Il Karate Do che abbiamo appreso dai Maestri Shirai e Kase è una scelta di vita che parla di impegno incondizionato, benevolenza, compassione, rispetto, dedizione, umiltà.
Quando nello scorso febbraio, a Riccione, noi praticanti FIKTA fummo catapultati materialmente negli effetti della pandemia che tutt’ora affligge e potenzialmente affliggerà l’Italia – e, giova ricordarlo, il resto del mondo per un tempo indefinibile –, mai avremmo pensato di trovarci di fronte a una situazione così complessa.
Decidemmo seduta stante, viste le notizie che affluivano vorticosamente da tutta Italia, di non svolgere il Trofeo delle Regioni, scelta di tipo “epocale”. Non credo esistano, nella non breve storia delle FIKTA, precedenti in tal senso. Tornammo a casa delusi, certo, ma soprattutto preoccupati, qualcosa che non conoscevamo si stava materializzando davanti ai nostri occhi, il tempo per le scelte ragionate era azzerato, bisognava agire, d’intuito.
Mi ricordo la sensazione di scampato pericolo, quella domenica, rientrando dentro casa e il ricordo di una massima del M° Funakoshi che recita: Danshi mon wo izureba hyakuman no tekki ari, “Pensare che tutto il mondo può esserti avversario”.
Danshi mon wo izureba hyakuman no tekki ari, “Pensare che tutto il mondo può esserti avversario”.
Dalla sera dopo, insegnando in un’Associazione di persone prevalentemente “mature”, ci si è posto un dilemma: se continuare a praticare o preservare l’incolumità dei nostri praticanti. Non conoscendo bene la natura della situazione che si andava prospettando, abbiamo resistitito, allenandoci “in presenza” fra mille apprensioni, fino al fatidico sabato sera di due settimane dopo, nel quale, il Primo Ministro Giuseppe Conte risolse il dilemma chiudendo di fatto le palestre.
Da subito ho pensato che, tanto per il Karate, che per altre attività non lavorative delle quali mi occupo, qualcuno si sarebbe dovuto prendere la responsabilità di assicurare una continuità che in qualche modo tenesse alto lo spirito, in un momento storico che si andava materializzando come il peggiore del dopoguerra.
All’epoca, non conoscevo le piattaforme di Live Social Streaming e ho da subito inviato ai miei allievi dei filmati, registrati dal salone di casa mia, nei quali eseguivo kata di Karate Tradizionale con annessi bunkai (applicazioni) e Kata di Hiroshi Shirai Goshindo.
Però, pur avendo avuto, questa iniziativa, un discreto successo, mi rendevo conto che per un allievo la presenza diretta e costante del Maestro, durante la pratica, è fondamentale.
Parlando con il mio amico fraterno Gianluca Malengo, ho appreso dell’esistenza dell’applicazione ZOOM attraverso la quale – volendo gratuitamente anche se con qualche limitazione –, è possibile riunire fino a cento persone in tempo reale: il bisogno ha scatenato la risorsa!
Da quel giorno, con la mia Associazione abbiamo svolto un bel numero di allenamenti, riunendo anche amici da tutta Italia e dall’Europa, allievi distaccatisi, a volta con acredine, e ricongiuntisi, come è giusto che sia, davanti a una disgrazia.
D’accordo, gli allenamenti in presenza sono ben altra cosa, ma tutto dipende, come sempre, dallo spirito con cui si fanno le cose. Tutto dipende dall’intento, di fronte all’emergenza, l’Ego può essere risorsa o ostacolo.
Guardiamo i lati positivi:
- i costi si sono praticamente azzerati, il che, potrebbe consentire a chi si deve far pagare per questo servizio, di chiedere un compenso equo e ridotto, rispetto agli standard;
- i tempi di spostamento non incidono più e in una città come Roma, non è poco;
- la sensazione di non essere abbandonati a se stessi può essere sensibilmente ridotta, il morale si mantiene alto, così come il senso dell’impegno comune.
D’accordo, tanto per gli allievi, come per gli insegnanti, occorre cambiare, cambiare nel metodo di insegnamento, nel metodo di apprendimento, nel metodo della pratica…
Nella vita, cosa c’è di realmente stabile e non modificabile?
Sarà che quando a quarantasette anni mi sono trovato fra capo e collo un’invalidità sensoriale di 70 punti, non ho avuto scelte, se volevo proseguire, avrei dovuto cambiare la mia pratica…
“Karate bello è quello di malattia, neh?” (Sensei Shirai cit.) .
Sarà che ”in natura la specie che sopravvive, non è la più forte, ma quella più adattabile” (frase attribuita erroneamente a C. Darwin).
Sarà che di fronte alle avversità si può soccombere o organizzarsi… “Enrico San, quando piove si apre ombrello, neh!” (Sensei Shirai cit., Roma febbraio 2015).
Potrei continuare all’infinito, la realtà è che lo stesso Gichin Funakoshi, nel Dojo Kun, ci ha lasciato dei chiari ammonimenti:
- Gijutsu yori shinjutsu – Nel Karate lo spirito viene prima; la tecnica è il fine ultimo.
- Wazawai wa getai ni shozu – Il Karate insegna che le avversità ci colpiscono quando si rinuncia.
- Dojo nomino Karate omou na – Il Karate non si vive solo nel dojo.
- Karate no shugyo wa issho de aru – Il Karate è per la vita.
- Arai-yuru mono wo karate-ka seyo, soko ni myo-mi ari – Applica il Karate a tutte le cose della vita, è lì la sua ineffabile bellezza.
- Karate wa yu no goto shi taezu natsudo wu ataezareba moto no mizu ki kaeru – Il Karate va tenuto vivo col fuoco dell’anima; è come l’acqua calda, necessita di calore costante o tornerà acqua fredda.
Tutto dipende dall’intento, di fronte all’emergenza l’Ego può essere risorsa o ostacolo.
Sono perfettamente conscio dei sacrifici che hanno dovuto affrontare i Maestri, che sono anche titolari di palestre, per metterle in sicurezza. Intuisco la loro delusione, soprattutto rapportandola alle dissennate condotte di molti imprenditori di altri settori, a questi Maestri e amici, vanno il mio più profondo rispetto e comprensione.
Per me è più semplice, non sono un professionista del settore, tuttavia, sono certo che, se il rapporto fra allievo e Maestro è corretto, sia possibile anche farsi remunerare dai propri allievi per questo servizio offerto e loro saranno ben lieti di farlo.
Se così non fosse, probabilmente, avremmo tutti barato citando a sproposito frasi di cui non avevamo potuto nemmeno lontanamente pretendere di comprendere il senso. In questo caso, il Karate Do meriterebbe di morire, vittima fra le tante, di una pandemia che di normale non ha nulla.
Ma il Karate Do che abbiamo appreso dai Maestri Shirai e Kase, non è questo, è una scelta di vita, a volte dispendiosa, emotivamente e fisicamente, ma molto generosa, restituendo centuplicati gli sforzi profusi. Una disciplina che parla di impegno assoluto e incondizionato, benevolenza, compassione, rispetto, dedizione, umiltà.
A noi, Maestri contemporanei, la scelta…
The Karate Do, must go on!