In Medio Oriente la danza del ventre la praticano anche gli uomini e ha degli aspetti in comune con le arti marziali.
Ottobre è un mese di pieno rientro al lavoro e di buoni propositi: mi iscrivo a un corso di lingue, imparo a dipingere, a suonare uno strumento… O riprendo ad andare in piscina, in palestra…
E se voleste sperimentare qualcosa di nuovo, che è allo stesso tempo antico e tradizionale? Che rilassa, rende il corpo flessuoso e morbido, non fa sudare troppo, diverte e mantiene allegre; offre l’opportunità di indossare costumi coloratissimi e di ascoltare musica affascinante, oltre che regalare effetti benefici a tutte le parti del corpo coinvolte – tanto che è indicato alle donne incinte per migliorare il tono muscolare e lo stato psicologico prima del parto –.
… è in comune col karate, dove ci sono tecniche in cui viene utilizzata una sola parte del corpo, mentre il resto è fermo. Ciò si riscontra soprattutto nel kata.
Insomma, che ne direste di provare la belly dancing?
Non sapete cos’è? Ricordate gli harem, le odalische? Ebbene sì, è la danza del ventre, per dirlo alla francese, ribattezzata danza orientale.
Sviluppatasi in Medio Oriente e in aree con influenze arabe come Pakistan e India, s’è diffusa soprattutto dagli anni Trenta grazie agli immigrati (negli Usa e poi in Europa). L’espressione danzatori del ventre fu forse usata per la prima volta per i ballerini ospiti della Esposizione Universale di Chicago del 1893.
Hanno contribuito a rilanciarla film di successo come ‘Harem Suare’, dell’italo turco Ferzan Ozpetek, e canzoni come quelle di Shakira e di Natacha Atlas, nota da noi per la sua collaborazione con Franco Battiato. La Atlas, come Shakira, propone la belly dancing durante i concerti, mescolando melodie egiziane e libanesi con la musica elettronica.
Secondo alcuni studiosi la Raqs Sharqui – la danza del ventre comunemente intesa – eredita i suoi movimenti da balli folcloristici detti Raqs Baladi, eseguiti da donne e bambini durante le feste, raffinati e perfezionati. Non però, per gli storici di matrice araba.
In Occidente si fa risalire l’origine della danza orientale a riti religiosi dell’antico Egitto, in uso durante cerimonie dedicate al culto delle divinità e delle forze della natura, già 6000 anni fa. Le danze richiamavano il contatto con la madre terra, esaltando la fecondità delle donne, rappresentata dalle oscillazioni sinuose del bacino. Questo è ciò che sostiene il pensiero femminista, anche se le prove concrete sono poche.
… esiste nell’Alto Egitto un’arte marziale denominata Tahtib, alla quale sono debitrici le danze popolari praticate.
Esisterebbero tracce di danza con lo stesso filo conduttore anche nella storia della Grecia, della Turchia e del Medio Oriente in generale.
Col tempo il rito propiziatorio mutò funzione, diventando una forma di intrattenimento, legato all’ambito sociale e a cerimonie familiari. La danza toccò vertici sempre più alti, tanto da creare la figura della ballerina professionista, che si ritrova in documenti antichi provenienti in particolare da Medio e Vicino Oriente.
La danza orientale però non ha perso i significati originari, tanto che ancora oggi si ingaggiano danzatrici per i matrimoni, affinché gli sposi vengano benedetti dalla nascita di eredi.
In altri contesti vengono scritturati anche uomini, che sono in grado di eseguire gli stessi movimenti in modo più acrobatico e potente, con l’ausilio di spade e bastoni. Le donne di solito usano monetine di rame da far rimbalzare sulla pancia, oltre ai veli.
La caratteristica fondamentale della belly dancing è la lentezza dei gesti, abbinata al fatto che ogni figura muove un gruppo isolato di muscoli. Per esempio, lo shimmy prevede che si scuota solo il petto o solo i fianchi; nell’hiplift si alternano le gambe e le anche. I nomi dei movimenti sono in inglese, perché i Paesi anglosassoni sono stati i primi in cui la danza del ventre è approdata in Occidente.
La peculiarità appena illustrata è in comune col karate, dove ci sono tecniche in cui viene utilizzata una sola parte del corpo, mentre il resto è fermo. Ciò si riscontra soprattutto nel kata, l’esecuzione delle forme.
Non è un caso se, come riporta Sahra Saeeda in un suo articolo del 2014, da circa 3000 anni esiste nell’Alto Egitto un’arte marziale denominata Tahtib, alla quale sono debitrici le danze popolari praticate nella zona. E se lo stile Raqs Sharqi comincia come un’elaborazione di danze e di tecniche marziali, evolutesi nella forma che conosciamo intorno a fine ‘800.
In Turchia incontriamo una danza del ventre più atletica e più espressiva – grazie al fatto che ai tempi dei Sultani non c’erano limitazioni ai costumi o a certi tipi di movimenti, diversamente da altri Paesi – e all’accompagnamento con i cimbali, le zils.
Infine, negli Stati Uniti è frequente trovare compagnie che propongono una vera e propria fusion tra karate e danza orientale.
Non solo: Sadia, blogger esperta di danza del ventre, afferma che come le arti marziali sono l’espressione dell’energia maschile, la belly dancing lo è di quella femminile. Con una differenza: qui le movenze sono innate, partono dall’interiorità della danzatrice.
Lo stile Raqs Sharqi comincia come un’elaborazione di danze e di tecniche marziali.
Una volta imparate le principali figure, si può improvvisare qualche piccola coreografia. Per eseguirle bene occorrono tempo, pazienza, scioltezza, automatismi per muscoli poco esercitati dalle donne europee.
Per provare non c’è che l’imbarazzo della scelta, fra corsi proposti da palestre, scuole di danza, associazioni culturali.
Chi vuole tentare per conto suo ha a disposizione una miriade di tutorial Internet e dvd – il primo uscito in italiano è di Maria Strova, insegnante statunitense da anni nel nostro Paese – e di libri come La danza del ventre, opera di Monika Kaiblinger-Ickert e Ludmilla Schuhbauer che la hanno introdotta in Germania.
La chiusura tocca ancora a Sadia: ”Il fine della danza orientale non è la perfezione tecnica, nemmeno imparare una coreografia. Questo è solo l’inizio. Quando diventerai il tramite fra il compositore e chi ti guarda, il canale di flusso di una cultura… quando danzerai spontaneamente, da sola, e diverrai tutt’uno con la musica, e toccherai il cuore del tuo pubblico, dimenticandoti di te stessa… allora sarai davvero una belly dancer.”
Karateka, artisti marziali, anche a voi ricorda qualcosa?
Ringrazio per la revisione Laura Andreotti, insegnante di danza del ventre in zona Padova/Rovigo. IG @laura.andreotti