6 Marzo 1921, fu quello il giorno in cui il Karate iniziò il suo viaggio da Okinawa verso il Giappone.
A quel tempo era stato deciso che il principe ereditario Hirohito, non più che ventenne, avrebbe fatto un viaggio di circa 6 mesi verso l’Europa. Era la prima volta che un membro della famiglia reale giapponese visitava l’Occidente e certamente ogni tipo di precauzione fu presa per la sua salvaguardia. Il viaggio sarebbe avvenuto per via marittima e chi meglio di due navi da guerra poteva garantire in sicurezza un viaggio di quella portata? Ormai la decisione era stata presa, la Katori e la Kashima avrebbero avuto questo immenso onore (e onere).
Al comando della Katori fu messo l’ammiraglio Kenwa Kanna (憲和漢那). Non credo che possiate apprezzare fino in fondo questa nomina, sarebbe stato un incarico di massimo prestigio per qualsiasi ufficiale della marina giapponese; sarebbe invece stato impensabile, forse addirittura inaudito, per un okinawense. Sì perché Kenwa Kanna, o Norikazu Kanna secondo la più nipponica delle kun-yomi, era nato il 6 Settembre 1877 a Naha (Okinawa). Dopo essersi diplomato alla Kenritsu dai ichi chūgakkō (県立第一中学校, divenuta in seguito la scuola superiore di Shuri), entrò all’Accademia Navale Giapponese nel novembre 1896 per graduarsi nel suo corso terzo su 113, nel dicembre 1899.
Per capire appieno questo risultato straordinario, bisogna tenere presente il contesto storico dell’epoca. Okinawa fu annessa all’impero giapponese nel 1879 (in pratica solo due anni dopo la nascita di Kanna). Il regno delle Ryūkyū fu abolito e il suo re (Shō Tai) fu forzato in esilio a Tōkyō. Okinawa divenne la più povera delle prefetture giapponesi e i suoi abitanti furono forzati a imparare e adottare la lingua e le usanze giapponesi. Essere okinawensi significava spesso essere il bersaglio di insulti e di pregiudizi, i frutti più amari della politica nazionale di assimilazione forzata.
Alla luce di tutto ciò, i risultati conseguiti da Kanna ebbero dell’incredibile e furono sicuramente motivo di orgoglio per tutta Okinawa. Voglio sottolinearlo di nuovo: un ufficiale di origini okinawensi venne messo al comando della nave che avrebbe trasportato il principe ereditario in un viaggio di sei mesi verso l’Europa!
Torniamo al viaggio, 6 marzo 1921: la Katori e la Kashima partirono da Tōkyō. Attraccarono subito dopo al largo della costa pacifica di Okinawa, nella baia Nakagusuku, vicino all’isola Tsuken. Su richiesta del comandante Kanna, al principe Hirohito fu fatta fare una breve visita di Okinawa e fu proprio in questo giorno che la storia del karate prese una nuova direzione. Infatti, sempre su suggerimento di Kanna, fu organizzata per il principe in visita una dimostrazione dell’arte marziale di Okinawa. La dimostrazione, svoltasi all’interno di una sala del castello di Shuri, fu diretta da Gichin Funakoshi con alcuni studenti delle scuole medie e della scuola per insegnanti di Naha (Shihan Gakkō).
Funakoshi non era lo studente più anziano del maestro Itosu Ankō (al tempo già morto da qualche anno), né il più talentuoso, probabilmente però era quello più capace di coordinare una dimostrazione (演武 / enbu) e di descriverla in lingua giapponese. Parlare il dialetto di Okinawa (Uchināguchi), a quel tempo, era motivo di severe punizioni sia nel sistema scolastico (era in vigore la 罰札 / batsu-fuda, ovvero la “punizione del cartello”), sia in quello militare, e sarebbe stato certamente inaccettabile alla presenza del principe ereditario.
Il Karate era entrato nel sistema scolastico di Okinawa nel 1903 circa e sembra che fosse stato insegnato solo saltuariamente (a spizzichi e bocconi) ai marinai giapponesi che stazionavano a Okinawa. Fino a quel momento il Karate non era stato insegnato in modo organizzato in terra madre (Giappone), dove invece le arti del Kendō e del Judō erano già state ampiamente accettate all’interno di quel microcosmo che è il Budō: Kendō e Judō non solo erano considerate arti marziali giapponesi, ma erano un vero e proprio sistema per insegnare lo Yamato-damashii / 大和魂, ovvero il genuino spirito giapponese (in contrasto alle usanze straniere o importate).
Avere presentato il Karate al principe ereditario fu motivo di grande orgoglio per gli abitanti di Okinawa e aumentò la visibilità e la credibilità dell’arte tra i giapponesi. Organizzando una dimostrazione per il principe ereditario, l’ammiraglio Kanna tentò certamente di piantare i semi per una più ampia accettazione del Karate come arte marziale, al pari di Kendō e Judō. Mentre cercò di preservare il Karate come un aspetto della cultura di Okinawa, dovette però “navigare” su una linea sottile, presentando l’arte anche nel contesto dello spirito Yamato.
6 Marzo 1921, fu quello il giorno in cui il Karate iniziò il suo viaggio da Okinawa verso il Giappone. È di questo viaggio che il titolo dell’articolo racconta.
Vorrei chiudere citando le parole che l’ammiraglio Kanna scrisse come prefazione al libro di Gichin Funakoshi (Rentan Goshin Tōde-jutsu, 1925):
文化の蔭には弱味が隠れ、晴天の蔭には風雨が宿る。治亂興亡は古今の通則、陰陽去來は天地自然の順理にして、文と武とは恒に相前後し離る可からざるものである。(Alcune note sulle Kyūjitai presenti nel testo: 晴 = 晴, 亂 = 乱, 來 = 来)
“La debolezza si nasconde all’ombra di una cultura, come il vento e la pioggia dimorano all’ombra di un cielo limpido. L’avvicendarsi [興亡 / letteralmente “il sorgere e la caduta”] dei periodi di pace e di turbolenza è una regola generale dei tempi antichi come di quelli moderni. Il dualismo delle forze Yin-Yang è la regola universale della natura. (Allo stesso modo) le arti letterarie [文 / bun] e le arti marziali [武 / bu] non devono essere mai separate le une dalle altre.“