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Karate & Yoga (Parte 3)

Karate & Yoga (Parte 3)

La disciplina non s’impara, si coltiva! Non è una qualità o una virtù con cui siamo nati, è una scelta da sviluppare e rinegoziare ogni giorno.

L’arte marziale, come lo yoga, ci permette di utilizzare la giusta “ferramenta” per mettere in pratica la disciplina: forza di volontà, persistenza, determinazione, spirito di sacrificio e rinuncia.
La disciplina è la tua miglior amica!
Crea le basi di rettitudine, coerenza, amore, perdono e persino compassione (non pena), oltre a essere anche e soprattutto sudore della mente, non solo del corpo.
La disciplina non s’impara, si coltiva! Non è una qualità o una virtù con cui siamo nati, è una scelta da sviluppare e rinegoziare ogni giorno. Ed essa, la disciplina, ti premia sempre, è una Legge Cosmica (dharma).
Spesso è solitudine, silenzio. È il coraggio d’affrontare l’Io senza sognare a occhi aperti, introspezione e autocritica intese a rilevarne gli errori o anche solo le insufficienze, per correggerle e trarne insegnamenti per l’avvenire, apprezzare e accettare la vita, non rimanere acquiescenti o rassegnati, avere un percorso se possibile anche da condividere, non inseguire “bolle di sapone”, capire il tempo e i suoi cicli vitali, le quattro stagioni della nostra esistenza.
“I dubbi sono più sani delle certezze” dice don Luigi Ciotti, allora il domandare e l'(auto)analisi sono la parte creativa e brillante nel nostro pentagramma della vita.
Vita, purtroppo troppo breve per riuscire a fare tutto quello che si desidera.
Di fatto: “L’esserci è il puro e semplice rischio” ci ricorda Martin Heidegger.

“Bisogna darsi un metodo” come scrisse Albert Camus.

Come in barca vela, che ha il suo linguaggio, da cui riprendo proprio un comando quando malaguratamente cade un “uomo in mare”: “distanza” e “rilevamento”. Due termini molto utili da applicare non solo in questo contesto, per capire da che parte stiamo, con chi siamo e dove stiamo andando, insomma fare il “punto nave” sempre attualizzato, sia sulla carta nautica sia nella vita.
Alla fine quello che conta è come abbiamo “giocato” le carte, che il destino mescola (Arthur Schopenhauer), se questo Cammino, queste Discipline, siano state veramente proficue, fascinose e seducenti per il cambiamento e il fluire dell’essere.

Riprendo la lezione ai bambini che hanno ispirato e impostato il testo. Dopo aver preso le sembianze di un albero, facciamo allungamento.
Obbligatorio conoscere bene il libro di Bob Anderson Stretching, (Edizioni Mediterranee, Roma, 1982), soprattutto per noi dello stile Shotokan che soffriamo le conseguenze postume di basi basse e lunghe che nel corso degli anni hanno pregiudicato teste dei femori, lesionato anche e legamenti delle ginocchia.
Gli esercizi di riscaldamento sono prettamente mirati allo Psoas, chiamato nello Yoga “il muscolo dell’anima”, il più profondo e stabilizzante del corpo umano che influisce sull’equilibrio strutturale, sulla mobilità articolare, coadiuvando la propriocettiva (cinestesia), influendo sul funzionamento degli organi dell’addome. È l’unico muscolo che collega la colonna vertebrale alle gambe, responsabile di mantenerci in posizione eretta e che ci consente di sollevare le gambe per camminare.
Asse, baricentro, distribuzione del peso e calibratura: postura.
Poi, particolare attenzione agli esercizi fisici, alle giunture, partendo da caviglie, ginocchia, anche, spalle, gomiti, polsi, collo, con sempre come linea guida la flessibilità.
La lezione ora può continuare con tecniche semplici di Kihon: uke, zuki, geri.
Noi del Karate tradizionale seguiamo e siamo fedeli alla linea: non esiste karate senza kata, non c’è kata senza kihon (per sviluppare il kime), non c’è kihon senza kumite.

Il passo successivo è lo svolgimento e la spiegazione degli Heian fino a Bassai Dai. Più avanti si avrà tempo e modo di migliorare i dettagli e il loro significato, ora penso sia importante attivare la coordinazione motoria, il metabolismo, i riflessi, la prontezza, il movimento e la memoria, la circolazione sanguigna, migliorando così l’efficienza stessa del sistema immunitario.

Il tutto coincide con la condizione detta yogica in 8 stadi: 

  • autocontrollo;
  • miglioramento di sé; 
  • posture (āsana);
  • controllo del respiro (prānayāma);
  • controllo dei sensi;
  • attenzione sul singolo oggetto (dharana).

Poi, il 7° passo, la contemplazione meditativa (dhyāna), verrà in seguito come anche l’8° gradino, il “portale” che, in questo caso, non possiamo certo pretendere o chiedere a bambini e adolescenti: il Samādhi, il centro contemplativo, lo stato di Unione, lo Spirito e l’essenza (sattva > “cio che è”), quel Cammino per raggiungere il Satori o Illuminazione come viene chiamato da Gichin Funakoshi.

Nella lezione non posso “tirare troppo la corda”, altrimenti si spezza, né posso allentarla per non perdere la loro attenzione e dissipare così la loro volontà (e curiosità).
Gianni Rodari ci suggerisce:Se io avessi una botteguccia fatta di una sola stanza vorrei mettermi a vendere sai cosa? La speranza.” E scrive: “Grammatica della fantasia (1973) offre strumenti per contribuire a creare nella scuola un nuovo ruolo per il bambino, un ruolo di bambino creatore, produttore, ricercatore, invece del tradizionale ruolo passivo che il bambino ha sempre avuto nella scuola.
Per ottenere questo nuovo ruolo dobbiamo metterci sullo stesso piano dei bambini ovvero in dialogo con la materialità e la concretezza delle situazioni reali, rinnovando continuamente il modello, interpretando sempre le nuove esigenze. 

È quello che poi viene spiegato, anche se in altri termini, dal testo base di partenza o trampolino di lancio, lo Yogasūtra di Patañjali nelle “Quattro modalità del processo cognitivo: supposizione, riflessione, stato di beatitudine e senso dell’io” (1.17)

Yogash chitta vritti nirodhah. Tada drashtuh svarupe avasthanam.” 

“Lo yoga è il dominio delle attività nel campo della mente. Quindi, chi vede, riposa nella sua vera natura.”

  • Yoga = unione; dalla radice yuk, che significa unirsi.
  • Chitta = la coscienza nel campo della mente.
  • Vritti = operazioni, attività, fluttuazioni, modifiche, cambiamenti o varie forme del campo mentale.
  • Nirodhah = controllare, regolare, canalizzare, governare, integrare, coordinare, comprendere, stabilizzare, calmare, separare.

Insieme, il Karate e lo Yoga attivano il ciclo delle potenzialità e amministrano le regole motivazionali.

Edulcorare in questo modo, filtrare e scegliere quindi i pensieri “elevati”, allontanarsi o annichilare l’attaccamento ai beni materiali, i desideri di possesso, avversione, ansia, preoccupazioni, provocazioni, tentazioni etc. Allenare la mente in modo che la concentrazione, il raccoglimento, le meditazioni, anche le più sottili, possano poi essere collegate come ninfa vitale nel nostro essere umano e porle al servizio dell’umanità e di chi ci ama.

Significa cercare Via Vita e Verità come scritto nel Vangelo.
ll professore e poeta Hermógenes indica la Legge/Dovere (Dharma) e il Cammino:La saggezza cosmica del Vangelo di Gesù, il Dhammapada di Buddha, le Upanishad e il Bhagavad Gītā. È così per chiunque cerchi equilibrio, lucidità mentale, pienezza e pace, soddisfando i precetti morali e allo stesso tempo terapeutici da queste fonti divine.” (Hermógenes, ibidem, p. 249).
È chiaro come l’arte marziale e lo yoga coincidano per intenti e programmi. Non solo nella pratica fisica, ma anche e soprattutto nello studio e nella ricerca. Forse, il “segreto” è: essere un eterno apprendista!
Karate no shugyou wa issho de aru “Il karate si pratica tutta la vita” come detto al 9º principio del Dōjō Kun.

Una chiosa, in questa mia riflessione, sperando che la sintesi non sia malamente caduta nel superficiale o alla fine risultare meramente riduzione. C’è un termine della “nostra” filosofia greco-romana che fa da passe-partout tra yoga e karate: Enkràteia, dal greco ἐγκράτεια “nel potere di sé stesso”.
Il contrario per Aristotele è akrasia “mancanza di controllo (anche su se stessi)”.
Yoga e karate coincidono nella stessa meta: l’autodominio.
Per Senofonte, Enkrateia non è una virtù particolare, ma “la base di tutte le virtù”.
Aristotele scorse la felicità come “l’attività dell’anima diretta dalla virtù” e questa, la virtù, è una via di mezzo tra due difetti che peccano, per eccesso o per difetto (Etica, Eudemia, II, 3).
Epitteto, scuola estoica, ci ricorda di “non far dipendere la nostra felicità dagli altri” e di mantenere saldo, fermo, vigile il nostro spirito (zanshin) esattamente come mizu no kokoro (lo spirito come l’acqua).

Dopo le tecniche di base e i kata, al posto del kumite preparo un percorso di birilli da zigzagare correndo, ostacoli da saltare, capriole, geri e… guantini alle mani, serie di zuki contro di noi – volontari al centro di appoggio e assistenza GACC RN –, riprendendo subito dopo il centro e osservando la distanza (Ashi-sabaki α 45º e 180º) nelle diagonali o arretrando indietro con angolo di 180º.
Lo spostamento eseguito a dovere è l’ultimo sforzo che richiedo a piccoli e piccole samurai.
I primi passi per la preparazione al kumite verranno spiegati al momento opportuno: 

  • MIKIRI 
  • DEAI 
  • TAI SABAKI
  • GO-NO-SEN
  • TAI-NO-SEN
  • SEN-NO-SEM

Punti importanti e sempre reiterati, messi in chiaro e richiesti come priorità negli allenamenti al dojo di Roma, con fuoco, quindi, sul bersaglio, finte (sorashi), spostamento (sabaki) e avvicinamento (yoriashi), il ruolo decisivo del terzo della pianta del piede etc.
Equilibrio, tempo, velocità.

Ai bambini metto in risalto continuamente le proprietà del piede, le sue funzioni, le sue parti (teisoku, haisoku e koshi, etc.). Bisogna parlare coi nostri piedi, gli ripeto sorridendo con qualche smorfia, bisogna accarezzarli!
Il karate non è solo competizione e agonismo. Certo che vincere fa bene, come anche ricevere una coppa o medaglia, o salire sul podio! Ma quello che ci dovrà accompagnare fino alla fine dei nostri giorni è la possibilità di crescita e di miglioramento davanti al Creato e al Creatore. Insieme, il Karate e lo Yoga attivano il ciclo delle potenzialità e amministrano le regole motivazionali, la sfida personale e quotidiana di sapersi mettere in discussione, affrontare il dubbio e il contradditorio.

Nel Bhagavad Gītā si dice che lo yoga sia: “l’equanimità della mente … e l’eccellenza nelle azioni”.

Tenere dunque ferma la barra del timone dell’Ikigai, cioè il “proposito”, la “ragione di vita”, la “ragion d’essere”, che è la forza di alzarsi ogni mattina con lo spirito di onorare la vita e farla brillare.
Nel Bhagavad Gītā si dice che lo yoga sia: “l’equanimità della mente … e l’eccellenza nelle azioni” (II, 48-50).
Il Cammino, Jñana Yoga e Karate-dō, come nella triade platonica: Bene-Giustizia-Bellezza.
Sono grato e ringrazio il numeroso e motivato staff di professionisti del GACC: medici, psicologi, pedagoghi, assistenti sociali, che accompagnano e monitorano i mini allenamenti.
Mi preme ricordare, prima di concludere, ancora una frase di Gianni Rodari: “In un’impresa educativa il programma non dovrebbe essere l’elenco delle cose che ci proponiamo di ottenere dai bambini, ma quelle che dobbiamo fare noi per essere utili ai bambini” (in Grammatica della fantasia. Introduzione all’arte di inventare storie, Torino, Einaudi, 1973). Si cresce insegnando.
È arrivato il momento dei saluti.
“Uno per tutti. Tutti per uno”. L’unione fa la forza e la differenza!
Zairei, sempre collocando il ginocchio sinistro per prima, in posizione Seiza… che nello Hatha Yoga è chiamato in modo meraviglioso e perfetto Vajrāsana: posizione del diamante o del tuono.
Pausa. Occhi chiusi. Silenzio.
Oss

Finita la lezione, tutti partecipano al riordino della sala come atto di pulizia (soji) e rispetto per le altre attività a venire.

 

Parte 01, parte 02

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