Sembra magia, ma è una scoperta delle neuroscienze: i neuroni attivati nell’esecutore di un’azione sono attivati anche nell’osservatore. Osservare un gesto tecnico, nel Karate, nell’Autodifesa femminile e non solo, è fondamentale per l’apprendimento.
Nessuno oserebbe sostenere che si può apprendere a suonare il violino assistendo a un’esibizione di Uto Ughi; nessuna ballerina avrà imparato la danza classica soltanto osservando i filmati di Carla Fracci e nessuno di noi avrà imparato l’esecuzione dei Kata – a parte la memorizzazione dell’enbusen – soltanto guardando su Youtube i filmati del M° Kanazawa.
Ma è bene ricordare che nell’attività sportiva e, più in generale, in qualsiasi attività che preveda un movimento finalistico, ossia muovere una o più parti del corpo per raggiungere uno scopo, una di quelle attività in cui “si impara facendo”, nulla si impara solo facendo, senza l’osservazione preliminare di un modello.
Nessun bambino impara una lingua se non perché l’ascolta, tant’è che i bambini sordi dalla nascita e non trattati non imparano a parlare.
Nessun bambino impara a scrivere senza qualcuno che gli insegni “come si fa” a tenere una matita in mano e tutto il resto di conseguenza.
Chi è stato autodidatta in qualche ambito sa quanta fatica e quanto impegno supplementare gli sia costato il suo apprendimento, e quanta nostalgia abbia sentito per un maestro di cui non ha avuto modo di beneficiare.
I neuroni specchio sono elementi cerebrali capaci di rappresentare i movimenti che un altro soggetto esegue o potrà eseguire.
Sono passati ormai vent’anni da quando un’equipe di ricercatori dell’Università di Parma (Italia!), costituita da neuroscienziati “cervelli non in fuga” dal nostro paese, ha realizzato le prime scoperte e teorizzazioni sui neuroni specchio – oggi universalmente noti nel mondo scientifico come mirror neurons.
Molti maestri di Karate e moltissimi praticanti non ne conoscono nemmeno l’esistenza: “Mai sentiti nominare… Cosa sono?”.
Naturalmente non si può pretendere che un maestro di Karate, di altre arti Marziali, di sport da combattimento o di Autodifesa femminile possa essere anche un esperto di Psicologia e di Neuroscienze, ma, come si suol dire, in certi casi fa più danni l’ignoranza che la cattiveria.
I neuroni specchio sono elementi cerebrali capaci di rappresentare i movimenti che un altro soggetto esegue o potrà eseguire.
Sembra magia, ma è neuroscienza… Attraverso studi e ricerche con la risonanza magnetica è stato possibile scoprire come i neuroni attivati nell’esecutore, durante un’azione, sono attivati anche nell’osservatore.
Il gruppo di ricerca era coordinato da Giacomo Rizzolatti e composto da Vittorio Gallese, Luciano Fadiga, Giuseppe di Pellegrino, Leonardo Fogassi, Giovanni Pavesi. Paolo Migone, Morris Eagle, Corrado Sinigaglia ed altri si unirono all’equipe come collaboratori qualche tempo dopo.
Oggi il coordinatore è Vittorio Gallese – alcune sue interviste molto interessanti sono reperibili in rete. Nel 2007 Gallese è stato insignito del Grawemeyer Award per la psicologia, insieme a Rizzolatti e Fogassi.
Come accadde per molte altre scoperte scientifiche, anche quella dei neuroni specchio fu dovuta al caso: i ricercatori si stavano dedicando allo studio della corteccia premotoria. Avevano collocato degli elettrodi su un macaco, per studiare i neuroni specializzati nel controllo dei movimenti fini della mano, come raccogliere e manipolare oggetti.
Durante ogni esperimento veniva registrato il comportamento dei singoli neuroni nel cervello dell’animale.
Mentre uno sperimentatore prendeva una banana in un cesto di frutta preparato per gli esperimenti, fu registrata la reazione di alcuni neuroni della scimmia che osservava la scena – ma quella scimmia non si era mossa, e fino ad allora si riteneva che i neuroni si attivassero solo per funzioni motorie.
Le reazioni cerebrali nell’osservatore si ripeterono non appena fu ripetuta l’azione di afferrare.
Poi iniziarono gli studi nei cervelli umani…
Nel 1995, utilizzando varie tecniche di brain imaging, l’equipe dimostrò l’esistenza nell’uomo di un sistema simile a quello trovato nella scimmia, per cui la corteccia motoria è facilitata dall’osservazione di azioni e movimenti altrui: si apprende osservando prima che facendo!
Oggi conosciamo la localizzazione precisa dei neuroni specchio umani e delle regioni che rispondono all’azione/osservazione.
Nell’uomo la corteccia motoria è facilitata dall’osservazione di azioni e movimenti altrui: si apprende osservando prima che facendo!
Fin da piccolo l’essere umano comprende l’altro, in maniera immediata, senza sforzi cognitivi, semplicemente perché condivide la stessa attivazione neurale, pur rimanendo fermo, purché stia osservando una persona compiere un’azione intenzionale.
A questo proposito, psicologi e neuroscienziati parlano di “meccanismo di simulazione incarnata” (embodied simulation): l’osservazione dell’azione altrui ci porta a simulare (in maniera implicita, automatica) la stessa azione in noi stessi, come se fossimo l’altra persona.
Tale simulazione è resa possibile dallo spazio “noi-centrico”: so come è fatto il mio corpo, come si muove nello spazio, e applico questa conoscenza anche ai miei simili.
Non vi è mai capitato di sentirvi stanchi, come dopo aver praticato nel dojo, “solo” per aver osservato i vostri atleti durante un allenamento, una gara, un esame?
Ecco, appunto.
Esistono neuroni specchio che si attivano anche se osserviamo l’emozione dell’altro, non solo la sua azione: se osservo una persona triste, felice, impaurita, si attiveranno in me gli stessi circuiti neuronali che si sono attivati in quella persona.
Questo ci permette di comprendere implicitamente l’emozione dell’altro e di provare empatia.
I neuroni specchio permettono quel terreno di esperienza comune tra le persone, che consente di interagire con gli altri, condividendo desideri, emozioni, aspettative, finalità.
Credersi Bruce Lee dopo aver visto i film che lo vedono protagonista non è essere mossi da onnipotenza infantile – come qualcuno mostra di credere – ma significherebbe proprio sconfinare in un pensiero psicotico e tangenziale; d’altra parte, basterebbe il primo incontro di kumite nel dojo per ritornare a un più congruo esame di realtà.
Per tutto quanto riguarda invece l’ampia gamma di filmati che compaiono in rete, relativi alla nostra arte marziale… meno male che ci sono!
Anche nell’Autodifesa l’osservazione del gesto tecnico altrui è fondamentale per l’apprendimento, ma l’Autodifesa è anche e principalmente una forma mentale.
Osservare attentamente e con rispetto i grandi maestri del passato e i grandi campioni attuali – anche dal vivo, per chi ha la possibilità di assistere ad allenamenti e gare – è un modo efficacissimo per attivare i neuroni specchio, per cercare di cogliere la finezza e la perizia del gesto tecnico, carpire il dettaglio virtuoso, prenderne esempio per cercare di imitare quanto osservato, nella propria realtà di umile praticante, con impegno e con lo scopo di perseguire sempre un proprio miglioramento, personale oltre che tecnico.
La questione si complica – ma forse non troppo – se pensiamo all’ambito dell’Autodifesa.
Anche qui l’osservazione del gesto tecnico altrui e l’insegnamento da parte di un maestro o modello sono la base fondamentale per l’apprendimento, ma naturalmente l’Autodifesa non è soltanto un gesto tecnico, è anche e principalmente una forma mentale che comprende molte delle variabili trattate finora: l’autostima, l’autoefficacia percepita, lo stile attributivo, l’assertività.
Un modello di Autodifesa può essere una madre che insegna alle proprie figlie – prima di tutto con l’esempio – a rispettare gli altri e a farsi rispettare, a non lasciarsi umiliare e offendere da chi si atteggia a prepotente.