Ulteriori considerazioni del M° Perlati sull’ammissione del Karate alle Olimpiadi di Tokio.
Il Maestro Deshimaru ha scritto: “Nello sport c’è il tempo, nell’arte marziale c’è l’istante”. Tutti i praticanti sanno cosa significa. Nello sport vengono considerate delle prestazioni durante un tempo prestabilito, nell’arte marziale l’istante determina la vita o la morte.
Da questo concetto derivano diverse scelte, per esempio:
- nelle gare Shobu ippon, anziché Sanbon shobu;
- proporre le gare come mezzo di auto miglioramento e non come fine;
- attuare dei regolamenti in funzione del miglioramento del karate e non praticare karate in funzione dei regolamenti (nella FIKTA vengono continuamente cambiati per questo obiettivo).
Si tratta di considerare obiettivi opposti senza entrare nel merito di quale sia il migliore perché, nonostante tutti gli sforzi, non è facile anche nella FIKTA ottenere i risultati sperati (non intendo le gare, ma il karate).
Chi mi conosce sa che da sempre sono contrario al karate alle Olimpiadi, se non come sport di combattimento generico ed escludendo la parola “karate”.
Allo stesso tempo, ho anche sempre sostenuto che, se fosse stato ammesso, allora sarebbe stato giusto trovare spazio anche per il karate tradizionale, semplicemente per la visibilità, perché purtroppo oggi esiste solamente ciò che è visibile.
In questo senso abbiamo “perso”, ma… Nana Korobi Ya Oki, ‘Sette volte giù, otto volte su’.