Il dan, il podio, la bravura tecnica sono “pensieri”. Ogni cosa che possiedo è prima di tutto un pensiero.
in collaborazione con il M° Riccardo Frare
Ci siamo lasciati, nell’ultimo articolo di qualche mese fa, con una domanda: come faccio a ritornare una cintura bianca?
Cintura bianca è sinonimo di entusiasmo, “non giudizio”, mente pura perché priva di qualunque concetto tecnico o idea pregressa verso il karate. Tutto ciò dovuto al fatto che del Karate una cintura bianca non sa proprio nulla!
Bene, la risposta alla domanda come faccio a ritornare una cintura bianca è… IMPOSSIBILE!
Perdonate l’ironia (e l’attesa), ma è così. Ritornare a essere cintura bianca per un esperto, magari plurititolato-maestro-tantiDan, è possibile tanto quanto i fiumi possono risalire dal mare alle sorgenti. Se sono diventato qualcuno, non posso più essere chi sono stato. Se prima ero il Nilo e ora sono il Mediterraneo come posso tornare a essere un semplice fiume?
Tutto sta qui, nel chi credevo di essere e nel chi credo di essere adesso.
Il percorso di un marzialista appassionato è costellato di ottenimenti, su tutti i fronti:
- Tecnico: prima non stavo in equilibrio su una gamba sola, ora sì. Non conoscevo i kata, ora sì.
- Umano: si dice “ho acquisito l’autocontrollo”, come fosse un paio di scarpe che prima non avevo e ora invece indosso.
- Sportivo: possiedo coppe e medaglie a testimonianza di ciò che con giustissima fatica ho conquistato.
- Quanti Dan possiedi?
- Quanti anni di pratica hai?
- Quanti allievi hai?
Per il karateka di lungo corso è questa la sua ricchezza.
Numerose volte si sentono grandi maestri che, prima ancora di cominciare a esprimere il loro pensiero, esordiscono con: “Sono X (traduzione: “tanti-tanti”) anni che faccio Karate”, per conferire a ciò che andranno a dire un’indiscutibilità dovuta al fatto di avere un curriculum lungo. Ma perché non entrare subito in ciò che voglio condividere con gli altri, invece di esordire mostrando subito i propri “averi”? Non sempre, si badi bene, si tratta di arroganza, ma siccome il tema di questo scritto è la cintura bianca… Quindi, se ad esempio al tavolo anziché tanti maestri ci fossero tante cinture bianche, principianti ai loro primi mesi di pratica, di cosa parlerebbero?
“Certo che kokutsudachi… la gamba dietro, che male!”… “Che paura il kumite!”… “Che meraviglia fare Karate, al termine della pratica mi sento bene come mai mi era successo.”… “La mia vita ha preso una svolta da quando pratico.” …Ossia, tanto entusiasmo e nessun traguardo raggiunto!
Se prima ero il Nilo e ora sono il Mediterraneo come posso tornare a essere un semplice fiume?
Se i possessi del Karate fossero gioielli, sarebbe molto più semplice liberarsene: basterebbe stare su un bel ponte sopra il fiume, salutarli e gettarli di sotto. Ma, purtroppo, non sono oggetti i possessi del Karate.
Cosa sono dunque?
Sono pensieri. Il dan è un pensiero. Il podio è un pensiero. La bravura tecnica è un pensiero. Ogni cosa che possiedo è prima di tutto un pensiero. Sorge spontanea la necessità di identificarsi con alcuni pensieri. È la natura della mente. Fare-avere-diventare: li abbiamo desiderati così tanto che, ora che ci sono, non vorremmo più che andassero via.
Così, come alcune cose che temevamo accadessero, e che ora sono successe, non riusciamo a superarle per il dispiacere.
Piacere-dispiacere, biasimo-lode, attrazione-repulsione sono un potente collante che impedisce il “lasciar andare”.
I pensieri belli sono ancora più difficili da lasciar andare dei brutti ricordi. Una non mente osserva i pensieri cadere come un albero vede le sue foglie d’autunno danzare a terra.
Un Karateka con 20/30 anni di pratica “rimasto” cintura bianca è una persona che continua a tenere pulito il giardino da tutto ciò che all’inizio non c’era. Gioisce dei regali e li lascia andare. Le medaglie, gli ottenimenti, cadono come foglie. Ad attenderle c’è la mente entusiasta dell’entusiasmo, che rastrella bene il tutto, ringrazia con una bella cerimonia e poi via, giù nel secchio. Piovono allievi, Dan, anniversari… Guardandoli seduto sull’entusiasmo sono pensieri. Se sono pensieri non sono reali, così come non lo è il tempo trascorso dal primo giorno nel Dojo. Questo lo dice persino la scienza (Video Prof. Carlo Rovelli, Perché il Tempo non esiste).
Come posso tornare cintura bianca dunque?
È impossibile tornarci perché non ti sei mai mosso da lì. Sono i pensieri che hanno imbrattato il giardino e ti sei astenuto dal fare pulizia per molto tempo. È come dire, in centro al mio bel giardino seduto su un cumulo di immondizia: “Dove devo andare per tornare al mio giardino?”
Nessuna strada, non ci siamo mai mossi da lì… Prendiamo la scopa e, preparati al dolore per il distacco e la perdita di ciò che amiamo, facciamo pulizia!
- “Intrapresi la via dello Zen perché volevo a tutti i costi l’Illuminazione. Dopo molto Zazen non è più una cosa che mi interessa.” (Monaco anonimo)
- Allora Gesù, fissatolo, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi». Ma egli, rattristatosi per quelle parole, se ne andò afflitto, poiché aveva molti beni. (Marco 10, 21-22)
- Il concetto di purificazione mi sembra ridicolo. Potrebbe parlare del valore della purificazione? Molti insegnanti dicono agli studenti di purificarsi di più per rendere la propria realizzazione più potente. “Se vuole purificarsi, significa che nella mente dell’insegnante c’è della polvere e che vuole toglierla. In realtà non c’è nessuna polvere. È uno spreco di tempo pulire ciò che non è sporco. Da dove proverrebbe la polvere? E dove la metteresti, dove la getteresti? Che spazzola useresti? Se guardi bene, non vedrai nessun posto su cui la polvere possa posarsi. La cosa migliore è rimuovere l’idea di purificazione. Tu sei il vuoto. Dove potrebbe posarsi la polvere?” (“Papaji” – Hariwansh L. Poonja)