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Praticare un’arte marziale per la crescita personale

Praticare un’arte marziale per la crescita personale

Funakoshi ha trasmesso la Via del karatedo: principi applicabili alla nostra vita e nella relazione con il mondo.

Se qualcuno mi chiedesse perché pratico un’arte marziale direi che è perché completa la mia vita e soddisfa la voglia di mantenermi in salute con un buon allenamento fisico, mentale e spirituale. È un veicolo attraverso il quale riesco a comunicare con le persone fornendo loro nel contempo uno strumento di analisi introspettiva.
Sono sempre stato affascinato dalle arti marziali e dalla loro filosofia. C’è chi ci vede una pratica sportiva, ma per me sono molto di più, sono ciò che ha formato il mio carattere negli anni, sono ricerca di un sempre maggiore equilibrio interiore, sono strumento di ascolto e comprensione, sono un canale di comunicazione.

Se si pratica con passione e non si ha fretta di ottenere risultati (esteriori), si scopre qualcosa che va oltre lo sport.

Se si tralasciano i dettagli tecnici, se si pratica con passione e non si ha fretta di ottenere risultati (esteriori), si scopre qualcosa che va oltre lo sport o l’allenamento fisico, si scoprono dei principi applicabili alla nostra vita e al modo di relazionarci con il mondo che ci circonda.
Esagerato? Non credo e vi porto come esempio solo alcuni tra i 20 principi del karate tratti dall’omonimo libro del M° G. C. Funakoshi, padre del Karate Shotokan, per spiegarvi quanta saggezza ci sia nella pratica marziale se si è disposti a lavorare in modo sincero e costante.

  • “Non dimenticare che il karate-do inizia e finisce con il saluto” – sii rispettoso, (combatti e) vivi secondo le regole, sii moralmente integro, non lasciarti prendere dall’ira, sii misurato, rispettoso e corretto con tutti.
  • “Conosci prima te stesso e poi gli altri” – non puoi essere in equilibro con il mondo (ciò che è al di fuori di te) se prima non sei in equilibrio e non conosci a fondo te stesso.
  • “Lo spirito viene prima della tecnica” – non cercare spasmodicamente la forma, ma concentrarti sull’essenza di ciò che fai, togli invece di aggiungere, nella semplicità sta la chiave di una consapevolezza superiore.
  • “Libera la mente (il cuore)” – ascolta con la tua parte più intima, sii creativo e spontaneo come un bambino e abbandona ogni rigidità fisica e di pensiero.
  • “Applica il karate a tutte le cose, lì è la sua ineffabile bellezza” – vivi secondo i tuoi i valori, applicali senza paura a ogni ambito della tua vita, perché solo così troverai serenità e giungerai all’autorealizzazione e all’espressione piena del tuo sé.
  • “Il karate è come l’acqua calda, occorre riscaldarla costantemente o si raffredda” – sii costante in ciò che fai, impegnati ogni giorno con passione e dedizione e se saprai restare sulla via, per piccoli passi (e non senza fatica), raggiungerai il tuo obiettivo.
  • “Nel combattimento devi saper padroneggiare il pieno e il vuoto” – sii come l’acqua che fluisce senza opporre resistenza, ma che sa essere forte e determinata al punto di sgretolare la roccia; adattati alla situazione cambia in funzione del contesto, solo così uscirai vincitore.

Io ci trovo un infinito buon senso, una profondità di pensiero che va oltre la pratica del karate e, grazie alla metafora marziale, Funakoshi ci conduce attraverso un meraviglioso cammino di crescita interiore, d’integrazione con il mondo e con tutto ciò che ci circonda.
La pratica di un’arte marziale viene spesso vista come accrescimento della propria forza e destrezza al fine di saper gestire al meglio un’aggressione e imparare come sconfiggere un nemico.
Fortunatamente oggi non ci è più richiesto di batterci per la nostra sopravvivenza, la sicurezza ci è garantita dalle forze dell’ordine e subire un’aggressione che metta a repentaglio la nostra vita non è cosa di tutti i giorni (seppur sapersi difendere possa essere utile e auspicabile).

Praticare un’arte marziale, oggi, per me, significa avere l’occasione di percorrere un fantastico viaggio di conoscenza dentro se stessi.
Karate-do, Aiki-do, Ju-do, Ken-do non a caso contengono il suffisso do che in giapponese significa letteralmente “ciò che conduce”, nel senso di “percorso”, “via”, “cammino”.
Non si parla in senso solo fisico, ma si chiama in causa anche un significato spirituale. Il suffisso sta a significare un’evoluzione dell’arte marziale da pura e semplice tecnica di combattimento a disciplina volta a realizzare nel praticante un’elevazione di tipo “spirituale”, in cui si utilizza la tecnica marziale come strumento di perfezionamento delle abilità e delle capacità interiori del praticante.
Con la pratica costante si sperimenta uno stato di auto-ascolto in cui si ha una maggiore consapevolezza di sé, attraverso la simulazione di un combattimento si impara a conoscere meglio se stessi, si sperimenta l’ascolto dell’altro in una sorta di stato empatico persistente, grazie all’allenamento si rafforza l’intenzione e la presenza nel qui e ora, e il tempo e lo spazio si dilatano, svanisce la paura, regna uno stato di “quiete attiva”.

Funakoshi ci conduce attraverso un meraviglioso cammino di crescita interiore, d’integrazione con il mondo.

In tutto questo la tecnica è solo un escamotage, una sfumatura, un mezzo utile al principiante per fare pratica e raggiungere uno stato di coscienza e di unione e comunione tra corpo, mente e spirito.
Ma mano che ci si allena e aumenta la consapevolezza la tecnica diventa via via meno importante, si inizia a fare “sintesi”, non è più importante cosa si fa, perché in ogni movimento o “non movimento” si percepisce l’essenza e la perfezione del tutto e l’arte marziale inizia a vivere in ogni cosa che si fa.

 

Bibliografia consigliata
G. Funakoshi, I venti principi del karate. L’eredità spirituale del Maestro, Ed Mediterranee, 2010.
A. Cognard, Vivere senza nemico, Editore Varianti, 2011.
K. Tokitsu, Il ki e il senso del combattimento, Editrice Luni, 2013.
S. Egami, La via del karate, Editrice Luni, 2014.

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