Il Principiante richiede al Maestro una costante presenza (anche se online) fisica e psicologica, obbligandolo a restare concentrato sul momento presente.
di Massimiliano Gironi
Forse lo abbiamo dimenticato, ma siamo stati tutti dei principianti.
La parola Principiante deriva da principare che a sua volta deriva da principio che origina dal latino principium (il primo).
Principiante e Principe condividono la stessa radice primus che significa “primo”. Nonostante condividano lo stesso etimo hanno significati diametralmente opposti.
Il Principiante è all’inizio del suo apprendimento, generalmente viene considerato l’ultimo nella scala della conoscenza dell’arte che sta apprendendo. Considerato di scarso valore, si occupa di mansioni di poco conto.
Il Principe, invece, viene considerato il primo nella scala d’importanza, definito anche sommo o supremo. Viene utilizzato come indicatore assoluto di potere e conoscenza, ciò che dice il Principe è legge e non si mette in discussione.
Il valore del Principiante stava proprio in questa capacità di vedere la realtà con occhi nuovi, senza pregiudizi e preconcetti.
Ma torniamo al Principiante.
La cultura occidentale, dominata dal possesso, dalla velocità e dall’individualismo, identifica generalmente il Principiante come una persona di modesto valore: non ha esperienza, non è in grado di essere di aiuto, spesso viene considerato un peso, svolge lavori poco importanti e non è autonomo nelle proprie attività.
Principiante è sinonimo di apprendista, cioè che è all’inizio del suo percorso di apprendimento.
Fuori dalle botteghe d’arte del Rinascimento, una lunghissima fila di giovani cercavano di entrare per apprendere i primi rudimenti dell’arte dai Maestri. Quando un bambino mostrava un talento in una delle arti classiche, i genitori cercavano di assicurargli un futuro mandandolo a “bottega”. Non esisteva una scuola dove poter apprendere, l’unica strada era quella di essere accettati in una di queste botteghe e, quasi sempre, necessitava una speciale raccomandazione.
Lo stesso Leonardo da Vinci entrò nella bottega del Verrocchio grazie alle conoscenze del padre.
Una volta inseriti, raramente potevano lavorare al fianco del Maestro.
Venivano assegnati a un gruppo di lavoro e iniziavano dalle attività di base: pulizie dei locali, sistemazione attrezzi, preparazione dei colori, pulizia dei pennelli, fare da attendente a un allievo anziano e altro ancora. Avevano una sistemazione nel retro e vivevano nella bottega.
Poco per volta iniziavano ad affiancare gli allievi più anziani e, dopo un periodo che poteva durare anche dieci anni o più, acquisivano il titolo di “aiuto”.
La bottega era una impresa a tutti gli effetti e funzionava se tutti davano il loro contributo, nessuno escluso. Il lavoro svolto dai principianti, nonostante fosse poco considerato, era fondamentale per far funzionare la bottega.
Il Maestro lo sapeva e il solo fatto di avere una lunga fila di aspiranti apprendisti garantiva manodopera a basso costo e accresceva l’importanza di quanto veniva svolto presso di lui.
Peraltro, tra questi apprendisti spesso si evidenziavano giovani di speciale talento che contribuivano a migliorare e ad arricchire il bagaglio di conoscenze e innovazione delle attività svolte, oltre a mantenere uno spirito di competizione tra tutti gli allievi.
In Giappone non vi era una grande differenza, nelle numerose botteghe di ceramica, pittura, scultura e altre arti vi erano anche lì Maestri e Apprendisti.
Forse, la differenza stava nel fatto che lo spirito imprenditoriale di queste botteghe d’arte non era molto sviluppato, sia in considerazione delle chiusure commerciali imposte, sia dalla cristallizzazione degli strati sociali esistenti, oltre al tipo di clienti a cui si rivolgevano. Clienti che avevano diritto di vita e di morte.
Bisognerà aspettare il commodoro Perry per far cambiare le cose, ma molto lentamente.
Ma torniamo al rapporto tra Maestro e Principiante.
Abbiamo evidenziato come questo rapporto fosse impostato su un legame particolare: odio e amore.
Il Principiante non era ben visto dagli altri praticanti per la necessità che aveva di apprendere tutto, anche le cose più semplici.
Utilizzava una grande quantità del tempo di chi lo seguiva: vi era l’obbligo di controllarne l’operato per evitare errori o mancanze, bisognava accertarsi che capisse gli ordini impartiti ed altro ancora.
Il Maestro, che non aveva tempo e forse voglia, quasi sempre dava l’incarico di seguire il Principiante a un allievo anziano che, per temperamento e attitudine, si prendeva cura della sua formazione.
Seguire un Principiante era, ed è, faticoso.
Era necessaria una speciale attitudine per capire le sue difficoltà e le sue incomprensioni, comprenderne i punti di forza e di debolezza e, non ultima, una grande dose di pazienza.
Inoltre, il Principiante non dava tutto per scontato. Se era intraprendente spesso metteva in discussione il processo svolto per una determinata operazione, voleva capirne le singole fasi e il motivo. In buona sostanza applicava il suo spirito critico agli insegnamenti impartiti.
Il suo criterio di affrontare la realtà, non basata sull’esperienza pregressa, gli permetteva di vedere aspetti che agli esperti erano preclusi, oppure, era semplicemente in grado di coglierne il significato, significato che all’esperto era diventato ovvio e senza valore.
Questi apprendisti si chiamavano: Raffaello, Tiziano, Botticelli, Verrocchio, Leonardo…
Il valore del Principiante stava proprio in questa capacità di vedere la realtà con occhi nuovi, senza pregiudizi e preconcetti.
Il Maestro, che sapeva di questa dinamica relazionale, aspettava che il rapporto tra tutor e apprendista desse i suoi frutti. Il Principiante apprendeva e il tutor si metteva in discussione e assieme miglioravano la loro conoscenza.
Peraltro, non era insolito che in alcune botteghe il Maestro inserisse come apprendisti tutti i giovani che mostravamo speciali talenti, senza distinzione alcuna, proprio per “concimare” meglio il suo orto.
Certo, la mia è una semplificazione, magari un po’ romantica, ma la situazione era questa.
Infatti, da quelle botteghe sono state create opere d’arte uniche e meravigliose, che non hanno più avuto eguali nel mondo e questi apprendisti si chiamavano: Raffaello, Tiziano, Botticelli, Verrocchio, Leonardo e altri ancora.
Facciamo un salto temporale e torniamo al rapporto odierno tra Maestro e Principiante.
Generalizzare non è corretto, ma possiamo sostenere che, ora come allora, il Maestro spesso predilige seguire e confrontarsi con gli allievi esperti e più dotati. Questi allievi capiscono velocemente e con loro si sente più tranquillo se deve portare a termine un lavoro o un progetto importante, sapendo che essi seguiranno le indicazioni e si atterranno a quanto lui desidera.
Il Maestro con loro si può concentrare sugli aspetti più elevati della disciplina svolta, senza dover interrompere continuamente l’attività o il filo del pensiero. Si potrebbe sostenere che in questo rapporto il Maestro si concentra più su se stesso che non sull’allievo. Tanto, se è esperto questo ci arriva da sé! Questa potrebbe essere la riflessione che taluni maestri potrebbero pensare dei propri allievi esperti.
A tal punto che alcuni maestri diventano così esclusivi e difficili da comprendere che solo coloro che hanno avuto accesso a specifiche informazioni “esoteriche” riescono a capire la loro visione.
Di certo, la mancanza di principianti rende difficile se non impossibile la trasmissione del sapere, se relegata solo ad alcuni questa diventa una “setta”, dove non è importante divulgare, ma rendere esclusivo e nascosto.
Questo atteggiamento non si preoccupa del futuro e di chi vuole capire, ma si preoccupa solo di mantenere lo status quo, nel tentativo di mantenere nelle mani di pochi il sapere e, quindi, il potere.
La storia insegna che questo atteggiamento, oltre a essere sbagliato, è pericoloso.
Quindi, si deve divulgare il sapere in qualsiasi disciplina; questo, secondo il mio modesto parere, deve essere la regola.
Oggi siamo in una fase molto delicata e tragica per tante persone.
L’epidemia da Covid-19 che ci ha colpiti, ha stravolto il nostro modo di vivere e di pensare, ha cambiato le nostre priorità e le costrizioni imposte hanno danneggiato tutte le attività professionali e personali basate sulle relazioni.
Una delle problematiche che si sono evidenziate in questa situazione è l’impatto sulla salute mentale: stress, ansia e depressione hanno influito negativamente sul benessere delle persone sia fisico, sia psicologico.
Una delle soluzione a tale malessere è sicuramente l’attività fisica. Infatti, dopo un primo disorientamento le persone hanno capito che l’attività fisica poteva essere una valvola di sfogo in grado di aiutare.
Attività fisica svolta non più “in presenza” e in palestra, ma nella propria casa: quando lo si ritiene opportuno, a minori costi e con programmi dedicati, secondo le proprie necessità.
Improvvisamente, tutte le palestre di arti marziali si sono trovate senza la possibilità di svolgere attività in presenza e, come sempre, nei momenti di difficoltà ci sono persone (Maestri) che colgono un’opportunità.
Questa opportunità è la didattica a distanza (DAD), utilizzata ora anche per l’insegnamento nelle scuole, ma già da tempo adottata in paesi dove la distanza impone questa tipologia di collegamento remoto.
È possibile continuare a praticare e studiare una disciplina a distanza con l’aiuto di un Maestro che sappia padroneggiare le tecniche base di comunicazione a distanza online. Peraltro, non molto diverse dall’insegnamento in presenza. Non solo con i propri allievi esperti, che vogliono continuare a praticare, ma è possibile estendere questa metodologia anche a praticanti esperti lontani geograficamente e a nuovi praticanti che vogliono avvicinarsi alle arti marziali.
Il valore di un Principiante è fondamentale per tutti i corsi di arti marziali e non è inferiore a quello di un Principe, sono entrambi dei Primi.
Un corso di Karatedo per principianti online è una grande opportunità, in particolar modo se tenuto da un bravo e competente Maestro. Fino a poco tempo fa seguire le lezioni di un Maestro blasonato era difficile, dispendioso e implicava trasferte complesse da gestire sia con la famiglia, sia per il lavoro.
Ora, alcuni di questi maestri (purtroppo non tutti) hanno compreso che le lezioni online sono una grande opportunità di divulgazione: non solo per il Principiante, che ha la possibilità di apprendere direttamente dalla loro esperienza e dalla loro profonda conoscenza, non solo per l’esperto, che in passato non avrebbe mai potuto seguirli con costanza, ma per gli stessi Maestri che hanno la possibilità di ritornare a insegnare ai principianti e di mettersi al servizio di chi vuole iniziare a praticare.
Il Principiante richiede al Maestro una costante presenza (anche se online) fisica e psicologica, obbligandolo a restare concentrato sul momento presente, qui e ora! Non gli è possibile allontanarsi mentalmente, perché l’attenzione e la pressione devono essere continue e dedicate al Principiante che ha di fronte attraverso lo schermo.
Sono convinto che i maestri che hanno a cuore la divulgazione e il sapere, continueranno a utilizzare questa nuova metodologia d’insegnamento online anche dopo questa emergenza, affiancandola ai corsi tradizionali in presenza.
Il valore di un Principiante è fondamentale per tutti i corsi di arti marziali e non è inferiore a quello di un Principe, sono entrambi dei Primi.