Conosciamo un metodo basato sull’Aikido e rivolto a coppie in difficoltà: coniugi, genitori-figli, insegnanti-allievi, bulli-vittime…
C’è chi ci ha guadagnato parecchio dal Coronavirus… Fra questi gli avvocati matrimonialisti/divorzisti. A causa del lock down, dello smart working o lavoro agile, della convivenza forzata in spazi ristretti per un maggior numero di ore, le coppie che si reggevano sul filo di un precario equilibrio sono “scoppiate”. Si parla di un 30% in più di cause per la Cina, dove il fenomeno è esploso assieme alla pandemia, con istanze presentate soprattutto dalle donne. Percentuali analoghe in Italia e negli altri Paesi occidentali.
In ogni caso anche prima del Covid-19, stando ai dati degli ultimi trent’anni, il numero dei divorzi è quadruplicato. Solo in Italia le separazioni ogni anno sono più di 90 mila. Secondo le previsioni di Euromonitor entro il 2030 aumenteranno del 78,5% in tutto il mondo.
Specialmente nell’Aikido il vero obiettivo è il raggiungimento e il mantenimento della pace.
Se “il latte ormai è stato versato”, nulla da aggiungere né da dividere (come cantava Riccardo Cocciante), ma se invece c’è ancora qualche volontà e speranza di recupero, ora che stanno riaprendo le palestre ci si potrebbe affidare a una risorsa antica e al tempo stesso nuova. Un metodo che deriva dalle arti marziali e insegna come si vince e come ci si arrende, in palestra e nella vita. Il suo nome è Arte della pace e, per ora, è praticato soprattutto nel nord d’Italia.
La sua ispirazione sta, in particolare, nella disciplina giapponese dell’Aikido, proposta in modalità diverse dal solito, per aiutare coniugi in difficoltà – ma anche genitori e figli, colleghi e superiori, insegnanti e studenti, i bulli e le loro vittime – a trovare il modo di costruire una relazione partendo dalla comprensione degli errori del passato.
Perché proprio l’Aikido? Perché secondo le parole del fondatore stesso – Morihei Ueshiba – non si può definirla una vera e propria arte marziale, e nemmeno un’attività sportiva e agonistica, nonostante ciò che ne pensano molti praticanti. Egli sosteneva invece che la via dell’Aikido stava proprio nella relazione con l’altro, come testimoniano alcune sue riflessioni, di cui riportiamo un esempio:”Dai il benvenuto all’avversario che ti viene incontro; saluta l’avversario che si ritira. Mantieni il tuo equilibrio originario, e così il tuo rivale non saprà dove colpire. In realtà, egli non lo saprà perché voi sarete un tutt’uno.”
O come dice con altre parole Lynn Seeiser: ”Aikido è non-violento, non competitivo e non opponente. Ciò significa che non cerca di ferire, vincere o resistere a ciò che una persona ci offre” e, oltretutto, la pratica si svolge in coppia.
L’Aikidoka impara a modificare la relazione con un soggetto “prepotente”, il rivale, trasformando il rapporto di tipo oppressore-vittima in una relazione paritaria. Sviluppando atteggiamenti empatici e collaborativi, accettando la diversità dell’altro e assumendosi le responsabilità di lavorare con altre persone.
L’ideatore del metodo “Arte della Pace” si chiama Alessandro Fossati ed è un istruttore di Aikido. L’idea gli è venuta dopo diversi anni di pratica, quando ha ottenuto la cintura nera e ha avuto una sorta di illuminazione: si è reso conto che nelle arti marziali, ma specialmente nell’Aikido, il vero obiettivo è il raggiungimento e il mantenimento della pace. Un saggio (Guido Buffo, Aikido. Una via dello spirito, 1998), citato da Roberto Antonietti nella documentazione di un suo stage nazionale Fesik (2009) riguardante l’Aikido e la risoluzione dei conflitti, lo conferma. Nel testo viene ricordato che il termine marziale, traduzione italiana del giapponese Bu, assume in Oriente un significato opposto a quello occidentale. Esso infatti: “ … rappresenta l’abilità marziale richiesta per sospendere il combattimento e per renderlo superfluo; in altre parole, la capacità di avere una tecnica marziale tanto efficace da rendere del tutto improponibile l’idea stessa del combattimento … così il Bu esprime tanto il suo aspetto esteriore di attività (bellica o militare) quanto il suo scopo ultimo (l’ottenimento della pace).”
La maggiore flessibilità consente di ascoltarsi e di conseguenza di capire meglio anche l’altro.
Così Fossati ha pensato di ideare dei corsi basati sui loro principi, ma adatti anche a principianti o comunque non esperti, tenendo conto anche della presenza di eventuali disabilità. Il metodo non l’ha sviluppato da solo, ma con la collaborazione di psicologi, counselor e coach, italiani e stranieri, tanto che tiene regolarmente seminari sul tema anche all’estero.
All’interno delle lezioni – che durano circa un’ora e mezza – le classi e, quindi, le coppie, non sono omogenee né per tipo né per età. Non tutte indossano il kimono, ma tutte sono a piedi nudi sul tatami. Non sono obbligate a raccontare davanti agli altri le loro esperienze, spesso anche molto dolorose. L’allenamento si svolge nel più completo silenzio.
Semplicemente, durante gli esercizi scatta una molla di auto aiuto, per cui i componenti della coppia riescono a trovare da soli la propria soluzione.
Ogni lezione comincia con una serie di esercizi di riscaldamento. In questa fase i movimenti servono a sciogliere le articolazioni e rendere il corpo più flessibile, perché la maggiore flessibilità consente di ascoltarsi e, di conseguenza, di capire meglio anche l’altro nel qui e ora.
Successivamente, l’insegnante mostra le diverse tecniche e le coppie si alternano nella simulazione di attacchi e difesa, scambiandosi continuamente i ruoli.
È opinione del Maestro Fossati che le relazioni oggi abbiano fine soprattutto per la mancanza di attenzione e di tempo da dedicare al rapporto in se stesso. Ovvero, la routine del quotidiano spegne la passione e fa vacillare l’armonia. L’Arte della Pace si rivela molto utile in questi casi, perché insegna alla coppia a percepire la ‘presenza’ dell’altro attraverso il movimento del corpo, senza preconcetti o pregiudizi che possano minare la comunicazione.
Anche a fronte di situazioni fortemente compromesse, come in presenza di un tradimento o altro evento che ha provocato una crisi – dalla perdita del lavoro alla nascita di un figlio, per quanto possa sembrare paradossale – l’Arte della Pace può essere d’aiuto per capire quali e quanti segnali sono stati ignorati o sottovalutati e, di conseguenza, le ragioni che hanno portato il partner a tradire o a chiudersi “a riccio”, a eclissarsi. La consapevolezza delle cause della crisi può ristabilire l’armonia di coppia, che significherà restare insieme convintamente oppure lasciarsi, ma senza rancori.
Se poi sono coinvolti dei figli, essi rischiano di essere “tirati per la giacchetta” e di dover prendere le parti di uno o dell’altro genitore, soffrendone molto. In questi casi si può abbinare a quella degli adulti la pratica dell’Arte della Pace da parte dei figli, per migliorare le dinamiche familiari.
Insegna alla coppia a percepire la ‘presenza’ dell’altro attraverso il movimento del corpo, senza preconcetti.
Fondamentali sono le analisi, le interpretazioni dei movimenti e la fluidità del respiro, la ricostituzione dell’unità corpo-mente così trascurata nella frenetica vita di oggi. Come spiega la psicoterapeuta Mariavittoria Giusti, spesso chi è in coppia dimentica che si “danza” insieme e che il ritmo dovrebbe essere lo stesso. Secondo la Dott.ssa Giusti, l’Aikido offre ai partecipanti la possibilità preziosa di ascoltare se stessi e, allo stesso modo, di confrontarsi, esprimendo anche con i movimenti del corpo quello che nel rapporto non funziona. Compresa la paura di affrontare i problemi relazionali, che fa restare bloccati al sogno dell’innamoramento perpetuo e non permette un’evoluzione della storia. Cosa che potrebbe anche voler dire affrontare una separazione consapevole, temporanea o definitiva, nel pieno rispetto di se stessi e dell’altro.