Matteo Cuscona, direttore amministrativo di una casa di riposo, ci racconta la sua attuale esperienza nella gestione dell’emergenza covid_19.
Ciao Matteo, ci descrivi in cosa consiste il tuo lavoro?
Io sono il direttore amministrativo di una casa di riposo a Cusano Milanino, comunemente definito “coordinatore di struttura” e il mio ruolo, principalmente, prevede di coordinare l’intera struttura nell’ambito Amministrativo. Dopo di me, “a cascata”, vengono il direttore sanitario e lo staff medico, cioè la parte sanitaria organizzata appunto dal direttore sanitario.
Nello specifico, io sono colui che coordina tutto il funzionamento della casa di riposo: dall’ingresso degli ospiti, alle dimissioni, alla turnazione degli assistenti socio-sanitari, infermieristici, la reperibilità dei medici, insomma, tutto ciò che riguarda la parte amministrativa del personale.
La parte più difficile è stata quella di mettere in atto tutte le procedure d’emergenza che si potevano attuare.
In questo periodo di quarantena come avvengono i tuoi spostamenti?
Adesso mi muovo in macchina. Secondo l’ultimo decreto del presidente della regione Lombardia, si dice che le figure non essenziali in campo amministrativo non debbano recarsi al lavoro, ma in questo ambito, dove noi direttori coordiniamo tutta l’energia, siamo fondamentali per il funzionamento corretto della struttura. Siamo noi a dover gestire situazioni di emergenza, anche per quanto riguarda il rifornimento di dispositivi di protezione individuale che, ahimè, in questo periodo non sono di facile reperibilità.
Quante persone alloggiano in questa struttura?
La mia struttura è coordinata in 3 unità di offerta che sono le RSA: residenza socio-sanitaria per anziani, con unità di ricovero permanente, 24 ore su 24, 7 giorni su 7, tutto l’anno, nonché il centro diurno integrato. Quest’ultimo funziona più o meno come una scuola, dal lunedì al venerdì, dalle 8 del mattino alle 18 di sera, dov’è attivo un centro di aggregazione con ospiti che non sono compromessi dal punto di vista sanitario, che sono abbastanza autosufficienti o accompagnati da un parente o dal pulmino. Attualmente però, il diurno è stato chiuso il 9 marzo, per evitare la diffusione dell’epidemia.
Qual è la difficoltà maggiore che affrontate in questo periodo?
Tieni conto che io ho trent’anni e un’anno e mezzo di esperienza come direttore… perciò, mi sono trovato ad affrontare una pandemia con minime armi a mia disposizione e dove nessuno era in grado di garantire una perfetta gestione. Ovviamente, ho avuto grande collaborazione da parte dei miei colleghi e dalla società che ci ha fornito tutti i mezzi necessari per poter lavorare in sicurezza.
La parte più difficile, senza dubbio, è la gestione del personale. Cercare di tranquillizzare tutti quanti, facendo capire loro che noi stiamo svolgendo un ruolo fondamentale in questa emergenza. Certo, noi non siamo in prima linea – sicuramente in prima linea ci sono gli ospedali –, però noi siamo subito dietro di loro, diciamo che stiamo affrontando il “battaglione di difesa”. Anche perchè in ospedale ci vanno i malati, ma noi abbiamo in ricovero dei malati, ed è brutto dirlo, ma anche un “soffio d’aria” può essere pericoloso per noi. Ci sono stati casi con veramente tanti decessi, perché il virus colpisce le persone anziane compromesse e da noi sono proprio in questa situazione, altrimenti, non sarebbero ricoverate qui.
Quindi, per quanto mi riguarda, la parte più difficile è stata quella di mettere in atto tutte le procedure d’emergenza che si potevano attuare. Tutt’ora stiamo studiando per vedere come contenere il contagio e cercare di non far arrivare il virus all’interno della struttura. Stiamo stati un po’ “baciati dalla fortuna”, perché in questo periodo la bravura non basta, perché appunto è sufficiente solo un soffio di vento e il virus arriva.
La parte più dura è stata proprio l’inizio della pandemia, è stata qualcosa di indescrivibile nel senso che non si sapeva proprio come agire. Dove ti muovevi c’era comunque qualcosa che non andava bene, qualcosa da cambiare, qualcosa di nuovo da mettere in pratica. Sono stato sempre a stretto contatto con L’RSPP che mi ha dato forza e sostegno tramite procedure sotto procedure, definizione del personale, riduzione del carico di lavoro per dare spazio all’igiene e alla sanificazione. Ogni cinque giorni arrivava un nuovo decreto che diceva che quello che avevi fatto prima non andava bene, la gestione dei parenti che non potevano entrare…
… la mia particolare forma mentis, sicuramente dovuta all’arte marziale praticata da tanti anni, per cui io non ho mai ceduto al panico.
A questo proposito, quale supporto date ai pazienti che ora non possono ricevere visite?
Abbiamo attivato e potenziato il servizio dello psicologo all’interno della struttura, in quanto abbiamo aumentato i colloqui individuali con gli ospiti per cercare di far loro capire cosa stiamo vivendo. La risposta più classica è bellissima: “Ma noi abbiamo fatto la guerra, cosa ce ne frega del virus?!”. Inoltre, abbiamo attivato un servizio di videochiamate whatsapp, skype e qualsiasi altro mezzo, perché si potessero mettere in contatto con i loro parenti. L’animazione, la psicologa (nostra la coordinatrice) e io stesso, ogni tanto li aiutiamo con le videochiamate, ma lavorare in queste condizioni non è facile.
Un’altra difficoltà di questa quarantena è che anche una parte degli operatori si ammala. Pure questo periodo non è tra i più agevoli, perché siamo nel passaggio di stagione e questa fase ci sta mettendo del suo per farci lavorare in condizioni ancor più pessime. La paura del contagio c’è, ma bisogna mantenere la calma.
Per quanto mi riguarda, giusto una settimana prima della pandemia, mi stavo chiedendo se questo lavoro fosse adatto a me… Poi, parlando con una mia collega mi ha fatto notare la mia particolare forma mentis, sicuramente dovuta all’arte marziale praticata da tanti anni, per cui io non ho mai ceduto al panico.
Oltre alle grosse difficoltà, ci sono anche delle soddisfazioni, dei lati positivi?
La cosa bella è quando finisco un po’ di formazione e vado in consegna reparto a dire come devono agire. Loro sanno che, comunque, io sono reperibile 24h e che mi possono chiamare a qualsiasi ora della notte…
La cosa bella è il semplice “grazie di tutto quello che stai facendo per noi” da parte dell’operatore, come la telefonata o la email del parente che non smette di ringraziarci. Lo dico, ma ci sono anche giornate brutte, come quella di ieri, dove abbiamo ospiti che desaturate, che hanno la febbre alta, dove i medici devono mantenere la calma e su questo sono fantastici, anche perché in ambito sanitario, purtroppo, non ho le competenze per dare una mano. Nell’ambito della sanitaria metto le mie competenze amministrative: come potere effettuare isolamento, un isolamento parziale, di corte, individuale, come gestire le emergenze reparto, questo è il mio compito.
La cosa bella è quando finisce la giornata – come ieri che usciamo distrutti alle 9 di sera, entrati alle 9 del mattino – e il direttore sanitario arriva da me e mi dice: “Matteo, gli ospiti stanno bene, hanno tutti il sorriso in faccia”. Poi ci sono altre volte, per esempio oggi, che invece esco e so che un’ospite è rimasta sotto ossigeno e non satura bene… questo invece è un campanello dall’allarme. Se è febbre o influenza quella, vabbè, passa. Se invece dovesse essere il virus, sai che ci sono 21 ospiti per piano… e penso quanti riusciremmo a salvarne.
Inoltre adesso, le RSA sono messe a dura prova, in quanto la regione ci chiede di andare in aiuto agli ospedali. È stato creato un portale dove registrarci e i nostri posti vuoti ce li hanno bloccati, per cui non possiamo effettuare inserimenti, ma dobbiamo vagliare le domande dei post operatori, degli acuti e di tutti quelli che sono no-covid negli ospedali, per cercare di liberale posti letto negli ospedali che servono appunto per ricoverare pazienti col covid_19.
Come gestisci la tua preoccupazione, la tua ansia?
Io non ti dico che non mi sia mai venuta. Ogni tanto ho la febbre a 37 o il respiro corto quando cammino, ma so benissimo che è per lo stress e per l’ansia accumulata.
La cosa bella è il semplice “grazie di tutto quello che stai facendo per noi”
Ti ringrazio per averci fatto entrare nel tuo mondo lavorativo. Ti faccio un’ultima domanda che riguarda invece la squadra della nazionale: in questo periodo vi siete organizzati in qualche modo, vi sentite tra voi?
Noi ci sentiamo spesso, soprattutto in questi ultimi giorni, in quanto comunque a marzo avremmo dovuto fare due ritiri, ma sono saltati. Eravamo tutti pronti a vederci, ma – come si dice ora “distanti, ma uniti” – ci sentiamo lo stesso quotidianamente, perché siamo tutti in una stessa chat di gruppo.
Io neanche riesco a fare uno squat e, probabilmente, crollerei a terra!
Però, so che qualche compagno della Nazionale trova del tempo, tramite lo smart working a casa, e un po’ di allenamento riescono sicuramente a farlo, perché nel momento in cui ripartiremo non si potrà avere la scusa del “Sono stato fermo”, bisognerà ripartire a mille!