23-24.08.17 Preparazione pratica e teorica con illustri Maestri Fikta
PRATICA con il M° Fugazza a Igea Marina
Il 10° incontro FIKTA per i corsisti Istruttori e Maestri si è tenuto presso il Palazzetto dello sport di Igea Marina per la fase pratica e, il secondo giorno, presso il Palazzetto del Turismo di Bellaria per la fase teorica.
La lezione pratica, a dir poco interessante, è stata improntata sugli aspetti fondamentali del Karate nonché sulle strategie che si possono adottare per favorire un miglior apprendimento delle tecniche fondamentali, necessarie per affrontare con efficacia l’esecuzione e l’apprendimento di tecniche più complesse che si incontreranno attraverso l’acquisizione dei gradi più alti. Kihon e Kata sono le basi che consentono di progredire e di raggiungere quelle capacità/abilità necessarie per affrontare la fase più interessante, quella del Kumite libero (combattimento).
Condurre un allenamento il più possibile vario senza modificare i fondamentali e le tecniche dettate dai principi trasmessi dal M° Shirai
L’applicazione e i metodi per insegnare, ma soprattutto per far comprendere questi fondamenti, sono stati i pilastri di un’attività pratica di esempio, alternata da poche nozioni teoriche di dettaglio e condotta dal M° Fugazza. Condurre un allenamento il più possibile vario senza modificare i fondamentali e le tecniche dettate dai principi trasmessi dal M° Shirai, consentono di rendere l’allenamento completo, efficace e motivante per l’allievo. Partendo dalle tecniche di Kihon di 1° dan sono state costruite combinazioni di tecniche prima in quattro direzioni e successivamente in otto direzioni, sia in Omote (dritto) che in Ura (opposto). Lavoro simile, ma con qualche variante è stata svolto con i Kata i quali possono essere approfonditi e studiati attraverso un lavoro che non sia condotto solo nella classica direzione prevista, ma anche opposta, per poi arrivare all’esecuzione ancora più complessa in cui è possibile lavorare in forma “difensiva” ovvero retrocedendo: Kono Omote e Kono ura. In questo modo si realizza una tipologia di allenamento a 360° per quanto concerne gli spostamenti e le direzioni di esecuzione. Questa metodologia di lavoro è stata praticata lavorando sul Kata Heian Shodan e sulla sua applicazione (Bunkai).
Lavorando in questo modo sui vari Kihon e Kata di base si può raggiungere una preparazione ineccepibile e far sì che l’allievo abbia la possibilità di imparare con piena consapevolezza le posizioni di base e acquisire, contestualmente, la capacità d muoversi in tutte le direzioni, cos che gli consentirà di apprendere con più facilità i Kata più complessi.
La pratica svolta nella mattinata è stata un esempio da tenere a mente e uno spunto per lavorare in modo efficiente quando prepariamo i nostri allievi. La responsabilità e l’inventiva di ogni Maestro e Istruttore consentirà di trovare i migliori metodi e strategie per allenare in modo altrettanto completo e stimolante.
FIKTA e Società ASD
Con il M° Perlati, mercoledì 23 agosto, sono stati illustrati diversi aspetti che riguardano le società ASD e l’iter per poterle costituire.
Il fondamento su cui si basa una società è lo scopo e per poterlo raggiungere è necessario stilare uno statuto, ovvero, stabilire le regole per il funzionamento interno della società nel rispetto della legge. La federazione FIKTA segue le regolamentazioni tecniche e morali dettate dal M° Shirai pertanto, se lo scopo di una società è quello di rispettare certe regole e determinati principi, bisogna evitare che certi atteggiamenti o comportamenti non rispettosi possano divenire l’anticamera di un cambiamento errato e non voluto. Il cambiamento fa parte della vita, consentendo crescita e miglioramento, ma non sempre è tale se fatto senza seguire i principi dettati dal proprio “scopo”.
In questi tempi si parla e si parlerà molto del Karate nei giochi olimpici, ma sarebbe un errore e una sconfitta ridurre il tutto a una semplice preoccupazione: ”Vincere o perdere”. Spesso si assiste a una certa frenesia per la gara e si finisce per litigare sulla scelta di una tecnica e della sua efficacia in gara per poter vincere un Kumite. Questo atteggiamento è fuorviante e il Karate tradizionale che pratichiamo in FIKTA non nasce per fare le gare, ma per imparare tecniche efficaci di difesa che siano in grado con un solo colpo di annientare l’avversario. Un tempo infatti ci si allenava a colpire sui punti vitali (Kyusho) attraverso un assiduo allenamento che puntava alla concentrazione e alla precisione dei colpi e alla loro forza.
Una società ASD è un gruppo di soci in cui tutti hanno la stessa rilevanza e insieme condividono stessi principi e stesso “scopo”. Per questo motivo è importante rappresentare, in modo educato e rispettoso, le proprie idee al Maestro e avere il coraggio di porgli domande senza aver paura di esprimersi con la consapevolezza che: “non fare domande al proprio Maestro non significa rispettarlo”.
Le qualifiche di Istruttore e Maestro rilasciate dalla FIKTA sono riconosciute dal CONI attraverso la US ACLI. La collaborazione con la FIJILKAM, oltre ad avere un completo riconoscimento dei titoli acquisiti nelle rispettive società, consente di partecipare a eventi, stage o allenamenti organizzati sia dall’una sia dall’altra parte. La preparazione tecnica che ritroviamo in FIKTA viene molto apprezzata da altre federazioni, le quali dimostrano notevole interesse ad attingere dal bagaglio di conoscenze che essa possiede. Credo che allo stesso modo potremmo imparare da altre federazioni per poter crescere e migliorare in quegli aspetti in cui mostriamo lacune con l’idea che un po’ di umiltà può solo aiutare a crescere.
L’arbitro riveste un ruolo importante e delicato in quanto, al di là della competizione, consente di trasformare quel particolare momento in un’occasione di crescita.
ARBITRAGGIO
Chi è l’arbitro nel Karate? Domanda banale, ma che spesso può mettere in difficoltà se non abbiamo ben chiare le sue funzioni nell’ambito dell’attività in cui riveste il suo delicato e complesso ruolo. Possiamo dire che rappresenta colui che in una competizione “deve far rispettare le regole” in effetti però il suo compito è anche quello, nell’ambito del Karate, “di garantire l’incolumità degli atleti che si affrontano”, ma anche “essere di ausilio e guida all’atleta” che in quella specifica occasione ha la possibilità di confrontarsi con l’avversario.
Da tutto ciò si evince che l’arbitro riveste un ruolo importante e delicato in quanto, al di là della competizione, consente di trasformare quel particolare momento in un’occasione di crescita. Nonostante la necessità di svolgere tale ruolo con neutralità e obiettività, spesso accade che l’arbitro si faccia condizionare dalle conoscenze che ha dell’atleta o dalle sue già note capacità. Questo rende il suo giudizio poco realistico e alterato, riduce sensibilmente la sua attenzione e non garantisce un giudizio arbitrale costruttivo, in quanto viziato da pregiudizi e false convinzioni. Dare per buone delle tecniche scorrette non favorisce la conservazione di quei metodi e conoscenze che sono alla base del Karate tradizionale.
Questi aspetti, e non solo, sono stati trattati nella lezione del M° Gazich. In particolare, si è voluta sottolineare l’importanza che riveste la “coscienza del rispetto”, nella convinzione che “vincere o perdere” non deve essere la preoccupazione che deve far scatenare gli animi di allenatori, Istruttori e Maestri durante le competizioni. Alcune volte, soprattutto nelle occasioni più importanti (gare Nazionali e Internazionali), si assiste a scene che ben poco si allontanano dal modo di fare delle competizioni di calcio in cui non mancano comportamenti diseducativi e linguaggi inappropriati verso arbitri e avversari. Il Karate, diversamente dalla discipline sportive comuni che tutti conosciamo, necessita di un atteggiamento mentale volto alla correttezza e al rispetto degli altri e questo rispetto nasce dal comportamento rispettoso che l’insegnante deve trasmettere ai propri allievi. Il giudizio arbitrale è insindacabile, ma esiste anche la possibilità di sbagliare. L’errore è un componente naturale della nostra esistenza umana ed è “necessario alla nostra crescita”.
Nel caso si riscontrasse un errore arbitrale evidente come per esempio la mancata attribuzione di un Wazari, il coach potrà rivolgersi al “Presidente di giuria” il quale, con il Kansa (arbitro che vigila sul centrale e sui giudici d’angolo), verificherà la fondatezza dell’errore provvedendo a mettere in atto le azioni correttive, se necessarie.
Consapevoli della delicatezza del ruolo arbitrale bisogna entrare nell’ordine di idea che conoscenze e massima concentrazione non possano mancare a chi dovrà gestire un incontro. In questo modo, sarà possibile valutare correttamente le tecniche portate a segno, tenendo conto di parametri ben precisi che consentono un giudizio ineccepibile. In una prova di Kumite sono stati trattati e osservati gli elementi importanti da valutare per essere certi di assegnare correttamente un Wazari o un Ippon: forma, tecnica, transizione, esplosività, stato mentale (Zanshin), a cui aggiungiamo due altri fattori che sono tempo e velocità.
TEORIA DOPO LA PRATICA
Scriminante non codificata
Un’intensa attività teorica ha caratterizzato la giornata successiva in cui si è parlato in modo approfondito di aspetti legati alla responsabilità civile nello sport, soprattutto quando parliamo di “sport da combattimento”.
Per far sì che lo sport possa essere praticato tranquillamente vi è una sorta di autonomia riconosciuta dallo Stato attraverso un “ordinamento sportivo”. In questo modo viene consentito di praticare una disciplina in modo tranquillo, senza incorrere in sanzioni che potrebbero avere effetti giuridici dannosi per il cittadino. Infatti, prendendosi a pugni per strada si può essere denunciati per lesioni personali, mentre sul ring questo è ammesso senza trovarsi nei guai Si è fatto riferimento alla cosiddetta Teoria della “Scriminante non codificata” la quale consente di non avere conseguenze civili o penali quando attraverso la pratica dello sport si procura un danno, sempre che siano rispettate le regole del gioco e di giusta condotta. Esiste pertanto la cosiddetta “accettazione del rischio” che consente a chi pratica uno sport di essere consapevole delle conseguenze che possono scaturire attraverso detta pratica.
Per rispondere efficacemente a un evento esterno è necessario essere il più sciolti possibile e sicuramente non tesi.
Problematiche fisiche legate al Karate
Dagli aspetti giuridici legati alla pratica sportiva si è passati a quelli di natura muscolare, osteomuscolare e tendinea.
Il tessuto muscolare è formato da vari strati e quando subisce un trauma si modifica come può avvenire, ad esempio, con una sfibratura del muscolo bicipite. Questa problematica determina una condizione di criticità che fa lavorare male la muscolatura determinando ulteriori conseguenze. Nei casi di calcificazione l’organismo agisce con “effetto clinico”, attraverso l’immissione nei tessuti di liquido a base di calcio di tipo calcareo molle. Altre volte, specie se si insiste su un dolore cronico, la muscolatura deve fare un lavoro superiore a quello normale per cui vengono interessate le inserzioni tendinee (causando tendiniti) o la cartilagine (condropatie).
Durante un allenamento di Karate vengono interessati i seguenti tendini:
- Tendini della cuffia dei rotatori
- Tendini dei muscoli epicondiloidei
- Tendini abduttori, epitrocleari ed extrarotatori dell’anca
- Inserzione distale del grande gluteo
- Inserzione distale Ileo Psoas
- Tendini adduttori coscia
- Tendini quadricipitali
Rilevazione dei parametri psicoergometrici nel Kumite
Con il M° Benocci sono stati valutati i risultati acquisiti tramite il sistema ERGO-MAK. Tramite questa apparecchiatura è possibile rilevare dati balistici e psicoergometrici, consentendo di analizzare le tecniche di Karate in modo da descrivere con precisione quello che succede prima, durante e dopo l’impatto di un pugno sferrato contro un makiwara, permettendo altresì di valutare le energie e le potenze sviluppate durante l’impatto.
Riuscire a vedere velocità e potenza, non tanto quando l’atleta di Karate decide di tirare un pugno, ma quando vi è uno stimolo visivo e uditivo che simula la presenza di un avversario pronto ad attaccare o si trova nella condizione per poter sferrare la tecnica. In queste condizioni tutta l’energia che pensiamo di avere risulta essere molto inferiore, in quanto intervengono condizioni mentali e fisiche che influiscono sull’efficacia del pugno:
- contrazione dei muscoli,
- prontezza,
- reattività,
- giusta concentrare della forza sul lato in cui bisogna sferrare il colpo;
tutti elementi che abbassano il potenziale del picco di potenza. Questa prima analisi evidenzia che per rispondere efficacemente a un evento esterno è necessario essere il più sciolti possibile e sicuramente non tesi.
La prontezza di riflessi è un fattore fondamentale nel Kumite e da questo deriva il tempo di reazione che nei migliori atleti olimpici si aggira dai 145 millisecondi ai 165 millisecondi; coloro che hanno valori oltre 180-190 millisecondi sono già fuori competizione, perché il tempo è troppo lungo e le azioni non sono in grado di essere viste nel tempo idoneo per intervenire. Allenare l’aspetto della prontezza di riflessi è una grossa garanzia di salvaguardia, infatti, l’insorgere di incidenti avviene quando si hanno tempi di reazione troppo lenti.
Nell’ambito dello studio dei tempi di reazione è stato assodato come la “contro-aspettativa” sia un fattore più invalidante della “sorpresa”. La contro-aspettativa è quella circostanza, ad esempio, in cui una persona si aspetta un calcio e invece arriva un pugno, la sorpresa si ha quando non si aspetta “qualcosa”.
Altrettanto fondamentale è il “tempo di attesa” in quanto intorno ai tre secondi si ha il tempo di risposta migliore. Dal momento in cui inizia l’aspettativa il tempo dei tre secondi determina il range temporale in cui la prontezza di riflessi è migliore; questa condizione è valida sia per i principianti sia per gli esperti, infatti, dal punto di vista reattivo tra i due soggetti vi è pochissima differenza. Nel tempo successivo ai tre secondi, l’esperto dimostra maggiore controllo della situazione in quanto ha maggiore resistenza mentale.
In ultima analisi riassumendo i dati riguardanti le potenze medie di impatto e i tempi totali (somma tra tempi di reazione e tempo di movimento) si è constatato che soggetti veloci, ma deboli hanno tempi al di sotto di 550 millisecondi, mentre i soggetti potenti sviluppano potenze medie di impatto sopra i 3500 watt.
Per sviluppare hara ci vuole continuità assoluta e continuo impegno per evitare dispersione.
Storia del Karate
Il karate tradizionale nasce in origine con l’idea di sopravvivenza e richiede che venga sviluppato quel potenziale non utilizzato dall’uomo ordinario (ki, hara ecc.). Per sviluppare hara ci vuole continuità assoluta e continuo impegno per evitare dispersione. Questo Karate richiede sforzi reali, assiduità, coraggio e perseveranza, tutte cose che non si trovano a caso perché per ottenerle bisogna essere tenaci e resistere, bisogna volere e poter fare. Il Karate è rieducazione Fisica (tecnica) e Spirituale (mente).
Dobbiamo tener presente che non si modificano i propri difetti se non si ha energia e l’energia si acquisisce tramite l’allenamento e la pratica del Karate. In questo modo e con questa energia si possono raggiungere “la più alta perfezione”, “la più alta realizzazione”, “aiutare gli altri a conseguire la loro realizzazione”. Con questi profondi principi, racchiusi nella lunga “Storia del Karate”, si è concluso l’ultimo giorno di questa full immersion di agosto.
Qui il resoconto degli altri incontri.