al momento della prestazione
Questa classificazione permette di individuare le due modalità cognitive di funzionamento: una in presenza di un ambiente stabile e costante, nella quale eseguire movimenti precedentemente interiorizzati e automatizzati con precisione, l’altra in presenza di una elevata variabilità situazionale, condizionata dal comportamento motorio dell’avversario, che richiede risposte motorie adeguate in tempi brevissimi.
La preparazione alla gara
Il karateka che decide di fare l’agonista, prima di tutto dovrebbe essere un atleta. La parte competitiva della nostra arte marziale è uno sport a tutti gli effetti e l’agonismo porta l’atleta a uno stress psicofisico elevato, aspetto importante da non sottovalutare e saper gestire. Prendiamo in esame le aree, al di fuori degli aspetti tecnici del Karate, per ottimizzare la prestazione agonistica.
Il karateka che decide di fare l’agonista, prima di tutto dovrebbe essere un atleta.
Condizione atletica: nei prossimi articoli entreremo nello specifico sulle differenziazioni relative alla preparazione atletica tra uno specialista di Kata e di Kumite. In entrambi i casi la richiesta fisica in gara, sia da un punto di vista metabolico sia di potenza, è elevata.
In generale l’agonista necessita di:
- Resistenza aerobica generale (per mantenere una buona qualità durante gli allenamenti) e specifica (per mantenere ritmi elevati e lucidità mentale in gara).
- Forza, principalmente esplosiva nel kata, trattandosi prevalentemente di partenze massimali da una posizione statica, ed esplosivo-elastico-riflessa (ma non solo) nel kumite, considerando la prevalenza di azioni pliometriche a carico degli arti inferiori.
- Rapidità, nell’esecuzione di un gesto da parte di un singolo segmento del corpo, come un pungo o un calcio, e velocità, che indica lo spostamento dell’intero corpo, soprattutto in termini di accelerazione.
- Controllo motorio, la così detta coordinazione neuromuscolare, nei gesti semplici e complessi previsti sia nel kata sia nel kumite-
Assetto posturale: questo aspetto dovrebbe andare a braccetto con la condizione atletica. Troppo spesso l’attenzione viene posta prevalentemente al miglioramento delle doti condizionali (forza, resistenza, velocità), mettendo in secondo piano schemi motori di base, controllo motorio e standard idonei di flessibilità muscolare e mobilità articolare.
Il raggiungimento di parametri ottimali, oltre a garantire una maggiore efficacia ed economia dei gesti tecnici, previene l’insorgenza di infortuni da sovraccarico, migliorando la longevità sportiva dell’atleta. In seguito, vedremo alcuni test specifici che consentono di effettuare uno screening periodico e preciso degli aspetti da migliorare nell’atleta.
Sulla base di queste semplici valutazioni sarà possibile impostare un piano di lavoro personalizzato composto da esercizi posturali e/o preventivi, eseguibile in pochi minuti prima degli allenamenti, in modo da ottenere miglioramenti costanti e duraturi.
Approccio mentale: la gara e la sua preparazione richiedono all’atleta lo sviluppo di doti cognitive e comportamentali, nonché di una corretta gestione emotiva della prestazione. La sfera mentale risulta la componente più complicata da allenare, in quanto la situazione di gara, il confronto con gli altri, le aspettative e molteplici altri fattori, possono condizionare la performance dell’atleta. Questi aspetti, a differenza della condizione fisica, sono più difficilmente controllabili, ma comunque allenabili e migliorabili attraverso, ad esempio, lo sviluppo di una adeguata consapevolezza di sé e dei fattori interni ed esterni da gestire, i pensieri in primis.
Per ottimizzare la prestazione è necessario che l’atleta sappia richiamare istintivamente tutte le sue risorse: tecniche, fisiche e mentali. Di quest’ultime, bisogna considerare non solo quelle razionali (determinazione, forza di volontà), ma anche quelle emozionali, che quando non sono valorizzate possono diventare un vero ostacolo alla performance (ansia da prestazione, paura, scarsa lucidità).
Una gestione efficace delle risorse emozionali permette all’atleta di regolare la tensione al livello ottimale e di riuscire a gestire l’attenzione in modo da poter stare perfettamente concentrato sui gesti da compiere momento per momento.
Queste evidenze, suggerite dalle scienze comportamentali, portano nella direzione di alcune filosofie orientali, di pratiche come quella della meditazione, e alla costruzione di una routine mentale personalizzata di approccio alla gara. Aspetto che affronteremo in seguito.
La sfera mentale risulta la componente più complicata da allenare.
Professionalità: non si è atleti solo quando ci si allena, pertanto è fondamentale che un agonista abbia un corretto stile di vita anche quando si trova al di fuori del dojo.
Corrette abitudini alimentari, ad esempio, fanno la differenza, non solo per mantenere il peso forma, ma anche per avere le giuste energie da spendere sia in allenamento sia in gara. Altrettanto importante è l’idratazione. La disidratazione, infatti, provoca notevoli e fisiologici cali in termini di rendimento, sia fisico sia mentale, durante la prestazione.
Uno degli aspetti più importanti nella routine di un atleta è solitamente l’elemento più sottovalutato, ovvero il sonno, che se quantitativamente o qualitativamente insufficiente può influenzare negativamente la prestazione, aumentando anche il rischio di infortuni. Una corretta gestione del sonno può apportare molteplici benefici all’atleta e influire su diverse aree prestative. In sostanza, l’attività più facile che un atleta può fare può essere una delle più vantaggiose.
Gli aspetti esaminati a grandi linee in questo articolo, rappresentano le basi per supportare in maniera sinergica il lavoro tecnico svolto da parte del maestro o dell’istruttore di karate. Senza lo sviluppo corretto di questi aspetti l’agonista difficilmente riuscirà a esprimere al meglio le proprie potenzialità, riducendo la durata e la qualità della parentesi agonistica del proprio percorso marziale. Nei prossimi articoli entreremo nello specifico approfondendo i vari argomenti.
* Agonista di kumite 3°Dan, Laurea in Scienze Motorie presso l’Università di Pisa, Co-fondatore del centro di preparazione atletica e riabilitazione “Athletica”(Facebook, Instagram)