Una nuova “arte marziale”, nata a Genova, in grado di aiutare i ragazzi a sconfiggere i bulli da tastiera diventando “guerrieri digitali”.
La curiosità e la voglia di approfondire il tema sono state originate dalla notizia recente di un intervento di esperti di questa nuova disciplina, lo Zanshin Tech, presso un istituto superiore di Campobasso, su richiesta di presidenza e docenti.
Davvero un’arte marziale digitale – creata in Italia peraltro, da un programmatore che è stato praticante di judo per molti anni, Claudio Canavese – può permettere di fronteggiare con successo gli attacchi dei cyberbulli, che tanto sconquasso e conseguenze negative comportano nella mente e nel fisico di ragazze e ragazzi, a volte fino al suicidio?
Insegna a navigare con tranquillità sul web e, contemporaneamente, a difendersi da adescamenti.
Lo Zanshin Tech mette insieme i valori e le tecniche tipiche delle arti marziali orientali, non violenza, rispetto verso se stessi e gli altri, concentrazione, disciplina, lavoro di gruppo, con le più avanzate conoscenze della cybersecurity: sicurezza in rete, sui social ecc. Ovviamente, iniziando con conoscenze di base sull’utilizzo di hardware e software, in particolare delle applicazioni che possono essere utilizzate per tutelarsi. Perché sapere è già una forma di prevenzione e di autodifesa.
Si tratta di un addestramento, adatto a partire dagli 11 anni in poi, che insegna a navigare con tranquillità sul web e, contemporaneamente, a difendersi da adescamenti a sfondo sessuale e altri tipi di molestie digitali.
Zanshin è una parola giapponese che indica lo stato di vigilanza attiva e serena che il praticante di arti marziali deve avere prima, durante e dopo un’aggressione: è cosciente di tutto ciò che avviene e lo circonda, ma pur provando rabbia o paura, agisce comunque senza lasciarsene travolgere.
Imparare questa disciplina richiede un percorso piuttosto lungo, svolto di solito in sessioni di un’ora e mezza a settimana, per un totale di 122 ore a fine corso. Le sedi debbono essere dotate delle attrezzature necessarie per questa pratica: computer – perché le tastiere sono in effetti i nuovi tatami – tavoli, sedie, ma nulla vieta che si tratti di un dojo vero e proprio.
Il supporto di un gruppo di amici veri e con le stesse motivazioni può risultare determinante.
Le classi sono piccole, non più di 15 alunni alla volta, e omogenee per fascia d’età, perché il supporto di un gruppo di amici veri e con le stesse motivazioni può risultare determinante nell’affrontare vittoriosamente le aggressioni. Gli insegnanti che lavorano nelle classi sono suddivisi per grado: Allenatore, Istruttore, Maestro, a seconda dell’esperienza. Essi ricevono la licenza di insegnamento direttamente dal Caposcuola, ovvero la figura che incarna lo Zanshin Tech, vigila sulla corretta trasmissione del metodo e delle nozioni, rilascia i gradi e i diplomi.
Alcuni dei docenti possono essere nominati rappresentanti ufficiali dello Zanshin Tech e quindi hanno facoltà di parlare e intervenire a nome di tutta l’organizzazione della disciplina. Esiste addirittura un percorso di certificazione, riconosciuto dal MIUR – Ministero dell’Istruzione – che abilita alla consulenza come mediatore esperto in cyberbullismo.
In classe gli allievi vengono guidati a riconoscere i meccanismi tipici del cyberbullismo, dell’adescamento, delle truffe online o del cyberstalking, attraverso l’analisi di casi realmente avvenuti e l’individuazione delle tecniche di attacco utilizzate dagli aggressori. Che poi sono esattamente le stesse che si ritrovano nelle arti marziali più note. Tutto ciò sempre continuando a rispettare le Regole del Dojo, fra cui la principale è: non usare quello che stai imparando per fare a tua volta del male e mai attaccare per primo.
Da qui si parte per elaborare le contromosse e far sì che gli attacchi non costituiscano un problema. Né a livello pratico né a livello emotivo. A questo proposito, diversamente dal luogo comune imperante nel racconto mediatico, qui nessuno parla mai di ‘vittime’ bensì di bersagli; vittima è solo chi si presta al gioco dell’aggressore e si arrende.
Qui nessuno parla mai di ‘vittime’ bensì di bersagli…
Nei livelli successivi al primo, lo Zanshin Tech diventa anche Peer Education: gli allievi imparano a insegnare ai novizi e a collaborare coi maestri e con i più grandi, assumendosi sempre maggiori responsabilità.
I praticanti di Zanshin Tech vengono chiamati Guerrieri Digitali e il loro livello di abilità è rappresentato da un braccialetto di paracord – il materiale usato per fabbricare i paracadute – colorato, l’equivalente della cintura delle altre arti marziali. Si va dal bianco al nero; al suo interno però la sequenza riprende quella dei colori dei fili che compongono un cavo Ethernet. Il massimo livello è il 6° Dan.
Chiunque fra i praticanti può proporre al Caposcuola modifiche tecniche o metodologiche allo Zanshin Tech, che si dimostra essere un’arte marziale democratica e al passo coi tempi, perché in questo modo riesce a recepire i frequenti cambiamenti in atto nella società e nei contesti digitali.
Stranamente, nonostante l’attualità di questo insegnamento, all’inizio lo Zanshin Tech non ha riscosso gran successo da parte delle istituzioni scolastiche, alle quali venivano proposti seminari nell’ambito delle assemblee degli studenti. Ora che si è capita la vastità del fenomeno cyberbullismo, le richieste sono tantissime e quindi il numero dei corsi e dei frequentanti è decisamente aumentato. Anche fra gli adulti, nonni compresi.