Strategie di apprendimento: per un piccolo karateka è meglio imparare da un Maestro cintura nera o da un fratello più grande cintura blu?
Nella teoria dello psicologo sovietico Lev Vygotskij (1896–1934), la Zona di Sviluppo Prossimale (ZSP) è un concetto fondamentale che spiega come l’apprendimento del bambino si realizzi grazie all’osservazione di un modello esperto e con l’aiuto di un adulto, o di un bambino, più grande.
Vygotskij sosteneva che l’apprendimento si realizza con l’aiuto degli altri e non in solitudine; s’impara “guardando e facendo”, in particolare per quanto riguarda molte attività prassiche del quotidiano (allacciarsi le scarpe, usare le posate…) e, naturalmente, questo a buon diritto vale anche per le tecniche della nostra Arte Marziale.
La ZSP è stata definita da Vygotskij come la distanza tra il livello di sviluppo attuale e quello potenziale, che può essere raggiunto con l’aiuto di altre persone, adulti (genitori, maestri) oppure, meglio ancora, bambini con un livello di competenza maggiore.
Vygotskij, in disaccordo con Jean Piaget, – un altro grande teorico dell’infanzia e del suo sviluppo – riteneva che il bambino non passasse attraverso stadi consequenziali e progressivi (ad esempio, prima il pensiero concreto, poi quello astratto), né che “fosse pronto” (cognitivamente in primis, ma anche emotivamente) ad apprendere nuove conoscenze, che prima, troppo piccolo o immaturo, non era stato in grado di fare proprie.
Vygotskij sosteneva che il bambino impara dagli ‘altri significativi’ che lo circondano e che si trovano a un livello di conoscenza superiore.
L’educatore – noi diremmo il Maestro di Karate – dovrebbe proporre al bambino delle attività di livello lievemente superiore alle sue attuali competenze, ma comunque comprensibili, che si collochino in quell’area mentale – la Zona di Sviluppo Prossimale, appunto – in cui il bambino può estendere le sue abilità e risolvere problemi grazie all’aiuto di un esperto che “mostra come si fa” e limita la frustrazione dell’apprendista.
Gli stessi problemi non potrebbero ancora essere risolti dal bambino che li affrontasse da solo.
Per evolvere, come in un sistema di cerchi concentrici, dalla Zona di Sviluppo Attuale o Effettiva (quello che il bambino sa fare da solo) alla Zona di Sviluppo Potenziale (dove può arrivare, quanto può migliorare) si colloca la “prossimalità” insita nella socialità di un esempio da guardare e da imitare.
Il bambino diventa capace di eseguire autonomamente un nuovo compito.
Così, nel dojo, un bambino più piccolo, o che indossa una cintura gialla, sarà spronato dal “kata difficile” e dal kihon “con kime e con il kiai” del fratello maggiore, cintura blu.
Meglio un adulto, un Maestro cintura nera da molti anni e carico di molti dan, o un fratello cintura blu?
Vygotskij risponderebbe: meglio il ragazzino cintura blu.
Per un bambino è facile pensare che “i grandi sanno tutto, sanno sempre cosa fare e cosa è giusto”; è comune trovare, nel pensiero ‘magico’ tipico dell’infanzia, la concezione degli adulti come onniscienti: per meriti di età, di barba bianca, di cintura nera, di scienza infusa… tutto a loro è già noto e tutto viene messo in atto con estrema facilità.
Una figura d’esempio maggiore soltanto di qualche anno e di qualche kyu è un modello molto più avvicinabile: anch’egli deve lottare per non essere costretto a mangiare gli spinaci, anch’egli conosce le grandi tribolazioni date dalle tabelline e dall’analisi grammaticale, anch’egli deve chiedere “posso?” a mamma e papà…
Un concetto simile a quello della ZSP è quello di scaffolding, elaborato da Jerome Seymour Bruner, che si è molto occupato, fra l’altro, di psicologia dell’educazione. Bruner era nato a New York il 1° ottobre 1915 ed è scomparso molto recentemente, centenario, il 5 giugno 2016.
Il termine scaffolding deriva dall’inglese scaffold: “impalcatura” utilizzata dagli operai in edilizia.
Il concetto di scaffolding, trasposto in psicologia, indica l’aiuto di una persona esperta (insegnante, tutor, coetaneo) che fornisce indicazioni e suggerimenti, per consentire al bambino di svolgere un compito, risolvere un problema o raggiungere un obiettivo, pur non avendo ancora tutte le conoscenze e le abilità specifiche per farlo in autonomia.
Nel mondo scolastico attuale sta avendo una certa diffusione la modalità educativa della peer education: un alunno insegna ai compagni di classe delle nozioni che ha già avuto modo di apprendere.
Nell’articolo in cui Bruner et al. parlano per la prima volta di scaffolding, il compito in questione era costruire una piramide tridimensionale con dei blocchetti di legno e i bambini interagivano con i propri tutor coetanei.
Lo scaffolding di Bruner e la Zona di Sviluppo Prossimale di Vygotskij sono complementari: l’insegnante (di geometria o di Karate, qui poco ci fa differenza) opera un’attività di mediazione e sostegno, mentre l’allievo viene sostenuto nel suo operare a un livello leggermente superiore ai limiti della propria area attuale di sviluppo.
Un buon tutoring permetterà all’allievo di sviluppare alcune abilità fondamentali, anche nel Karate:
- l’auto-monitoraggio,
- l’auto-correzione
- l’incremento dell’autostima insito in ogni apprendimento, per arrivare al risultato auspicato, comunque soggetto, per sua stessa natura, a un’evoluzione continua.
Il ruolo dello scaffolder non è per nulla facile! Colui che sostiene l’allievo deve motivarlo in ogni fase del processo di apprendimento e, soprattutto, nei momenti di difficoltà… Quante volte avete pensato di “appendere la cintura al chiodo”, ma un Maestro vi ha fatto desistere?
Lo scaffolding deve essere continuamente adattato alle esigenze dei singoli individui, in base ai loro progressi e bisogni.
Inoltre, un tutor/maestro semplifica l’apprendimento, supporta, incoraggia, sprona l’allievo nel mantenimento del percorso verso l’obiettivo finale (o intermedio), sottolinea gli aspetti cruciali del compito, aiuta a controllare e gestire l’ansia… Insomma si pone come un modello, sia di apprendimento sia, in senso lato, di persona e di stile di vita – nel Karate e nell’Autodifesa femminile, al di là di alcuni gesti tecnici, si lavora sul pensiero critico e sulla riflessione.
La Zona di Sviluppo Prossimale e lo scaffolding sono concetti validi e condivisibili anche per gli animali. In etologia, quando una mamma gatta insegna ai gattini a lavarsi, ad arrampicarsi, a cacciare prede, a usare la lettiera (in ambiente domestico), o quando una gatta adulta come la mia, insegna a una sorellina alcuni comportamenti, come saltare sul cucuzzolo della fontanella in giardino… Se la gattina è troppo piccola per arrivarci con un salto, potrà mettere in campo le sue abilità di problem solving e arrampicarsi attraverso la siepe retrostante, anziché saltare. Quando la gattina sarà “in vetta”, lo sguardo della maggiore non la abbandonerà, come lo sguardo di un buon Maestro non abbandona mai l’allievo durante una competizione.
Si possono trasportare i concetti di ZSP e di scaffolding nell’Auto-difesa femminile? Senz’altro. Cosa farebbe una donna che ammiriamo e prendiamo a modello – anzi, cosa immaginiamo/ipotizziamo che farebbe – se si trovasse in una certa situazione?