Nel Lazio si è tenuto l’ultimo degli stage sui bunkai del M° Hiroshi Shirai, iniziati nel 2005 e proseguiti fino a oggi.
Quando nell’anno 2000 il Maestro Shirai decise di approfondire lo studio dei bunkai dei kata di stile Shotokan, condividendo il suo lavoro con noi, la conoscenza di questa fondamentale componente del Karate Tradizionale era limitata, almeno per questo stile, alle applicazioni reperibili sui “testi sacri” forniti dalla JKA.
Molti di noi avvertivano in quelle interpretazioni qualcosa di non funzionale, talvolta di artefatto.
L’impatto di questo studio così approfondito e articolato fu per molti di noi veramente illuminante e, in ogni caso, stimolante, ma ci mise di fronte alla necessità di un profondo cambio di rotta nella pratica del Do.
Nel kata bunkai ognuno può sbizzarrirsi a trovare le applicazioni più congeniali al suo livello di conoscenza, capacità tecniche e fisiche, e questo forse autorizza molti a dare delle interpretazioni di tipo funambolico e circense delle sequenze della forma.
Tutto può andare bene, in mancanza di testi specifici ufficiali, a patto che la materia non venga spacciata come dogma.
… il bunkai è la matrice creativa di quelle tecniche di combattimento a mani nude.
In realtà, il bunkai è la matrice creativa di quelle tecniche di combattimento a mani nude che realmente occorrevano in un’epoca in cui la lotta era necessaria per sopravvivere, dalle quali poi sono nati i kata così come li conosciamo oggi e pratichiamo nell’ambito del Karate Do, ovvero il Karate inteso come via di miglioramento e progresso fisico e spirituale.
Parliamo quindi del Karate Jutsu, il Karate praticato quando c’è la necessità di difendere la propria o altrui vita da un pericolo reale e immediato. In queste situazioni sono proprio i piccoli dettagli riguardanti la posizione e la distanza, quasi sempre disuguali da quelle del kata originale, a fare la reale differenza. Ma addentrandosi nello studio di questa affascinante materia ci si rende conto di come, anche le tecniche stesse, per essere realmente efficaci, devono essere portate con modalità del tutto diversa dall’originale. Talvolta addirittura ci si rende conto che l’unica tecnica possibile è completamente dissimile da quella originale. In tutte queste situazioni emerge la matrice arcaica del Karate di Okinawa, il To te, dal quale lo stile Shotokan deriva pur con moltissime variazioni introdotte proprio per renderlo Do: via di miglioramento in un primo momento e poi attività utilizzabile nelle competizioni sportive. In ambo i casi, la tecnica deve essere almeno in parte resa più gestibile in caso di errore umano, tanto nel caso dell’attacco che della parata.
In tutte queste situazioni emerge la matrice arcaica del Karate di Okinawa, il To te.
Questo lavoro, intrapreso stabilmente nel Lazio dal Maestro Shirai nel 2005, si è apparentemente chiuso ieri, dopo quattordici anni. Il Maestro ci ha trovato molto migliorati e ha detto che dobbiamo pensare a qualcosa di nuovo per il futuro; attendiamo con impazienza il nuovo cambio di rotta.
Per il capitolo tecnico, abbiamo studiato l’ennesima variazione di pratica dei bunkai dei kata di Hejan Sho Dan e Go Dan, dettata dal sovraffollamento dell’evento. Infine, una versione del tutto inedita del bunkai del Kata Sochin.
Ringrazio di cuore tutti i partecipanti giunti da un po’ tutta Italia, l’amico Maestro Bernardino Sossi per la consueta squisita ospitalità, i Maestri Ceruti, Torre e Saffioti di cui gli ultimi due hanno dato seguito agli input del Maestro Shirai sul tatami.
Naturalmente, il mio più profondo ringraziamento va al Maestro Hiroshi Shirai per la fiducia accordatami da sempre e in particolare in questo bellissimo percorso, nato per durare nove anni, ma proseguito molto più a lungo.