A Casa dei Carraresi a Treviso la mostra “Giappone. Terra di geisha e samurai”
Di Tommaso Pesa
Fino al 30 giugno Treviso ospita un viaggio nella cultura giapponese attraverso le figure più rappresentative della sua secolare tradizione
Un viaggio lungo quasi seicento anni, che racconta il fascino della lontananza di un mondo che non si è mai discostato dalla “Via degli Dei”, lo Shinto, la dottrina religiosa e filosofica che fin dalla notte tempi lega, in un tutt’uno, il popolo del Sol Levante alla propria terra. È il viaggio idealmente riprodotto dalla mostra “Giappone. Terra di geisha e samurai”, in programma fino al 30 giugno 2019 a Casa dei Carraresi a Treviso, che utilizza le due figure più rappresentative della tradizione nipponica, le bellissime dame dai volti incipriati e gli invincibili guerrieri, come chiavi terrene di accesso ad un mondo, quello della cultura giapponese, intriso di spiritualità.
L’esposizione mette in luce il valore iconico delle geisha come figura ideale di bellezza femminile.
La mostra, prodotta da Artika e curata da Francesco Morace espone, attraverso sette sezioni, 115 manufatti provenienti dal fondo privato del collezionista trevigiano Valter Guarnieri, collocabili in un periodo temporale compreso tra il XIV secolo e i primi del Novecento, agli albori della modernità del Giappone e alle sue prime contaminazioni con la cultura occidentale.
Geisha e samurai, figure di perfezione
Ad aprire il percorso espositivo è la sezione dedicata alle geisha, le raffinatissime dame di corte che, lungi da certa rappresentazione che ne ha dato il mondo occidentale, sono esponenti di una casta di elevata cultura poetica e musicale. Depositarie di una tradizione risalente al periodo Heian (794-1185), sono donne colte, incaricate di intrattenere i dignitari del più alto rango e di dirigere il rituale del cha no you, la Cerimonia del Tè. Tra kimono finemente istoriati del 1500 e 1600, raffigurazioni su paraventi, rotoli, xilografie e altri oggetti di uso quotidiano, come specchi e piastrine decorative, l’esposizione mette in luce il valore iconico delle geisha come figura ideale di bellezza femminile.
… i samurai si identificano con la spada che custodisce la loro stessa anima.
Allo stesso modo i samurai incarnano un altro modello di idealità. Nella sezione a loro dedicata, spiccano tra i vari oggetti la serie di armature del 1600 e una katana originale con lama del XIII secolo, che è il vero simbolo della classe militare giapponese. Esponenti della casta aristocratica dei guerrieri, che dominò il paese tra il XII e il XIX secolo, i samurai si identificano con la spada, che custodisce la loro stessa anima. Così come la katana è il prodotto di una lavorazione artigianale perfetta, sono tenuti a coltivare la propria perfezione sia in ogni tecnica di combattimento, con le armi o a mani nude, sia nell’osservanza del bushido, il rigido codice d’onore cui è soggetto ogni samurai, sia infine nella pratica delle arti, in particolare la calligrafia, in cui sono necessari anni di studio per l’apprendimento dei kanji e soprattutto per la loro raffigurazione con pennello e inchiostro, eseguibile in un unico, infallibile gesto.
Dal quotidiano al paesaggio, la ricerca dello spirito nella natura
Dal mondo degli uomini, la mostra procede a quello, affollatissimo, degli dei, cui è dedicata una sezione di dipinti nel formato del rotolo verticale raffiguranti Daruma, il mitico fondatore del Buddhismo Zen.
Si passa, quindi, agli oggetti della quotidianità della società nipponica, con la sua predilezione per le micro-sculture, di cui si ammirano esempi di accessori legati al consumo del fumo di tabacco.
Un’altra sezione mette in mostra raffigurazioni delle storie tradizionali e dei temi legati alla letteratura, ma il clou del percorso è riservato al rapporto tra i giapponesi e la natura, indagato attraverso una serie di opere realizzate tra Otto e Novecento, quando dopo oltre due secoli di consapevole isolamento, il paese decise di aprirsi al mondo.
L’arte giapponese va apprezzata con occhi diversi da quelli cui siamo abituati noi occidentali.
Oltre alla fotografia d’autore, tecnica che i giapponesi furono incoraggiati ad apprendere dall’interesse degli stranieri ad acquistare souvenir di quel paese misterioso e bellissimo, la mostra raccoglie una selezione di dipinti di paesaggio su paraventi e su rotoli verticali. Vedute di dolci colline, insenature del mare e cascate, come quelle immortalate nelle celebri xilografie di Katsushika Hokusai, che nella seconda metà del XIX secolo sedussero artisti europei del calibro di Manet, Monet, Gaughin e Van Gogh.
«L’arte giapponese va apprezzata con occhi diversi da quelli cui siamo abituati noi occidentali – spiega Valter Guarnieri, che alla Mostra di Treviso espone solo una piccola parte della sua collezione – La rappresentazione della cascata, ad esempio, un soggetto ricorrente nella storia dell’arte nipponica, offre alla nostra contemplazione l’immagine del mondo fluttuante: una naturale successione di pieni e di vuoti, di rumore e silenzio, che attraverso lo sguardo coinvolge i nostri sensi e la nostra mente mettendoci a contatto con lo spirito della natura».
Che ci riporta, in altre parole, su quella “Via degli Dei” che conduce all’essenza autentica della cultura giapponese.