Il karate non si deve adattare a crisi e pandemie e, soprattutto, non si ferma, perché “karate no shugyo wa issho de aru”, il karate si pratica tutta la vita.
Immaginate di aver raggiunto la cima d’una montagna, di aver percorso gli ultimi metri strisciando per quanto è stato intenso e lungo lo sforzo. Appena compiuto l’ultimo passo alzate lo sguardo, desiderosi e curiosi di godervi il panorama, ma, all’improvviso qualcuno spegne la luce. Rimanete al buio. Senza luce non solo non potete godervi la meta che avete raggiunto, ma non sapete come muovervi, se fare un passo avanti o indietro. Rimanete talmente spiazzati dalla situazione surreale in cui vi trovate che non c’è spazio né per la rabbia, né per la delusione.
Ecco come mi sono sentito io, e tutti quelli che mi hanno aiutato, quando al termine di un lungo lavoro di organizzazione, preparazione e allestimento per il Trofeo delle Regioni 2020, mi sono visto vanificare in pochi minuti il lavoro di settimane e questo qualche istante prima del saluto di inizio.
Ho potuto comunque apprezzare tutto il viaggio e fare tesoro delle persone che ho incontrato e delle esperienze che ho avuto.
Era la domenica mattina del 23 febbraio scorso al Playhall di Riccione (RN), quando parte della Commissione Tecnica e Arbitrale della Fikta – perché una parte era già dovuta rientrare a causa dell’emergenza per il Corona virus – si trovava a dover prendere una decisione difficile, una delle più delicate, e senza precedenti.
Dopo lunghi minuti di discussione fra maestri e arbitri, combattuti tra il non voler rinunciare a una gara già pronta, per la quale in molti avevano dovuto sostenere spese di trasferta, e il voler salvaguardare la salute degli atleti, si è giunti alla decisione più sofferta: annullare la gara.
Non c’erano ancora ordinanze chiare, perché era il periodo dei primi casi di contagio accertati, per cui i dubbi erano tanti, ma avremmo avuto conferma nei giorni seguenti che si sarebbe rivelata la scelta giusta.
Il bilancio di questa mia prima volta nell’organizzazione di un evento nazionale potrebbe sembrare catastrofico. È vero che, raggiunta la cima di questa montagna, questo imprevisto mi ha impedito di godermi i risultati, ma visto che non sono uno a cui piace fermarsi per ammirare il panorama, ho potuto comunque apprezzare tutto il viaggio e fare tesoro delle persone che ho incontrato e delle esperienze che ho avuto.
Il bello di queste imprese è che nulla si fa da soli. Per questo evento, oltre alla collaborazione con il M° Perlati, la Federazione, la segreteria, il Comitato Regionale con i quali ho avuto già tante esperienze positive, ho anche avuto modo di rivedere al mio fianco le palestre di Santarcangelo e di Pesaro, persone con le quali non avevo contatti da anni, ma che mi hanno dato un grande aiuto in questa missione. E poi ho potuto conoscere da vicino due grandi persone, il M° Polello e il M° Malengo, i quali, oltre ad avermi messo a disposizione la loro esperienza nell’organizzazione di gare di questo livello, si sono dimostrate due uomini di grande gentilezza e disponibilità.
In molti mi hanno dato conforto per l’esito negativo di questo evento. La delusione in realtà è durata poche ore, giusto il tempo di smontare l’allestimento nel palazzetto e recuperare dalla stanchezza. Ma c’è qualcosa che ancora oggi mi lascia un peso addosso: il non avere potuto ripagare con la soddisfazione di vedere il successo della manifestazione le decine di persone che si sono messe a mia disposizione, i volontari che mi hanno dedicato tempo ed energie, e i miei allievi che si sono allenati per mesi. Questo è stato il mio unico grande dispiacere.
Noi abbiamo trovato forza nelle stesse frasi che ci siamo sempre ripetuti negli allenamenti.
Dopo qualche giorno, il tempo di capire la realtà di questa nuova situazione, mi sono messo subito in moto con il M° Arcangeli, che collabora con me nei corsi, e con i nostri insegnanti, per non perdere i contatti con i nostri allievi e per mantenere vivo in loro l’interesse e la passione verso il karate.
Abbiamo lavorato, come hanno fatto in tanti, sfruttando le potenzialità di internet e dei social media, ci siamo confrontati e abbiamo deciso di lavorare su 2 fronti.
Il primo, quello tecnico e pratico, si è incentrato sul ripasso delle tecniche e il mantenersi in allenamento. Abbiamo iniziato con l’utilizzo di video registrati in casa e messi a disposizione degli allievi sul nostro canale youtube e di schede di allenamento, suddivise per cintura, che facevano riferimento agli esercizi mostrati nei video stessi. Dopo questo primo metodo, visto il prolungarsi dell’isolamento, abbiamo sentito la necessità di ritrovare il contatto con gli allievi e così le lezioni a senso unico su youtube hanno lasciato il posto a video-lezioni in diretta e discussioni via web con alcuni dei nostri gruppi di allievi e di genitori.
Non abbiamo mai obbligato a seguire le lezioni on-line e a fare “compiti a casa”, pensavamo che potesse essere un peso caricare ragazzi e famiglie di un ulteriore impegno, aggiungendolo allo stress quotidiano di questa situazione. Invece, siamo rimasti sorpresi nel ricevere i ringraziamenti delle famiglie che hanno trovato in questa iniziativa una fonte di svago dai problemi del momento, mentre altri bambini ci inviavano foto e video dei loro allenamenti.
L’altro fronte su cui abbiamo lavorato è quello morale, educativo, quella parte della vita in palestra che abbiamo sempre sostenuto e che ci dispiaceva interrompere in questo momento. Anzi, abbiamo pensato che proprio i valori dello sport e della nostra disciplina potessero essere di grande aiuto in questo delicato momento. Per esempio, abbiamo dedicato una video lezione al Dojo Kun, passando dalla traduzione dei singoli ideogrammi fino al significato delle 5 regole, concludendo con la raccomandazione di mettere in pratica le regole nei momenti di vita quotidiana.
Proprio nel periodo in cui la comunicazione cercava slogan che fossero nuovi e di impatto come #unitiadistanza, #distantimavicini ecc., noi abbiamo trovato forza nelle stesse frasi che ci siamo sempre ripetuti negli allenamenti, proprio a voler evidenziare che le basi per sopportare e superare questa situazione le avevamo già acquisite in palestra.
Il karate ha avuto in questo periodo un grande vantaggio rispetto a tutto ciò che si è dovuto rinnovare e modificare…
Il mondo si è trovato in una situazione completamente nuova e inaspettata. Tutti hanno reagito cercando nuovi modi di condurre la vita e nuovi modi di comunicare. Il karate ha avuto in questo periodo un grande vantaggio rispetto a tutto ciò che si è dovuto rinnovare e modificare per via di questa pandemia. Il karate ci ha sempre insegnato, in ogni allenamento, attraverso secoli di storia, tutti i valori che in questa emergenza sono più attuali che mai. Ci ha insegnato, proprio nel dojo kun, a essere forti di carattere, a essere sinceri e onesti, a non farsi abbattere, a essere rispettosi e ad avere autocontrollo.
Il karate non si deve adattare a crisi e pandemie e, soprattutto non si ferma, perché “karate no shugyo wa issho de aru”, il karate si pratica tutta la vita. Sta a noi avere la forza in questi giorni di indossare ogni tanto il karategi e sentire la forza che il karate ci ha sempre trasmesso.