Alcune riflessioni di un Maestro e Ufficiale di Gara Fikta sul karate visto al Campionato Centro Sud.
Nel 2009 il Maestro e amico Claudio Rende organizzò il primo Campionato Italiano Centro Sud della FIKTA, proprio qui, a Corigliano Calabro. All’epoca, il Karate Tradizionale, pur essendo nelle singole regioni del Centro e Sud Italia più che sufficientemente sviluppato, non era quel movimento strutturato, ampiamente sperimentato e organizzato che è oggi.
Di quella prima e storica edizione ricordo con infinita tenerezza le lacrime finali di Claudio, abbracciato dal M° Perlati, dopo le premiazioni. Erano lacrime di gioia per un grande evento perfettamente riuscito, del quale un po’ tutti rimanemmo piacevolmente impressionati, e dal cui risultato trovammo la forza e la convinzione nei nostri mezzi per intraprendere le successive edizioni, fino ad arrivare a organizzare gli “Assoluti” 2018 a Ostia, Roma, in casa Fijlkam.
Nel frattempo Claudio purtroppo se ne è andato via, facendo l’altra cosa che amava di più nella vita, oltre al Karate e naturalmente alla sua famiglia, volare.
… ricordo con infinita tenerezza le lacrime finali di Claudio abbracciato dal M° Perlati…
In questi due giorni, tuttavia, la presenza di questa grande persona è sempre stata più che tangibile, indipendentemente dalle sue tante immagini affisse nel palazzetto dello sport di Corigliano Calabro, ed è stato un dolce ricordo per moltissimi di noi.
Il minuto di raccoglimento in suo favore, la mattina all’inizio della manifestazione, è stato veramente molto sentito ed espressione della grande gratitudine che dobbiamo tutti noi, Ufficiali di gara, atleti e dirigenti del Karate FIKTA del Centro Sud Italia alla sua persona e soprattutto anima.
La partecipazione degli atleti è stata inferiore alle precedenti edizioni, credo che gli effetti del difficile momento economico vissuto dall’Italia abbia determinato un deterrente negativo, associato alla possibilità di accedere agli Assoluti che si terranno il 2 giugno a Veroli, nel Lazio, anche tramite le selezioni regionali.
Per il commento tecnico, mi sento di riportare i giudizi raccolti da molti miei colleghi arbitri e da me più che condivisi.
Cominciamo ad assistere alla comparsa di atteggiamenti e comportamenti degli atleti non consoni al Karate che ci è stato insegnato dal Maestro Shirai, tanto nelle gare di Kata, quanto e soprattutto nel Kumite.
La frequentazione di altri ambiti del Karate Sportivo può essere per i nostri atleti una fonte di evoluzione, ma dovrebbe essere correttamente interpretata onde non disperdere il valore acquisito in oltre cinquant’anni di pratica sportiva del Karate Tradizionale.
Se questo fenomeno sia positivo o negativo nel bilancio della possibile evoluzione della nostra disciplina, forse è troppo presto per dirlo. Tuttavia, da Medico, Maestro e Ufficiale di Gara, mi sento di dire, a titolo del tutto personale, che la ricerca della velocizzazione esasperata delle tecniche del Kata non sia la giusta strada da seguire per rendere più comprensibile la sua pratica a un pubblico non necessariamente settoriale.
Bisognerebbe invece, come per qualsiasi attività sportiva, passare per lo studio e l’applicazione di nuove metodologie di allenamento delle capacità condizionali, evitando di destrutturare i ritmi tradizionali del Kata.
Questo esercizio dovrebbe veicolare i contenuti più elevati del Budō giapponese, espressione di una drammatizzazione concettuale riconducente alla lotta, in genere mortale, fra Samurai, con ciò esaltando al massimo l’aspetto di Zanshin, Ikken Hissatsu e Todome, veri elementi differenzianti le arti marziali giapponesi dagli sport da combattimento occidentali, concepiti in un’ottica di natura prevalentemente sportivo-agonistica.
Nel Kumite cominciamo ad assistere alla comparsa di gestualità già presenti nel Karate di tipo esclusivamente sportivo, quali le prese al busto o addirittura alle gambe allo scopo di neutralizzare gli attacchi dell’avversario. Mi è sembrato anche di assistere a un’accentuazione di taluni atteggiamenti, per il momento circoscritti, di tipo “utilitaristico” da parte di atleti in vantaggio, onde amministrare il risultato e conseguire la vittoria a qualsiasi costo.
Anche questo fenomeno mi sembra rappresenti una deriva pericolosa per il nostro Karate. Ciò non vuol dire che il Karate Tradizionale si debba necessariamente chiudere in se stesso, rigettando le innovazioni ritenute realmente utili al miglioramento della comprensione della sua vera natura e portata da parte del pubblico non specializzato.
La partecipazione degli atleti è stata inferiore alle precedenti edizioni.
Credo che si debba compiere un giusto sforzo di comprensione di ciò che realmente può dinamizzare e rendere più spettacolare la pratica sportiva, mantenendo tuttavia salda la visione del messaggio ricevuto dai grandi Maestri giapponesi e italiani che hanno costruito il grande ponte intellettuale fra il mondo culturale marziale giapponese e quello classico occidentale.
La perdita completa di identità culturale non gioverebbe, a mio avviso, a nessuna delle due discipline.
Le Regioni maggiormente rappresentate numericamente sono state, a parte l’ospitante Calabria, il Lazio e la Sardegna che ovviamente si sono anche spartite la maggior parte di titoli e podi in palio.
Da segnalare l’ottima organizzazione del Comitato Regionale Calabro guidato dal Maestro Domenico Francomano sostenuto dagli altri Maestri della sua Regione.