Incontro con il monaco buddista M° Mitsutaka Koso. Salsomaggiore (PR) – 30.04.2016
Traduzione M° Shuhei Matsuyama e Michele Gambolò
Buona sera a tutti, sono contento come sempre di vedervi e ringrazio il M° Shirai e la conoscenza del M° Kase che sono all’origine di questo nostro incontro. Anche oggi parleremo del kokoro (cuore).
La vita dei nostri giorni sembra essere pervasa da un desiderio egoistico, sembra che tutti noi siamo stressati e ‘ristretti’ dalla vita quotidiana del mondo e dalla società. In tutte la parti del mondo la vita è mossa da interesse e calcolo. L’interesse stesso fa nascere una nuova povertà, una nuova sofferenza, il malcontento, la gelosia e l’odio. Sulla base di questi presupposti nascono conflitti d’interesse, guerre e terrorismo.
Noi abbiamo avuto l’esperienza di due grandi guerre mondiali, ma forse non abbiamo imparato nulla. Pensando a questo mi chiedo dov’è andata l’educazione, dov’è finito il modo di pensare razionale? Mi dispiace tanto che il mondo sia in queste condizioni.
Il M° Shirai chiede sempre di mettere a posto il proprio cuore secondo i principi del Mazu sono kokoro wo tadase.
Un giorno ho visto il figlio di un amico che è in cerca di lavoro, ho letto il suo curriculum vitae e somigliava a uno spot pubblicitario per il lancio di un nuovo articolo. Allora ho chiesto a chi avrebbe spedito tale curriculum e lui mi ha risposto che l’avrebbe inoltrato a una società specializzata per la ricerca di lavoro e che per stenderlo aveva seguito le linee guida ricevute da loro.
A me sembra che sia una comunicazione che non valorizza la persona, ma solo un sistema per catalogare l’individuo e renderlo al pari di un oggetto.
Forse ricorderete il racconto che vi ho fatto tempo addietro di quel presidente d’azienda che al colloquio di lavoro chiese al candidato se avesse mai lavato i piedi al padre o alla madre… Un modo di selezione veramente basato sul rapporto tra gli individui e non su dati asettici.
Il M° Shirai quando insegna non separa mai il karate dal cuore, lui insegna il Karatedo. Lui cerca di valorizzare le persone di farle “vivere”. Il Maestro chiede sempre di mettere a posto il proprio cuore secondo i principi del MAZU SONO KOKORO WO TADASE.
Buddha dice che non si deve essere schiavi del cuore, ma padroni del cuore:
“Perché mente ti slanci qui e là senza una meta chiara e precisa? Lasciami passare al di là di questo rischioso mare di illusioni. Fino a qui ho agito secondo la tua volontà, ma ora sei tu a dovermi seguire!”.
“Gli uomini si attaccano alla distinzione tra il puro e l’impuro, inesistente invece nella natura delle cose, essa proviene solo da immagini false e assurde create dalla mente”.
Le sciocchezze o l’illuminazione profonda hanno la stessa origine, a seconda del modo di ragionare dobbiamo essere consapevoli di tutte le cose.
Per esempio il rei (saluto e rispetto) del dojokun inizia dicendo “sumimasen” per togliere qualsiasi cattiva sensazione, per chiedere perdono e dentro vi è contenuto anche arigato, il ringraziamento, e okagesama, rispetto e gratitudine per tutto. Quindi, il rispetto universale significa sapere perdonare con cuore e amore.
C’è un poeta e calligrafo di nome Mitsuo Aida, i cui testi sottolineano l’importanza dell’innocenza, che ha pubblicato una breve poesia:
La ceramica contro la ceramica si rompe all’istante.
Se una delle due ceramiche fosse morbida questo non accadrebbe.
Allora sarebbe meglio avere il cuore morbido,
ma io ho sempre il cuore di ceramica.
Tanto tempo fa c’era un vecchio mendicante pacifico e sempre sorridente. Era benvoluto da tutti. Nessuno conosceva il suo nome e la sua età. Un giorno, mentre chiedeva l’elemosina per la città, incontrò un giovane monaco che lo seguiva. Il mendicante gli chiese: “Che strano monaco sei tu che mi segui e sei interessato a me povero mendicante?”. Il giovane monaco si presentò dicendo: “Io sono un monaco che viene da Yamato, posso dormire da lei questa notte?”. Il mendicante rimase sorpreso: “Sei sicuro di voler dormire da me? La mia casa è piccola e sporca, ma se ci tieni, per me va bene”. Il vecchio accompagnò il giovane monaco a casa propria, quando si fece sera e il vecchio si stava per addormentare gli disse: “Mi scusi, ma lei a quest’ora non fa qualche pratica o dice delle preghiere?”. Il vecchio rispose: “No, io non faccio nulla di tutto ciò”. E il monaco: “Non mi nasconda nulla, io sono venuto da molto lontano proprio per farle questa domanda!”. “Veramente io non faccio nessuna preghiera” rispose il mendicante. Il giovane insistette: “Io, in sogno, ho visto lei diventare una persona brillante, proprio come il Buddha. Allora, come ha fatto a diventare una persona così?”. “Grazie per il grande pensiero, ma io non ho fatto nulla e non sono Buddha. Solamente, l’unica cosa che cerco di pensare da tanti anni, è che quando sono stanco e tutto è faticoso penso che ci sono tanti animali più stanchi di me. Quando ho fame penso che loro hanno più fame di me, ugualmente quando ho freddo e quando ho caldo e che sicuramente soffrono più di me. Io cerco di non dare fastidio a nessuno, di non fare qualcosa di doloroso che possa affliggere gli altri. E anche quando mangio qualcosa di buono penso che ci può essere qualcosa di più bello, come ad esempio il paradiso, quindi ho cercato di essere sempre lo stesso nel dolore e nella gioia. Non faccio altro che vivere con questo pensiero”. Il giovane monaco ascoltando queste parole si sentì di doverlo ringraziare profondamente e con piena soddisfazione ritornò al suo paese.
Solo quando ci si ammala si comincia a capire l’importanza della salute. Quando una persona sa di essere ammalata di cancro, sa che dovrà affrontare la sua morte e a quel punto cambiano completamente tutte le cose che lo circondano. C’è un modo diverso per apprezzare la luce del sole, il profumo dell’aria, gli alberi, il vento, il verde. In alcuni casi questo cambiamento porta a sentire la gioia della vita.
Quando succede qualcosa di drammatico potrebbe aumentare la propria consapevolezza.
Il rei (saluto e rispetto) del dojokun inizia dicendo “sumimasen” per togliere qualsiasi cattiva sensazione, per chiedere perdono e dentro vi è contenuto anche arigato, il ringraziamento, e okagesama, rispetto e gratitudine per tutto.
Vorrei terminare raccontandovi la storia delle formiche (da un racconto indiano).
Un giovane monaco praticava sotto la guida di un monaco più importante. Un giorno il maestro vide nella faccia del suo allievo l’ombra della morte, come se avesse solo sette giorni di vita. ‘Io vorrei aiutarlo, ma non posso fare nulla per controllare la vita delle persone’, pensò. Senza possibilità di cambiare le cose, decise di annunciare al giovane questa situazione. Il giovane monaco appresa la notizia, spaventato cominciò a piangere.
Il maestro per consolarlo gli disse: “Corri subito a casa per salutare i tuoi genitori e torna la mattina del settimo giorno”. Il ragazzo tornò a casa e si accorse che lì intorno stavano affogando tante formiche per una forte pioggia e pensando alla povere bestiole cercò di salvarle. Forse, sentendo la morte vicina si era preoccupato per le piccole formiche. Senza pensare cercò di spostare tutte le formiche in una zona più asciutta e senza accorgersi del tempo trascorso si rese conto di essere diventato molto più calmo. Dopo aver prestato il soccorso a tante formiche proseguì verso casa.
Al suo arrivo raccontò ai genitori del suo stato di salute e loro gli dissero che avrebbero voluto prendere il suo posto. Il giovane allora disse: “Madre, padre, non dovete soffrire più di tanto, perché qualsiasi essere un giorno o l’altro deve morire, a me campita semplicemente di doverlo fare prima. Quando ho saputo di avere solo sette giorni di vita ho visto il buio davanti a me, poi però ho salvato tante formiche e sono diventato più felice, perché nel corso della mia vita ho potuto aiutare così tanti esseri”.
Passati sei giorni in felicità il giovane monaco tornò dal suo maestro. Il maestro, guardandolo in faccia, rimase meravigliato, perché aveva cancellato dal viso l’ombra della sua morte e così gli chiese cos’era successo in quei giorni.
Egli rispose: “Qualcosa è cambiato, prima di sette giorni fa io pensavo soltanto alla mia vita, poi ho aiutato tante formiche a vivere e questo ha cambiato qualcosa in me. Quelle formiche che ho aiutato adesso mi ringraziano. Nella mia piccola vita ho potuto essere utile alla grande natura. Ho incominciato a pensare che non è importante la mia vita, ma a come si possono affrontare le cose in modo giusto, vorrei fare una pratica più approfondita per concentrare la mia vita a essere utile agli altri”. Questo giovane monaco continuò a vivere e, in seguito, diventò un monaco importante.
Quello che avete imparato attraverso il karatedo, cercate di portarlo nel vostro cammino di vita per avere pace nel cuore e restare sempre felici.
Vi ringrazio per avermi ascoltato con attenzione.
Gassho, M° Mitsutaka Koso.