Incontro con il monaco buddista Maestro Mitsutaka Koso. Fidenza (PR) – 17.03.2018
Traduzione del M° Shuehei Matsuyama e Michele Gambolò
Buonasera a tutti, sono molto contento di rivedervi!
Ancora una volta ho assistito a un vostro allenamento e mi sono veramente commosso. La vostra motivazione verso la pratica del karate non finisce d’impressionarmi. Posso dire che questo incontro rappresenta al meglio il motto “ichi go ichi e”.
Negli ultimi anni abbiamo parlato spesso di kokoro. È importante guardare dentro se stessi e riflettere, per migliorare e formare il proprio carattere. Oggi è facile che si trascuri questo tipo di attenzione verso il proprio kokoro.
Guardando voi, l’allenamento che fate, la continua ricerca e verifica dell’efficacia dell’unione dei tre elementi shin – gi – tai, capisco che la vostra ricerca è per migliorare voi stessi. Qualche volta si sente dire che una tecnica è ben eseguita, ma manca di “cuore”. La tecnica perfetta dovrebbe specchiarsi nel proprio “cuore”.
Il Maestro Shirai insegna a praticare profondamente ogni tecnica e io ho capito che è solo con questo sistema che non si devia per una strana direzione della pratica. È importante fare l’allenamento nel modo giusto.
La tecnica perfetta dovrebbe specchiarsi nel proprio “cuore”.
In questi giorni ho sentito la radio che riportava una notizia relativa a una scuola elementare in Francia che era inagibile per via dello sporco nei bagni. Ho pensato immediatamente “perché non puliscono i ragazzi?”. Sicuramente le pulizie erano state affidate a una persona esterna che probabilmente non ha potuto fare il suo dovere, ma nessun’altro è intervenuto. Se fosse stata la casa di ognuno di loro non sarebbero arrivati a quel grado di sporcizia e, in secondo luogo, si sarebbero messi a pulire da soli.
Quando io ero piccolo mia madre ci affidava compiti di pulizia, anche della toilette. Mia madre, se storcevamo il naso, ci diceva che se la toilette era ben pulita noi saremmo diventati più belli, così, ci davamo da fare.
Nella pratica del tempio zen ci sono queste regole:
- 1° pulizia,
- 2° pulizia,
- 3° e 4° non ci sono regole,
- 5° pulizia.
È importante la pulizia del “cuore”. Pochi sono i luoghi dove assieme alla pratica del karate si pensa anche al “cuore”.
Abbiamo detto spesso che per parlare di kokoro si devono affrontare due pensieri: il rapporto di causa effetto e il pensiero di ku. Del primo vi ho fatto parecchi esempi, noi siamo nati grazie ai nostri genitori i quali, a loro volta, sono nati dai rispettivi genitori e così via fino a una replica infinita del rapporto causa effetto.
Per darvi altri esempi:
“Che piova o che soffi il vento, che una pianta fiorisca o che cadano le foglie, nulla sfugge alla legge secondo cui tutto nasce per una causa e per un’altra causa perisce”.
“Un bambino nasce in condizioni create dai genitori, poi il suo organismo si sviluppa con il cibo e il suo spirito con l’educazione e l’esperienza. Il corpo e lo spirito dipendono ambedue da cause ed evolvono e mutano grazie a delle cause”.
“Le maglie di una rete sono trattenute insieme dai nodi che le uniscono. Così in questo mondo tutto è connesso da una serie di legami. Sarebbe un grave errore ritenere che una maglia della rete possa sussistere da sola”.
“Una maglia della rete è tale perché vi sono le altre maglie: ognuna è necessaria all’esistenza delle altre”.
Pensando invece al ku, potrei dirvi che se non c’è pensiero non c’è inizio, quando c’è un obiettivo da raggiungere, quando s’inizia un lavoro e lo si percorre duramente, quando ci si allena per arrivare a quell’obiettivo, allora lo si raggiunge. L’esempio siete voi stessi. Se non aveste raggiunto questo livello di comprensione, non sareste mai arrivati dove siete ora.
Un fisico spiega il tema del ku. Davanti a voi c’è un ramo. Qualcuno lo prende e scrive sulla sabbia. Il ramo diventa una penna. Un’altra persona invece lo brucia per avere calore o della luce. Quindi, la stessa cosa cambia completamente di significato a seconda di come la si usa.
Il karatedo utilizza l’ideogramma di ku preso dal sutra hannya shingyo.
Fondamentale è pensare che noi siamo in relazione con tutto ciò che ci circonda e, allo stesso, tempo è importante fare vivere le cose stesse che ci circondano. Così il karate deve essere per migliorare se stessi, ma dare la possibilità di praticare agli altri. Soprattutto, ricordiamo che il karatedo utilizza l’ideogramma di ku preso dal sutra hannya shingyo che si prefigge di arrivare alla formazione della saggezza. Allora, il vero obiettivo è arrivare alla saggezza attraverso la pratica del karate.
“L’ignoranza e l’illuminazione sono entrambe figlie della mente. Tutti i fenomeni risultano opera delle attività mentali, tutto viene creato dalla mente”.
Finché si ragiona in termini di profitto o di perdita, di vantaggio o di svantaggio, aumenteranno il dubbio e l’esitazione (l’ego).
Per esempio, alla prima uscita dopo una grave malattia, il mondo esterno appare molto cambiato. Rispetto a prima il contatto con la natura attraversa una diversa e mutata percezione. È possibile che passando da un’esperienza negativa si cambi la percezione di molte cose. Cambiamento significa quindi sapere che ogni cosa può mutare e allora si deve avere la consapevolezza di essere grati verso tutto ciò che ci circonda.
Nell’aprile 2016 abbiamo parlato di quel monaco che aveva salvato le formiche.
Un giovane monaco praticava sotto la guida di un monaco più importante. Un giorno il maestro vide sulla faccia del suo allievo l’ombra della morte, come se avesse solo sette giorni di vita. “Vorrei aiutarlo” pensò, “ma non posso fare nulla per controllare la vita delle persone”. Senza la possibilità di cambiare le cose, decise di annunciare al giovane questa situazione. Il giovane monaco appresa la notizia si spaventò e cominciò a piangere.
Il maestro, per consolarlo, gli disse: «Corri subito a casa per salutare i tuoi genitori e torna la mattina del settimo giorno».
Sulla strada per casa il ragazzo si accorse che, a causa di una forte pioggia, stavano affogando tante formiche. Pensando alle povere bestiole cercò di salvarle, forse, sentendo egli stesso la morte vicina, si era preoccupato per le piccole formiche. Senza pensare cercò di spostare tutte le formiche in una zona più asciutta e, senza accorgersi del tempo trascorso, si rese conto di essere diventato molto più calmo. Dopo aver prestato soccorso alle formiche, proseguì verso casa.
Al suo arrivo raccontò ai genitori del suo stato di salute e loro gli risposero che avrebbero voluto prendere il suo posto. Il giovane allora disse: «Madre e padre non dovete soffrire più di tanto, perché qualsiasi essere un giorno o l’altro deve morire, a me capita semplicemente di doverlo fare prima. Quando ho saputo di avere solo sette giorni di vita ho visto il buio davanti a me, ma dopo che ho salvato tante formiche sono diventato più felice, perché nel corso della mia vita ho potuto aiutare così tanti esseri»”.
Passati sei giorni in felicità il giovane monaco tornò dal suo maestro. Guardandolo in faccia il maestro rimase meravigliato, perché aveva cancellato dal viso l’ombra della propria morte, per cui gli chiese cosa fosse successo in quei giorni.
Egli rispose: «Qualcosa è cambiato, prima di sette giorni fa io pensavo soltanto alla mia vita, poi ho aiutato tante formiche a vivere e questo ha cambiato qualcosa in me. Quelle formiche che ho aiutato adesso mi ringraziano. Nella mia piccola vita ho potuto essere utile alla grande natura. Ho incominciato a pensare che non è importante la mia vita, ma a come si possono affrontare le cose in modo giusto, vorrei fare una pratica più approfondita per indirizzare la mia vita nell’essere utile agli altri». Questo giovane monaco continuò a vivere diventando in seguito un monaco importante.
Finché si ragiona in termini di profitto o di perdita, di vantaggio o di svantaggio, aumenteranno il dubbio e l’esitazione (l’ego).
Ricordate anche il racconto di qualche anno fa di quel manager che alla selezione per un suo collaboratore gli suggerì di tornare a casa e lavare i piedi ai suoi genitori? Egli lo fece e si commosse profondamente, perché fu un’esperienza assolutamente inaspettata al punto che lo cambiò profondamente.
Buddha dice a un suo discepolo prima di morire: “Voi dovete diventare la luce che gli altri devono seguire, dovete pensare da soli, pensare da soli e camminare da soli senza aiuto di altri. Dovete andare avanti con la consapevolezza che l’obiettivo è formare se stessi”.
Noi pratichiamo karatedo, con una tecnica si potrebbe addirittura uccidere, ma il karatedo allo stesso tempo può fare migliorare se stessi e fare vivere altre persone. Nella pratica del karatedo bisogna fare attenzione all’obiettivo e al modo di proporre l’allenamento, perché da questo può cambiare il karatedo stesso.
Ricordando il concetto di on si deve praticare con ringraziamento a chi ci ha portati fino a qui, pensando con consapevolezza e saggezza di “cuore”.
Grazie per la vostra attenzione.
Gassho, M° Mitsutaka Koso.