La mindfullness prende sempre più piede nelle tecniche di rilassamento e di terapie, ma è veramente la soluzione di tutte le afflizioni?
Un buon maestro di arti marziali e di yoga insegna agli allievi ad ascoltare il corpo e il respiro. Un ottimo maestro pratica costantemente l’ascolto del proprio corpo e del proprio respiro.
Da secoli queste discipline insegnano a donne e uomini l’arte della consapevolezza. Inizia tutto fin dai primi secondi su un tatami o un tappetino: centratura, saluto ai maestri, presenza in quello che si sta facendo, costante, continua, concentrata. È un continuo dialogo tra queste tre dimensioni che, esercizio dopo esercizio, va a reintegrarle.
La realtà di tutti i giorni, un certo tipo di educazione, il lavoro, relazioni “tossiche” le disintegrano e con la pratica, invece, si riesce a farle dialogare di nuovo. Fino al punto in cui anche nella vita di tutti i giorni, nel lavoro e nelle relazioni, la “presenza” rimane costante.
Da secoli queste discipline insegnano a donne e uomini l’arte della consapevolezza.
Sono una componente di arti marziali e yoga anche tutte le tecniche di meditazione. Per imparare a meditare ci vogliono anni, non bastano i corsi di un fine settimana o le aberrazioni on-line. Una volta trovata la tecnica di meditazione che meglio si conforma alla propria indole, costituzione e alle proprie capacità, si tratta di praticare con costanza e pazienza.
La meditazione non è slegata dalla componente fisica, perché per stare seduti comodamente servono un bacino allineato e una schiena non sofferente; il respiro è un’altra componente importante, perché deve essere leggero, ma completo.
Altro aspetto della meditazione è il suo legame con la spiritualità che, al contrario di ciò che si può pensare, serve a restare connessi col mondo terreno. Il rischio della meditazione è infatti quello di “veleggiare” o addirittura pallonare verso reami mentali astratti, creando una disconnessione dal corpo e dalla mente, talvolta pericolosa. Infatti, non viene mai consigliata la meditazione a chi ha problematiche e disturbi di un certo tipo, tendenti alla dissociazione.
Le pratiche di meditazione buddhista della scuola Theravada sono la fonte della moderna Mindfulness, creata in laboratorio da Kabat Zinn e colleghi, un protocollo che viene utilizzato nelle terapie psicologiche proprio per aiutare le persone a rendersi consapevoli del rimuginio dei pensieri e acquisire una sana cognizione dei propri stati mentali.
Ma è proprio la soluzione giusta?
Una volta privata e depurata dei suoi aspetti spirituali e mistici, la meditazione perde un aspetto fondamentale: il legame tra cielo e terra, cioè il rapporto tra il qui e ora di tutte le nostre dimensioni (corpo, respiro, mente, emozioni) e il tutto. Intendendo per tutto la creazione nel suo aspetto globale, fatto di passato e futuro, corpi astrali e corpi umani, animali e vegetali.
La spiritualità è una tensione alla dimensione globale dell’essere umano, cioè a comprendere che non siamo separati da ciò che ci circonda, sia esso visibile o invisibile. Quante cose non vediamo perché sono al di sotto o al di sopra del nostro spettro visivo o uditivo, eppure ci sono e hanno influenza sulle nostre vite?
Per imparare a meditare ci vogliono anni, non bastano i corsi di un fine settimana o le aberrazioni on-line.
Il rischio della mindfulness, depurata degli aspetti spirituali, ma anche fisici, è che diventi una pratica individuale e mentale estrema. Porta cioè il meditatore a estraniarsi nei suoi pensieri e solo nei suoi pensieri, senza connessione con altro. La mente produce dei reami favolosi: attenzione a inseguirli o a esserne dominati.
Per questo arti marziali e yoga sono eminentemente fisici, in certi casi di contatto. E ben venga il contatto! Nessuno di noi è altro dagli altri, ma neanche da tutto ciò che esiste.
Perciò è da privilegiare una forma sana di bodyfulness: creare una sana relazione col nostro corpo e con quello degli altri. La nostra società è fin troppo mentale e astratta, al punto che siamo ossessionati dal trionfo della mente su tutte le altre qualità dell’essere umano.
Qualcuno ricorda ancora quanto vale il bacio su una ferita della mamma o una carezza di una persona amata, a fronte di un sacco di belle parole o di pensieri in solitudine?