È necessario essere consapevoli che il nostro KI lo attingiamo dall’ambiente, come quando il M° Shirai dice di attingere energia dal pavimento come le radici delle piante.
L’argomento è stato lungamente trattato in questi anni e altrettanto a lungo si è dibattuto per darne non solo una definizione, ma anche per capire se realmente esiste e se viene utilizzato nel modo giusto. Cercherò di trattare l’argomento da una prospettiva diversa rispetto ai miei predecessori, ovviamente però alcuni riferimenti saranno simili.
Si potrebbe partire anche semplicemente dalla definizione di Kime riportata da Wikipedia: “Il Kime, nella pratica delle arti marziali Giapponesi, può essere definito come la contrazione massima di tutto il corpo, ovvero una contrazione isometrica di ogni singolo distretto muscolare. Quando si esegue una tecnica e si adopera il Kime, tutto il corpo si contrae al massimo in modo da riuscire a sfoderare molta potenza, sia per tecniche d’attacco, sia per parate, sia per assorbire colpi che non si sono riusciti a parare. Il Kime è sempre accompagnato dalla respirazione Ibuki e spesso sfocia in un Kiai”.
Un’esecuzione precisa di una tecnica o di una sequenza di tecniche non è solo qualcosa di meramente fisico.
Chiedo scusa in anticipo, ma questa è una definizione abbastanza “insipida”, tiene conto di aspetti meramente fisici o, perlomeno, dà per scontati alcuni altri aspetti che fan sì che quello che poi si vede coincida con l’utilizzo del Kime. Un’esecuzione precisa di una tecnica o di una sequenza di tecniche non è solo qualcosa di meramente fisico (anche perché molto probabilmente non mi sarei innamorato delle arti marziali e in particolare del Karate Shotokan Tradizionale), ma quello che intendo dire è contenuto nel concetto di Shin Ki Tai, dove Shin sta per mente, Ki energia/spirito e Tai per tecnica. Allora, che cos’è realmente il Ki (o Qi o Chi in cinese)? Perché parlare del Kime vuol dire che si sa cos’è il Ki e come va usato.
Uno studio interessante è quello collegato proprio alla Medicina Orientale e, in particolare, alla Medicina Tradizionale Cinese. Citiamo solamente le origini che si rifanno al pensiero di Lao Tse (o Lao Tzu) contenute nel Tao te Ching e ad altri autorevoli testi della cultura cinese quali: il Yi Jing (Libro dei Mutamenti), il Su Wen (Domande Semplici), il Lei Jing (Classico delle Categorie), il Nan Jing (Classico delle Difficoltà), il Ling Shu Jing (Il Perno Spirituale), il Jin Gui Yao Lue Fang Lun (Discussione sulle Prescrizioni della Camera Dorata), il Shang Shu Da Chuan (“Biografia del Libro di Shangai” testo che risale alla dinastia Han, 206 a.C. – 24 d.C.). Fermiamoci qui, perché i testi di riferimento sono veramente tanti, si è riusciti a risalire a riferimenti di almeno 1000 anni a.C.
Se ne deduce che tutto nasce dal Tao (o Dao): “Qualcosa di misterioso e di perfetto esisteva prima della nascita del cielo e della terra. Silente, incommensurabile, solitario, immutabile, in continuo movimento, è la madre dell’universo noto e di quello ignoto”. [1]
Per poi proseguire con Yin e Yang e tutto ciò che esiste: “Il non-essere dà origine all’unità. L’unità dà origine allo Yin e allo Yang. Lo Yin e lo Yang danno origine al cielo, alla terra e agli esseri. Il cielo, la terra e gli esseri danno origine a tutto ciò che esiste”. [2]
Il “tutto ciò che esiste” è contenuto nella teoria dei “Cinque Elementi” o “Cinque Movimenti” sui quali il libro Shang Shu (Numero di Shang) scritto durante la dinastia Zhou (1000-771 a.C.) dice: “I 5 Elementi sono Acqua, Fuoco, Legno, Metallo e Terra. L’Acqua scorre verso il basso umidificando, il Fuoco divampa verso l’alto, il Legno può essere piegato e raddrizzato, il Metallo può essere modellato e temprato, la Terra permette la semina, la crescita e il raccolto”. [3] Da qui nasce tutto lo studio relativo alle stagioni, ai colori, ai sapori, agli animali, agli organi, alle emozioni, ai suoni e via dicendo. Non è questa la sede per approfondire oltre questo tema, ma se qualche lettore desiderasse saperne di più io sono a disposizione.
Secondo tutta la cultura orientale il fulcro del corpo umano è il Tanden o Hara (o Dantien in cinese) e secondo Lao Tse “Il Qi primordiale che circonda il dantien (un punto situato appena sotto l’ombelico) dura in eterno se adeguatamente preservato. A tale scopo è necessario assorbire il Qi celeste col naso e il Qi terrestre con la bocca. L’assorbimento avverrà molto lentamente, profondamente e in modo uniforme”. [4]
Tutto lo studio delle Arti Marziali tradizionali, sia interne che esterne, ha come obiettivo preservare il Qi dell’organismo umano – o perlomeno di far sì che se ne faccia buon uso durante tutta la vita e in tutte le situazioni – e dall’ultima citazione si comprende l’importanza del Tanden.
Siamo giunti al punto centrale del discorso: se il Qi e il Ki sono la stessa cosa vediamo di cosa si tratta. L’ideogramma cinese del Qi indica qualcosa che è allo stesso tempo materiale e immateriale. Letteralmente la prima parte dell’ideogramma significa “vapore” mentre la seconda parte “riso” (non cotto). Questo indica chiaramente che il Qi può essere rarefatto e immateriale come il vapore, denso e materiale come il riso. Ciò indica altresì che il Qi è una sostanza “sottile” (vapore, fumo) che deriva da una materiale (riso) così come è il vapore prodotto dal riso che cuoce.
Il termine Qi è stato tradotto in molti modi: energia, forza materiale, materia, etere, materia-energia, forza vitale, potenza vitale, potenza in movimento.
… quello che intendo dire è contenuto nel concetto di Shin Ki Tai, dove Shin sta per mente, Ki energia/spirito e Tai per tecnica.
Vista perciò la mutevolezza della sua natura, a seconda della sua manifestazione, risulta molto difficile tradurre la parola Qi. Di seguito alcuni passaggi che possono essere spunto per una valida meditazione sul termine Qi.
Xun Kuang (313-328 circa a.C.) disse: “L’Acqua e il Fuoco hanno il Qi ma non la vita, le piante e gli alberi hanno la vita ma non la conoscenza, gli uccelli e gli animali hanno la conoscenza ma non il senso di cosa è giusto”. [5]
Lo Huai Nan Zi (122 circa a.C.), un testo taoista, afferma: “Il Tao ha origine dal Vuoto e il Vuoto produce l’Universo. L’Universo produce il Qi…”. [6]
È quindi chiaro che per questi antichi studiosi la vita e la morte stesse non sono altro che un’aggregazione o una dispersione di Qi.
Wang Chong (27-97 d.C.) disse: “Il Qi produce il corpo umano, allo stesso modo in cui l’acqua diventa ghiaccio. Come l’acqua si coagula in ghiaccio, così il Qi si condensa e forma il corpo umano. Quando il ghiaccio si scioglie diventa acqua. Quando una persona muore, diventa spirito di nuovo. È chiamato spirito, come il ghiaccio sciolto cambia il suo nome in acqua”. [7]
Nel Su Wen al capitolo 25 si dice: “Un essere umano risulta dal Qi del Cielo e da quello della Terra… L’unione del Qi del Cielo e di quello della Terra è chiamata essere umano”.[8]
Nel nostro organismo abbiamo diverse “forme” di Qi. Secondo il ragionamento e l’esperienza cinesi seguiti fin qui, abbiamo le seguenti forme di Qi nel nostro corpo: la Yuan Qi (Energia Ancestrale), la Gu Qi (Energia Alimentare), la Zong Qi (Energia Motrice o Energia Essenziale), la Zhen Qi (Energia Vera. È il Qi che circola nei meridiani e nutre gli organi), Ying Qi (Energia Nutritiva) e la Wei Qi (Energia Difensiva).
Le funzioni fondamentali del Qi sono quelle di trasformare, trasportare, trattenere, alzare, proteggere e scaldare. Con questo abbiamo la conferma che il Qi è fondamentale per i processi e le azioni che avvengono nell’organismo umano.
Il Qi trasforma, ciò significa che tutte le reazioni chimiche e le funzioni biologiche sono possibili per la “potenza” del Qi. Il Qi trasporta, vuol dire che veicola tutte le varie sostanze trasformate nei diversi apparati. Il Qi trattiene, vuol dire che fa sì che tutti i liquidi corporei vengano trattenuti nei rispettivi presidi (es. il sangue nei vasi sanguigni, l’urina nella vescica ecc.). Il Qi alza, significa che sostiene gli organi e permette il loro giusto funzionamento. Il Qi protegge, difende l’organismo dai fattori patogeni esterni. Il Qi scalda, vuol dire che ha il compito di scaldare tutto il corpo.
Anche in questo caso mi fermo, rimanendo a disposizione per maggiori approfondimenti riguardo alle varie “forme” di Qi nel nostro organismo e a come avvengono nel nostro corpo le funzioni fondamentali del Qi secondo la Medicina Tradizionale Cinese.
Da tutto ciò si evince che se il Qi è soggetto a una “patologia” il nostro organismo non lavora bene. Se il Qi è carente abbiamo una condizione di “vuoto del Qi” e quindi si tende a una condizione generale di debolezza del nostro fisico. Se il Qi è “affondato” c’è il rischio che si verifichi un prolasso degli organi. Se il Qi è “stagnante” vuol dire che il Qi ristagna e non circola, col rischio che un organo non riesca a svolgere le proprie funzioni. Il Qi “ribelle” si ha quando l’energia (Qi) fluisce nella direzione sbagliata, ad esempio se il Qi dello stomaco non riesce a discendere, ma va verso l’alto, si hanno nausea e vomito; se l’energia (Qi) della milza non fluisce verso l’alto, ma si dirige verso il basso, si avrà dissenteria.
Fatta questa lunga premessa, riguardo al pensiero che sta alla base della cultura orientale la natura del Qi e le sue funzioni, è possibile fare ora un collegamento diretto con il Ki del Karate Shotokan Tradizionale. Per poter realizzare la condizione di kime è necessario indirizzare tutta l’energia nel punto dove avviene l’impatto (es. col makiwara) o dove si presume ci possa essere un ipotetico impatto (es. eseguendo un Kata). Quindi, portare tutto il proprio Ki vuol dire “spostare” tutta la sua energia in una ben precisa direzione. Sono indispensabili: consapevolezza, concentrazione, determinazione e preparazione fisica, oltre che ovviamente alla tecnica.
È necessario essere consapevoli che la nostra energia, il nostro Ki o Qi, l’attingiamo dall’ambiente circostante e qui mi piace pensare alla partenza del Kata Kankudai o quando il Maestro Shirai ci dice di attingere energia dal pavimento come le radici delle piante. Lo utilizziamo nel giusto modo quando usiamo la giusta respirazione, i giusti tempi di inspirazione ed espirazione.
L’ideogramma cinese del Qi indica qualcosa che è allo stesso tempo materiale e immateriale.
Importante è anche conoscere come “funziona” il proprio fisico, ad esempio nelle fasi di contrazione/decontrazione a livello muscolare, e alla giusta esecuzione della tecnica o dello spostamento (legato a un discorso di dinamica e di transizione). Da tutto questo non bisogna dimenticare la determinazione e l’attenzione che noi chiamiamo Zanshin, il giusto atteggiamento. In aggiunta possiamo anche citare la giusta alimentazione per la Gu Qi e il giusto “pensiero” tramite la Meditazione.
A questo punto il “cerchio si chiude” e spero di aver dato un contributo a comprendere l’origine e il significato dell’utilizzo del Ki, in modo da poterlo utilizzare nel modo più consapevole possibile e, soprattutto, per farlo fluire nel nostro organismo in modo naturale, perché possa risultare utile per il nostro benessere psico-fisico. Cercando di non “incappare” in una delle quattro “patologie” del Qi sopra citate, col rischio di danneggiare il nostro organismo.