“Il karate non è un semplice sport, per me è uno stile di vita. Mi ha insegnato la disciplina, il rispetto, l’autocontrollo, la precisione.”
NOME
Simone Brusinelli
LUOGO DI NASCITA
Brescia
DATA DI NASCITA
26.08.98
SPECIALITÀ
Kumite
SOCIETÀ
Karate Club Bagnolo
MEDAGLIERE
- 3° kumite sq. ju. WSKA 2017
- 1° e 3° (2 volte) ai Camp. It. FIKTA
Come hai iniziato a praticare karate e perché?
Dopo una breve carriera calcistica, i miei genitori mi consigliarono di provare qualche allenamento di karate presso la palestra vicina a casa mia. Devo essere sincero, come ogni bambino di 7 anni che si rispetti, mi feci convincere dal fatto che anche mio cugino da poco aveva cominciato a frequentare gli allenamenti, ma sebbene si sia ritirato dopo due allenamenti, il mio fu amore a prima vista e, in maniera del tutto casuale, cominciò questa esperienza.
Pur essendo una disciplina prettamente individuale, è importante sentirsi parte di un Gruppo e sono convinto che ogni componente di una squadra sia fondamentale.
Chi è il tuo maestro attuale e/o i tuoi maestri passati? Che cosa ricordi di loro, cosa ti hanno insegnato, che tipo di rapporto avete avuto?
Del Maestro Franco Gatti non posso che parlarne con orgoglio, rispetto e riconoscenza. È stato ed è tutt’ora per me un maestro, oltre che di karate, anche di vita. Chi lo conosce sa bene che non sono frasi fatte. È un vero esempio di umiltà e tenacia, e anche il suo “braccio destro” Salvatore è stato molto utile nella nostra crescita di atleti. Un ringraziamento speciale va anche al mio istruttore Francesco Fata, che mi segue nella carriera agonistica ormai da 5 anni: “suda e combatte” con noi oserei dire.
Infine, ci tengo a precisare che anche il Maestro Silvio Campari, allenatore della squadra nazionale, si è dimostrato un esempio per me. È riuscito, pur facendoci rispettare le gerarchie, a instaurare un ottimo rapporto umano con noi, a trasmetterci la passione e l’orgoglio di indossare i colori della nazionale e di far parte di un gruppo, unito e compatto.
C’è un motivo per cui hai scelto il Karate Tradizionale o è stato casuale?
Come ho detto precedentemente ho cominciato per un fatto puramente casuale a praticare questo sport e sono sempre stato iscritto al karate tradizionale. Sono contento di far parte di questa “famiglia” e di seguire la linea di Sensei Hiroshi Shirai.
Quando e come sei diventato agonista?
Sono diventato agonista 6 anni fa. L’entrata nel mondo agonistico mi è stata agevolata dalla partecipazione al corso agonisti Csak che è possibile frequentare in ogni regione. Ci permette di poterci confrontare con altre realtà e non solo con nostri compagni di palestra.
Dove, come e quanto ti alleni? Oltre agli allenamenti con la Nazionale, fai anche una preparazione atletica?
Mi alleno 4/5 volte a settimana per quanto riguarda il karate. Inoltre, frequento una palestra che mi aiuta a compensare il mio sport, ma anche nella nostra palestra facciamo preparazione atletica, studiata appositamente dal nostro istruttore che ogni anno ci propone nuovi, “simpatici”, esercizi.
Com’è il rapporto con i tuoi compagni di squadra?
Ottimo! Abbiamo un legame molto forte. Spesso ci troviamo anche fuori allenamento per una cena di rimpatriata o per festeggiare qualche compleanno. Pur essendo una disciplina prettamente individuale, è importante sentirsi parte di un Gruppo e sono convinto che ogni componente di una squadra sia fondamentale per il raggiungimento di un obiettivo.
Il tempo che dedichi agli allenamenti incide (e come) sui tuoi rapporti, nella vita privata? Che cosa ti ha “dato” e che cosa ti ha “tolto” praticare agonismo?
Indubbiamente il karate incide sulla mia vita, sul lavoro, sulle serate con gli amici e anche sul rapporto con la mia partner. Ma un agonista non può che avere a che fare con questi “problemi”, se così si possono chiamare. Un atleta senza sacrifici che atleta è?
Lo scoglio personale su cui hai dovuto, o devi ancora, “lavorare” maggiormente?
Sono molto orgoglioso. Faccio molta fatica a riconoscere i miei errori e i miei limiti, ma ci sto lavorando. Speriamo di migliorare…
Secondo te, qual è la tua caratteristica come atleta?
Penso di essere molto diligente, disciplinato e rispettoso. Sono convinto che la disciplina e il rispetto siano alla base delle caratteristiche che un atleta debba avere.
In che cosa ti senti più preparato e perché (kata, kumite, ind. o squ. ecc.)? Quello che ti piace, cosa ti permette di provare o di esprimere?
Domanda semplice: il kumite! La mia struttura fisica (alta e magra) mi rende più portato per questa specialità. Dal punto di vista emotivo penso ci siano poche discipline che possano darti tanto. Il confronto con l’avversario, la freddezza, l’attimo, la velocità, l’agilità, i momenti precedenti a un incontro, la gioia di vedere l’arbitro con il braccio alzato verso di te… Penso che questi siano solo alcuni degli ingredienti che caratterizzano il kumite. Dal modo in cui una persona combatte si può capire molto del suo carattere, ne sono convinto.
L’avversario (reale o psicologico) più temibile per te?
L’avversario che più temo è il “primo incontro”. Ho bisogno di un episodio a mio favore per esprimermi al meglio. Ho bisogno di un wazari o addirittura di un incontro vinto per liberare la testa e combattere come so fare. È un limite non da poco, perché non sempre si ha a disposizione una seconda possibilità. Quindi, devo lavorare anche su questo aspetto. Ci riuscirò!
Cosa ti ha insegnato il karate? Ti ha cambiato?
Fino a ora ho identificato il karate come uno sport, ma in realtà preferisco chiamarlo arte. Il karate non è un semplice sport, per me è uno stile di vita. Mi ha insegnato la disciplina, il rispetto, l’autocontrollo, la precisione nei minimi dettagli. Tutti concetti che ho cercato di inserire anche nella vita di ogni giorno.
L’episodio più appagante e quello più spiacevole della tua carriera?
Sull’episodio più gratificante della mia carriera non ho dubbi: la medaglia di bronzo al Mondiale di Treviso del 2017: sentire tutto il palazzetto che urla “Italia!” è un sogno per qualsiasi atleta. È stato emozionante combattere con il tricolore al petto e per di più in Italia! Peccato per la finale mancata, ma siamo comunque consapevoli di aver fatto una grande gara.
Anche sul momento più triste sono convinto: l’infortunio dello scorso maggio, che mi ha impedito di partecipare ai Campionati italiani. Dopo un anno di duro lavoro vedere sfumare così la partecipazione a quella gara è stato molto deludente.
Oggi, grazie al web, ai social, a YouTube ecc., c’è la possibilità di accedere a molte più informazioni che in passato anche riguardo al karate, lo utilizzi per informarti su altri atleti o sulle competizioni?
Come la maggior parte dei ragazzi della mia età sono molto “social” e seguo atleti anche di altre federazioni. Penso che i social network, anche per questi contesti, siano utili per farci confrontare con realtà diverse dalle nostre. Ci danno la possibilità di conoscere e valutare.
Ti piacerebbe essere un atleta professionista?
Vivere della propria passione è un sogno nel cassetto che penso abbiano tutti.
Quindi sì, sarebbe bellissimo far parte dei professionisti di questo sport.
Però, mi sono sempre chiesto se allenarsi 8 ore al giorno mi farebbe avere, tra qualche anno, la stessa passione che ho adesso per il karate… chissà se riuscirò mai a darmi una risposta.
L’avversario che più temo è il “primo incontro”. Ho bisogno di un episodio a mio favore per esprimermi al meglio.
Che cosa pensi del karate alle Olimpiadi?
L’Olimpiade è la competizione più importante dove uno sportivo può esibirsi. Penso debba essere per noi motivo d’orgoglio il fatto che il karate sia entrato a farne parte al pari di altre discipline.
Indipendentemente dalla federazione che ci andrà, penso sia un traguardo molto importante che doveva essere raggiunto e di cui finalmente possiamo vantarci di farne parte.
Come immagini il tuo futuro?
Spero che il percorso della mia vita non mi impedisca di poter praticare karate fino a cent’anni. Se penso a me a quarant’anni mi vedo con un kimono bianco e una cintura nera e sarei molto orgoglioso di poter insegnare quest’arte a qualcun altro. Spero di trasmettere a quel qualcuno almeno la metà dei valori che il karate e chi ho incontrato in questo sport mi hanno insegnato.
Ah, dimenticavo… mi mancano ancora 15 anni di agonismo, spero di portare a casa altre medaglie e soddisfazioni che gratifichino il mio impegno!