Vittorino Andreoli e Massimo Raveri a confronto nel primo degli incontri culturali dei Mondiali.
A cura di Susanna Rubatto
La serata di domenica 17 settembre al teatro Eden di Treviso, organizzata grazie alla partnership di WSKA con l’Associazione filosofica “Pensare il presente”, è iniziata con l’esecuzione del kata Tekki da parte degli atleti dell’ASD Ren Bu Kan Treviso ed è stata introdotta dal M° Ofelio Michielan che ha ringraziato il folto pubblico presente.
Ospiti del primo dei tre incontri a carattere culturale, previsti nella settimana trevigiana dedicata ai WSKA 2017, sono stati lo psichiatra e ricercatore Vittorino Andreoli e il prof. Massimo Raveri, docente di “Religioni e Filosofie dell’Asia Orientale” (Giappone), all’Università Ca’ Foscari di Venezia.
Oggi sappiamo che il cervello è un organo che produce, con le funzioni, tutto ciò che chiamiamo mente…
Il tema affrontato “Corpo e mente. Tra Oriente e Occidente” si è rivelato denso di significati profondi, esplorati con enorme spessore culturale dai due relatori, in un confronto che ha accompagnato gli auditori attraverso il corpo, lo spirito… fino alle radici del senso vita-morte.
Sapendo di non dare merito alla ricchezza delle argomentazioni e scusandoci anticipatamente per la necessaria sintesi, riportiamo soltanto alcuni dei passaggi iniziali di quanto esposto, quelli che riteniamo possano essere più interessanti per i lettori del nostro magazine.
Dott. VITTORINO ANDREOLI
I principi della nostra civiltà occidentale, nonostante i suoi limiti, fin dall’inizio si basano su un concetto duale che ha radici nella cultura greca e che, proseguendo anche nella successiva religione, ha nettamente separato il corpo dall’anima. L’anima è concepita come qualcosa che proviene dall’alto, ma che ha poi bisogno della materia, di un corpo e, infine, del cervello per risiedere e consentire di attivare quella scintilla per cui la mente opera.
Questo principio, sicuramente in antagonismo con quello olistico dell’Oriente, denota una differenza stridente tra le due civiltà. C’è però da dire che, la cultura e la scienza hanno diminuito la distanza tra le due per un possibile incontro.
Oggi sappiamo che il cervello è un organo che produce, con le funzioni, tutto ciò che chiamiamo mente… L’apprendere (l’intelligenza) sappiamo che è una capacità del cervello che si attiva durante tutte le operazioni dell’apprendere e del capire. Questa non è un’affermazione filosofica, ma una dimostrazione scientifica, basata anche sull’uso di strumenti che ci permettono di vedere cosa accade nel cervello.
Oggi diciamo che cervello e mente sono espressioni di una stessa realtà, anche se tradizionalmente usiamo due linguaggi per descriverli.
Dobbiamo però distinguere, nel mondo occidentale, tra ciò che chiamiamo mente e quella che era l’anima di Aristotele o di Platone. Perché se l’anima è caratterizzata dall’immortalità e dall’immaterialità, non ha nulla a che fare con la mente. Quindi, avere legato cervello e mente, che sono legati alla materia, non significa aver tolto il fondamento del cristianesimo.
Esiste la regola della circolarità, per la quale lo stato della mente incide fortemente sul corpo e sul cervello.
Uno dei principi scoperti per la comprensione del comportamento (che ci avvicina al polo orientale) è che esiste la regola della circolarità, per la quale lo stato della mente incide fortemente sul corpo e sul cervello. Nel 1961, per esempio, si è dimostrato che la depressione, basata su un senso di inadeguatezza, di incapacità, e sul senso di colpa, influenza il corpo e lo rende meno resistente agli insulti esterni come le malattie, anche le più banali, fino alle patologie tumorali.
Già quanto detto ci fa vedere la relazione tra mente e corpo, e come lo stare bene dell’uno influenzi l’altro. Ecco la circolarità.
Naturalmente, anche le relazioni sociali ne sono influenzate.
In Medicina esistono 152 specialità, perché la medicina clinica si occupa degli organi, partendo dai sintomi che sono sempre legati a una parte del corpo (mal di testa, dolori articolari ecc.). Una vera e propria frammentazione che certamente non si lega all’ idea olistica del corpo, del tutto, e che oggi sentiamo come un limite, perché ci accorgiamo che non basta curare il fegato, ma si devono tenere presente quelle condizioni e di quelle caratteristiche dell’uomo che invece non sono legate al fegato… la depressione non è nel fegato! … Sempre più avvertiamo il bisogno di ricostruire l’uomo tutto intero.
Oggi sappiamo che il cervello è un organo che produce, con le funzioni, tutto ciò che chiamiamo mente…. È fondamentale conoscere le parti, ma saper vedere il tutto e questo è auspicabile per tutta la medicina.
Un altro aspetto che mi pare molto interessante da affrontare è la meditazione.
C’è una meditazione occidentale che, oltre il monachesimo, è la meditazione dell’autocoscienza … Ciò che mi colpisce è che abbiamo bisogno della meditazione e qui è auspicabile l’unione tra oriente e occidente.
In quella occidentale siamo attenti e concentrati su qualcosa che è fuori di noi (Dio, un’immagine…), cioè abbiamo bisogno di “uscire” dal corpo, di concentrarci su un concetto, mentre, mi pare, che la meditazione orientale sia sul corpo. Quella occidentale appare come uno “sforzo”, mentre, avremmo bisogno di meditare il corpo … inteso come “profezia” che ci fa svelare (togliere il velo), perché credo sia fondamentale per dare risposte alla logica corporea, all’insieme.
Il Karate non è solo uno sport, ma è il risultato di un’azione speculativa profonda e complessa che viene da 3 filoni: uno sciamanico, uno taoista e uno buddista.
Il tema della coscienza è quello che oggi mi affascina di più, perché non ha un luogo.
La coscienza è qualcosa che riguarda l’insieme, non solo l’Io, ma anche l’Altro, perché per avere coscienza di me ho bisogno di avere consapevolezza dell’altro. La scienza occidentale probabilmente non riesce a dare una risposta, come per le altre funzioni, per dire che cos’è e dov’è la coscienza. Qualche scienziato dice che la coscienza … è qualcosa che si lega all’esperienza dell’altro, all’intersoggettività.
Questa ipotesi, che nasce dall’interno della scienza occidentale si avvicina quindi al principio orientale dell’unità, del tutto.
Abbiamo bisogno di Oriente e di Occidente, soprattutto di una visione collettiva, perché da tutti dobbiamo imparare qualcosa, per cercare di dare spiegazioni alla domanda: chi siamo e perché siamo qui.
Prof. MASSIMO RAVERI
Il Karate non è solo uno sport, ma è il risultato di un’azione speculativa profonda e complessa che viene da 3 filoni: uno sciamanico, uno taoista e uno buddista. È immaginato come una Via (Do), come un’esperienza, un cammino interiore di autocoscienza, di liberazione e di risveglio interiore. Paradossalmente, almeno in Asia, la si abbina anche ad altre Vie che sono esperienziali, di ricerca interiore, come l’ikebana o la cerimonia del tè. Hanno tutte la stessa strategia, con forme diverse, ma la prospettiva salvifica è identica.
La Via non è insegnata direttamente, il Maestro non spiega i contenuti, li fa vivere guidando l’allievo attraverso una gestualità molto rigorosa e disciplinata, per interiorizzare una prassi che, sostanzialmente, è meditativa. L’avversario è il tuo “amico”, quello che ti aiuta a capire, non è un nemico da abbattere e viceversa.
Il punto cruciale è che è un’alterità, basata su postulati che hanno un fascino, ma anche un fondo di inquietudine e che, però, ci appartengono. La nostra società guarda alla tradizione olista, quale alterità che diventa fonte d’ispirazione e arricchimento, senza negare le proprie tradizioni, ma sviluppandole, tanto più oggi che il pensiero occidentale è in crisi.
Punto cruciale è il corpo e il suo rapporto con la mente, una visione che non appartiene alla cultura dell’Asia orientale, per cui sono due dimensioni sentite come complementari e non opposte, non in conflitto, ma sfaccettature di una stessa realtà.
… il Chi (Ki in giapponese) che a volte, condensandosi diventa corpo e altre, raffinandosi, diviene mente.
Gli orientali non vedono una dicotomia tra mente e cuore (kokoro), ma le vedono in un rapporto dinamico, reale e vissuto.
Il bellissimo simbolo del Tao è da vedere in movimento: com’è l’energia, il Chi (Ki in giapponese) che a volte, condensandosi diventa corpo e altre, raffinandosi, diviene mente.
La visione olistica è anche nella medicina (dal IV sec. a.C.) per la quale è impossibile pensare di curare un corpo senza curare anche la mente. Una visione che, inoltre, inserisce l’uomo in una totalità.
In Occidente il corpo ha delle proporzioni matematiche, dai greci fino a Leonardo. In Asia per disegnare un corpo probabilmente farebbero un paesaggio, perché il corpo-mente è considerato una proiezione in piccolo dell’universo e c’è un profondo senso di armonia tra l’uomo e il mondo.
Ciò che può creare disarmonia per le grandi tradizioni spirituali, soprattutto teorizzato da Taoismo e Buddismo, è il nostro piccolo Io. Nello specifico i nostri sensi e i nostri sentimenti, che sono l’irrimediabilità del mio Io, quale fonte di illusioni.