Applicare il rispetto in modo meccanico e impassibile è come mangiare una torta senza sentirne neanche il sapore.
L’educazione al rispetto è una prerogativa fondamentale per affrontare e superare ogni situazione della vita. È il primo mattone da posare prima di costruirsi la propria vita, il primo libro da studiare prima di iniziare qualsiasi scuola ed è anche il primo principio da comprendere prima di guadagnarsi un rapporto di amicizia o un legame sentimentale con una persona.
Per fortuna la nostra società ci insegna a essere rispettosi sin da piccoli: dobbiamo ringraziare, salutare, dobbiamo chiedere scusa ed essere gentili. Dobbiamo farlo sempre, perché va fatto, e dobbiamo farlo in un certo modo perché è in quel modo che va fatto.
Tutto diventa un circolo virtuoso dove se mi dicono “grazie” devo rispondere “prego”, se mi dicono “buongiorno” devo rispondere con un “buongiorno”. Non devo sporcare per terra o imbrattare i muri, perché non va fatto. Non devo offendere, ma trattare tutti con gentilezza… Il rispetto diventa così un’abitudine, per carità, una buona abitudine, ma non è niente di più che un gesto meccanico, quasi un riflesso.
Il rispetto diventa così un’abitudine, per carità, una buona abitudine, ma non è niente di più che un gesto meccanico.
Spiegare a un bambino cos’è il rispetto è facilissimo, ma fare in modo che un bambino acquisisca a fondo il significato della parola e che il rispetto entri nel suo naturale e istintivo modo di vivere e di rapportarsi con gli altri è un altro paio di maniche. È la differenza sostanziale che c’è fra imporre una parola o trasmettere un modo di fare.
Anche noi praticanti di karate siamo sempre attenti al nostro modo di comportarci all’interno del dojo.
Io, per esempio, ho sempre salutato con l’inchino il dojo all’entrata e all’uscita dalla palestra, perché è segno di rispetto… ma perché mai la palestra si sarebbe dovuta “offendere” se non lo avessi fatto? Ho sempre sottolineato con un grazie (osu) gli insegnamenti dei miei maestri… Ma in fondo loro erano lì per quello, era scontato che mi avrebbero dovuto trasmettere i loro insegnamenti, quindi, perché ringraziare?
La risposta a queste domande era spesso “perché va fatto così” o “perché è un segno di rispetto”, risposte che ho sempre accettato, ma che non mi hanno mai convinto.
Soltanto insegnando e cercando di trasmettere questi valori ad altri, ti rimetti veramente in discussione. Sai che non puoi avere leggerezze, imprecisioni e non puoi essere superficiale quando si parla di educazione. E così, capisci che non può esserci rispetto senza aver capito il valore delle cose e quindi non devi insegnare il rispetto, ma devi fare capire quanto è grande, utile, prezioso tutto ciò che stiamo vivendo, ogni luogo in cui ci troviamo e ogni persona che ci sta a fianco.
…devi fare capire quanto è grande, utile, prezioso tutto ciò che stiamo vivendo.
Il primo punto da capire è che nulla è scontato, neanche il corso di karate. Il corso non è una prestazione acquisita tramite il pagamento di una quota, così come il Maestro non è un prodotto acquistato tramite abbonamento annuale e quindi tenuto ad accettare l’allievo, promuoverlo agli esami e farlo vincere alle gare.
Difficile spiegare il significato di rispetto se un allievo ha la convinzione che il dojo, il maestro e i compagni di allenamento siano lì a sua disposizione, a proprio uso e consumo. Un allievo deve capire l’importanza del luogo di allenamento, quasi un luogo sacro, perché ogni luogo che ti mette in condizione di imparare cose nuove è sacro, solo dopo aver capito questo verrà spontaneo rispettare e salutare il dojo.
Un allievo che arriva tardi a una lezione dovrà aspettare in posizione seiza (in ginocchio) che il maestro gli dia il permesso di prendere parte alla lezione assieme agli altri. Questo piccolo rituale non è una punizione, ma un metodo per far capire che allenarsi non è scontato, ma va meritato, va conquistato. Il dover conquistare qualsiasi cosa, anche il poter prendere parte alla lezione, conferisce grande valore all’allenamento stesso ed è quindi naturale provare un senso di rispetto.
Il maestro o l’insegnante a scuola vanno rispettati non perché sono maestri o perché sono “più grandi”. Ogni persona che si trova davanti a noi e che sia disposta a insegnarci qualsiasi disciplina, materia, argomento è un tesoro inestimabile, è questo che conferisce importanza al maestro ed è questo che un allievo deve imparare ad apprezzare, non il semplice dato di fatto che uno sia il maestro e lui l’allievo. Ogni bambino in modo istintivo impara a trattare i propri tesori con gentilezza e rispetto, a custodirli con cura, proprio perché i tesori vanno conquistati con fatica.
Il Maestro non è un prodotto acquistato tramite abbonamento annuale.
Anche in quest’ultimo caso non servirà insegnare all’allievo che il maestro deve essere rispettato e neanche che deve essere ascoltato in silenzio, senza chiacchierare. Tutto ciò che non è scontato, che non è dovuto, che esiste – e possiamo farlo solo perché ce lo siamo conquistato e meritato – fa nascere in noi in modo spontaneo il sentimento del rispetto. Non è un concetto che va spiegato.
Applicare il rispetto in modo meccanico e impassibile è come mangiarsi una torta, perché va mangiata, senza sentirne neanche il sapore. In realtà il rispetto ha un sapore che ci deve conquistare, che ci riempie e ci fa innamorare di quello che facciamo. Questo è il punto, il rispetto è solo il lieto fine di una lunga storia che dobbiamo essere bravi nel saperla raccontare.