Se il nostro avversario si fa prendere dalla rabbia, mantenere la calma diventa la nostra arma migliore. (Miyamoto Musashi)
Tra le storie zen si narra di un giovane monaco al quale era stato chiesto di recapitare una lettera molto importante. Arrivato quasi a destinazione, si trovò a dover attraversare un ponte presidiato da un samurai molto esperto nell’uso della spada che aveva fatto voto di sfidare i primi cento uomini intenzionati a passare da una sponda all’altra del fiume.
Prima dell’arrivo del monaco, il samurai, aveva già sfidato e vinto novantanove malcapitati. Il giovane chiese la grazia di passare e portare a termine il suo compito, ma promise anche che, una volta consegnata l’importante lettera, sarebbe tornato e avrebbe accettato la sfida. Per quanto titubante, il samurai accettò la proposta e lasciò che il giovane proseguisse nella sua missione.
Consegnata la lettera il monaco si recò dal proprio maestro e gli disse: “Devo combattere contro un grande samurai, invincibile nell’arte della spada, non so che fare e credo mi ucciderà”. Il maestro rispose: “Sì, morirai però ti insegnerò come morire dignitosamente. Tieni la spada sospesa sopra la testa, chiudi gli occhi e aspetta, quando sentirai la lama sul capo vorrà dire che sarà arrivata la morte. Lascia quindi cadere le braccia e tutto ciò che pensi di possedere. Questo è tutto”.
Il giovane monaco si congedò dal maestro e tornò al ponte pronto ad affrontare la morte, schieratosi davanti al samurai fece ciò che gli aveva detto il maestro. Di fronte a questo atteggiamento che non lasciava trasparire alcuna paura, il samurai, si insospettì al punto da pensare che il monaco fosse un grande guerriero, in possesso di una forza straordinaria e ne ebbe paura.
Il monaco nel frattempo si era quasi dimenticato del samurai, concentrato com’era a seguire il consiglio del suo maestro e a morire con dignità. Era lì, fermo, calmo e libero da ogni coinvolgimento terreno.
Oramai il samurai era giunto alla conclusione che il monaco lo avrebbe tagliato a metà non appena avesse sferrato il suo attacco e quindi, con voce implorante, disse: “Ti prego abbi pietà di me e non uccidermi. Pensavo di essere un maestro nell’arte della spada, ma credo di aver incontrato un maestro molto più forte di me. Risparmiami la vita e prendimi come tuo allievo, insegnami la via per l’arte della spada”.
Il principio Shaolin della calma insegna che il non fare nulla consapevolmente e pienamente può diventare un potente mezzo di autodifesa.
L’arte del dominio di sé
Il monaco, non potendo combattere in modo convenzionale, mantenne la calma e seguì ciò che il suo maestro gli aveva detto. Proprio questa calma e il non fare nulla, hanno disorientato il forte samurai e salvato la vita al monaco.
Il principio Shaolin della calma insegna che il non fare nulla consapevolmente e pienamente può diventare un potente mezzo di autodifesa. Basta usarlo con la giusta determinazione.
Questa storia zen (ma anche la quotidianità) ci insegna che la calma, quando è autentica, è un’arma potentissima. La maggior parte delle persone finisce per perdere la calma in continuazione, spesso per rabbia, per abitudine, per smania frettolosa di avere la meglio, per desiderio di sottomettere l’altro, per senso di impotenza, per paura.
Nella pratica delle arti marziali e del combattimento, se il nostro avversario si fa prendere dalla rabbia, mantenere la calma diventa la nostra arma migliore. Scriveva infatti Miyamoto Musashi: “Se non sai quale sarà il primo passo dell’avversario, limitati a una sortita improvvisa e lui con la sua spada ti mostrerà le sue reali intenzioni”.
Mantenere la calma ci permette di risparmiare energie fisiche e mentali per analizzare con maggiore distacco e obiettività la situazione, decidere il da farsi e agire senza tentennamenti. Inoltre, colui il quale riesce a essere calmo al suo interno e mostrarsi calmo esternamente acquisisce forza, viene pervaso da un alone di sicurezza che spiazza l’avversario e gli fa dubitare di se stesso.
Il mokuso è uno strumento meraviglioso e potentissimo, che possiamo utilizzare anche con i bambini che seguono i nostri corsi in palestra.
La nostra calma, ci permette di trasformare in arma la paura (e la non calma) dell’avversario. Un vero guerriero può trarre vantaggio dalla mancanza di calma altrui riempiendo questo vuoto con il timore, l’insicurezza, la paura.
In questo siamo molto simili agli animali. Quando perdiamo la calma e abbiamo paura diventiamo manipolabili.
Inoltre, provocare l’avversario fino a fargli perdere la calma farà sì che lui riveli se stesso e le sue intenzioni. Facendogli perdere la calma lo spingeremo dunque a fare ciò che non vuole mentre noi resteremo centrati.
Diventa quindi fondamentale allenare una presenza equilibrata e imparare a vivere nel qui e ora, solo così saremo pronti ad accettare serenamente qualsiasi cosa accada, solo così potremo godere del momento presente fino in fondo, liberi dal senso di colpa e di frustrazione per ciò che è stato e liberi dalle paure e dalle aspettative per il futuro. In questo modo potremo sospendere quel brusio di fondo dato dal dialogo interiore ed essere noi stessi fino in fondo ed “entrare nel flusso” diventando un tutt’uno con ciò che ci circonda.
Come artisti marziali abbiamo a disposizione una infinità di strumenti per allenare la calma, primo tra tutti il mokuso (traducibile come “silenzio della mente”), praticato in seiza, permette di realizzare quel “vuoto mentale” che è il preludio alla presenza e alla calma. Il mokuso è uno strumento meraviglioso e potentissimo, che possiamo utilizzare anche con i bambini che seguono i nostri corsi in palestra.
Sento spesso parlare di mindfulness (solo per citare una delle pratiche oggi più di moda) e altrettanto spesso mi rendo conto che siamo proprio noi marzialisti a conoscere poco la disciplina che pratichiamo. Credo che se sapessimo guardare con occhi diversi ciò che facciamo ci accorgeremmo dell’enorme potenziale che abbiamo tra le mani.
… colui il quale riesce a essere calmo al suo interno e mostrarsi calmo esternamente acquisisce forza.
Nella mia esperienza da karateka agonista, durante la pratica del kata mi è capitato più volte di trovarmi in questo stato di coscienza superiore, calmo nel movimento, presente a un livello mai provato prima nella vita quotidiana, distaccato da tutto e da tutti, ma nello stesso tempo in connessione con tutto e in grado di percepire ogni cosa attorno a me. La sensazione è quella di un rallentamento nella percezione del tempo.
Questo stato è quello che dovremmo riuscire a ricreare anche nella vita di tutti i giorni, è lo stato di coscienza descritto nella storia zen iniziale dove il monaco, libero da ogni pensiero e attaccamento, è concentrato solo sul suo capo, in attesa della spada.
Letture consigliate
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Hyams J., Lo zen e le arti marziali, Trad. S. Orrao, Il Punto d’Incontro, 2005.
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Maltese M., Arti marziali per la mente. L’eccellenza nella vita privata e professionale, Ed. Convergenze, 2011.
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Miyamoto M., Il libro dei cinque anelli, BUR Biblioteca Univ. Rizzoli, 2013.