Come conservare i propri valori cercando di evolversi, senza perdere il contatto con la realtà.
Nel mio precedente articolo (KATA-Psicologia dell’arte e filosofia del Karate) ho affrontato la tematica del kata nel Karate Shotokan Tradizionale del M° Gichin Funakoshi. Ho cercato di collegare alcuni aspetti legati alla pratica e allo studio del kata con l’aspetto intrinseco, ma spesso nascosto, del fatto che il kata possa essere considerato un’opera d’arte. Da qui ho poi fatto alcuni esempi con la pittura, cercando di comparare i diversi aspetti comuni dell’arte del karate (il kata in particolare) e dell’arte del dipingere (la pittura), aprendo una ‘finestra’ ad alcune considerazioni di carattere psicologico. Sono giunto alla conclusione che, nonostante ci siano dei parametri oggettivi di riferimento per un giudizio arbitrale sull’esecuzione di un kata, esso non troverà mai tutti d’accordo nell’assegnazione di un punteggio, proprio come per coloro che vengono chiamati “critici d’arte” nella pittura o la famosa “giuria di qualità” che è interpellata per stilare una classifica nelle manifestazioni canore (vedi Sanremo o altro).
Io sento che chiamare semplicemente atleta un praticante agonista di Karate Shotokan Tradizionale sia un po’ limitante.
Quindi, non vi è un aspetto meramente estetico o solamente tecnico, io sento che chiamare semplicemente atleta un praticante agonista di Karate Shotokan Tradizionale sia un po’ limitante. Non è una provocazione per il mondo del karate sportivo che appartiene ad altre federazioni, ma mi sento di dire che per fare del buon karate non basta essere preparati solo atleticamente. È vero anche che, se guardo l’aspetto delle gare, la parte più importante è dedicata alla preparazione atletica e al gesto tecnico, ma così, sempre a mio parere, mi sembra venga svilito l’aspetto profondo (oserei dire carsico) che c’è, ma non si vede.
Col karate alle Olimpiadi si rischia questo, di vedere un qualcosa che ha solo il nome e la divisa di un’arte nata in oriente parecchi anni fa.
Elenco solo alcuni aspetti che caratterizzano il karate tradizionale:
- l’importanza di come si entra sul tatami (il portamento),
- il come ci si veste,
- l’ordine nel gestire i capelli,
- l’importanza del saluto all’inizio e alla fine,
- la correttezza e il rispetto per l’avversario e gli arbitri,
- la gestione del proprio materiale da gara.
Tutto questo viene raccolto dentro la dicitura internazionale Budo aspect che si dovrebbe riscontrare sia nell’esecuzione delle tecniche, ma anche nelle cose che fanno da “contorno” a una prestazione di Karate Tradizionale. Praticamente è la conoscenza e la giusta collocazione di un gesto carico di significati.
Mi chiedo a volte come sia possibile che praticanti di un certo livello e di una certa esperienza non conoscano il Dojokun e che sempre di meno venga ripetuto al termine di una lezione. Anche i vari tipi di saluto, Shomen ni rei, Sensei ni rei, Otagai ni rei, spesso vengono eseguiti pedissequamente senza conoscerne il significato.
Lo stesso dicasi per l’utilizzo del makiwara che sta scomparendo quasi totalmente (come pure l’utilizzo di altri attrezzi quali il sacco) e, se molti si apprestano a rompere delle tavolette di legno (intorno ai tre centimetri), riscontrano una certa difficoltà a romperle con il semplice tsuki (pugno). È vero anche che in passato, e forse anche tutt’oggi, quando si diceva che si fa karate ti associavano a colui che “rompe le tavolette”. Questo da parte dei neofiti; le persone più addentro, invece, quando vogliono “denigrare” o “sminuire” chi fa Shotokan Tradizionale, ci chiamano “quelli del Gedanbarai” oppure gli “Oss man”.
Per me personalmente non ci sono problemi, almeno ho una identità ben precisa che non si mescola con altre forme di pseudo-karate o un misto di tecniche e stili che non si sa da dove provengano… Sono orgoglioso del mio “lignaggio”, del mio “albero genealogico” del Karate Shotokan Tradizionale.
Da qui nasce tutto uno studio legato al senso di appartenenza. Ci sono fior fiore di studi che hanno spiegato quanto sia positivo “il senso di appartenenza” per un essere umano. Possiamo fare tanti esempi, ma uno che è davanti agli occhi di tutti è quello legato alla cultura e alle tradizioni di un’etnia o di un popolo. Quando si è emigranti in terra straniera o in altre regioni della stessa nazione spesso si cerca di “fare gruppo” o di ritrovarsi con i propri compaesani o persone che fanno parte della nostra regione. Questo perché ci si riconosce, dandoci un forte senso di identità e c’è un collegamento con il passato, con le nostre origini.
Ci piace mangiare cose che provengono dal mondo dove siamo nati e vissuti per un certo periodo, magari fino all’adolescenza e poi, per motivi di studio o di lavoro, c’è stata la necessità di trasferirsi in un’altra città o nazione. Ci piace ricordare e ancor più partecipare a feste o sagre che ci portano indietro negli anni, appena possibile in certi periodi dell’anno (Natale, Pasqua o in estate) si cerca di tornare ai nostri luoghi di origine, anche se per pochi giorni.
C’è quindi un forte legame che tiene insieme un gruppo di persone che hanno stessi usi, costumi e tradizioni. Il trovarsi insieme e quindi condividere degli ideali e dei principi è vitale, come pure sostenersi nei momenti di difficoltà. Tutto questo garantisce la sopravvivenza di un clan, di una razza, di un’etnia.
Sopravvivenza non solo in senso biologico, ma anche la sopravvivenza di un “certo stile di vita”, un “certo modo di pensare” e di rifarsi a certi valori.
Senza andare troppo lontano un popolo che dimentica le sue origini, la sua storia, è destinato a scomparire. Noi siamo quello che siamo soprattutto per il nostro passato di vita. E questo è molto importante. Quante volte i giovani d’oggi sono allo sbando o non hanno valori di riferimento. È semplice, in quasi tutti i casi di difficoltà legati al mondo giovanile troviamo che non ci sono “radici”, quasi sempre i giovani sono disturbati perché spesso si sentono calati in una realtà per loro incomprensibile, perché non hanno dei parametri di riferimento profondi legati alle loro origini.
Comunque, la crisi della società moderna non è legata solo a questo e ai giovani, ma anche alle cose superficiali che la stessa società moderna propone e al fatto che anche noi adulti tante volte, purtroppo, non siamo un esempio positivo. Basti vedere la crisi della politica, il mondo della finanza, e via dicendo.
Ci sono fior fiore di studi che hanno spiegato quanto sia positivo “il senso di appartenenza” per un essere umano.
Bene, lo stesso posso dire per quanto mi riguarda all’interno del Karate Shotokan Tradizionale: sento che è necessario stare insieme, che l’unione fa la forza e che ci garantisce la “sopravvivenza”, la sopravvivenza dei nostri valori. Valori legati al Karate Shotokan Tradizionale che non ci fanno dimenticare da “dove veniamo” e come siamo arrivati ad essere quello che siamo, con tutte le cose positive e con tutte le nostre contraddizioni… Negare le proprie origini o il proprio passato è un po’ come negare se stessi.
È vero, il mondo è cambiato e sicuramente sono cambiate anche le arti marziali. Tutto cambia, anche l’uomo è cambiato, ma il fatto che qualcuno si rifaccia ad “antichi valori” non è sbagliato, anzi, sento che è l’unico modo per non soccombere in una “società liquida” come la intendeva Zygmunt Baumann [Modernità liquida, Roma-Bari, Laterza, 2002. NdR]. La cosa importante che Baumann affermava era che è necessario il continuo aggiornamento e, quindi, parlava di formazione permanente, il “non smettere mai” di imparare.
Dal mio punto di vista è giusto fare una sintesi tra i propri valori, il proprio stile di vita e ciò che la società ci chiede. Quindi, per rimanere nel mondo del Karate, è necessario avere delle “radici forti” legate alle origini, ma allo stesso tempo guardarsi intorno e cercare di capire cosa sta accadendo. Ciò vuol dire adattare il proprio studio al contesto nel quale si vive.
Come ho già detto, nel 2020 il Karate andrà alle Olimpiadi in Giappone… bene, sono contento per tutto il mondo del Karate, per tutti gli stili, per il Karate Tradizionale e per il Karate Sportivo! Sono consapevole che a livello di immagine porterà beneficio a tutto l’ambiente, ma devo essere consapevole che il mio Shotokan Tradizionale può continuare a evolversi solo se rimane radicato nei suoi principi e, soprattutto, se chi lo pratica e lo propone rimane unito andando nella stessa direzione.