Intervista al Direttore Tecnico e Presidente FIKTA della Regione Liguria.
(In Karate Do n. 40 ott-nov-dic 2015)
Maestro Calimero ci racconta qualcosa di sé, della sua famiglia e del luogo in cui vive?
Sono nato nel 1940, da una famiglia di cultura contadina, in un paese della Locride immerso nei frutteti e costellato da campi coltivati, che in primavera regalavano un’esplosione di fiori, colori e profumi che ho ancora adesso vivi nel cuore! Mandorli, melograni, fichi d’india… e poi quell’odore di pane che veniva da dentro le case, con le donne che si passavano il lievito una con l’altra… Sa che c’erano ancora le carrozze e i carri trainati dai cavalli? Ovvio che non c’erano macchine. Da bambini eravamo liberi, mi ricordo quello straordinario senso di libertà che si ha solo a quell’età e in particolare quando si abita in piccoli paesi. Sono ricordi belli, quasi nostalgici che mi porto dietro, che ho nel cuore. Rammento le pazze corse nei campi con i miei amichetti o quando insieme ci arrampicavamo sugli alberi per cogliere la frutta e poi mangiarla anche se era ancora acerba… insomma, qualcosa di indimenticabile! Recentemente ho incontrato alcuni vecchi amici, amici di quando si era bambini e, in fondo, davvero non ci siamo mai persi. Poi ho lasciato il mio paese, all’età di otto anni se ricordo bene, perché mio papà si era trasferito per lavoro a Genova dove ho vissuto per il resto della mia vita. Mi sono sposato e ho un figlio, anche lui praticante di karate. Anche mio fratello ha praticato karate per diversi anni, fino a conseguire il secondo Dan.
Quali studi ha fatto e che professione svolge?
Ho conseguito il diploma di scuola media e poi ho frequentato corsi professionalizzanti. Mi sono interessato alle cose più diverse e ho iniziato lavorando in una rosticceria, mentre di sera frequentavo una scuola professionale per diventare elettricista di bordo. Conseguita la qualifica ho iniziato il servizio militare in Marina, dove ho fatto pratica come elettricista a bordo di navi militari. Una volta congedato ho avuto subito l’occasione di aprire una rosticceria a Nervi con un amico, dove ho lavorato per quattordici anni, fino al 1974. Poi ho lasciato quel lavoro, in verità un po’ troppo impegnativo se volevo praticare il karate che stava diventando la mia vera passione e soprattutto se volevo allenarmi anche con il Maestro Shirai a Milano. Inoltre, avevo una moglie e un figlio cui volevo stare vicino. Ho dovuto operare delle scelte e così ho partecipato a un concorso per diventare cuoco indetto dalla Provincia di Genova: l’ho vinto e ho iniziato al lavorare in un ospedale di Genova. Ho diretto le cucine dell’ospedale fino al 1998, finché sono andato in pensione.
Quando ha iniziato la pratica del karate e con quale Maestro?
Ho iniziato nel 1966 con il Maestro Sasso a Genova. Mi sono allenato con lui per circa tre anni. Nel frattempo, tuttavia, avevo già conosciuto il Maestro Shirai e avevo iniziato a frequentare contemporaneamente il suo Dojo, prima in via Bezzecca e poi in via Maffei a Milano.
Quale ricordo conserva oggi del suo primo incontro con il Maestro Shirai?
Ho conosciuto il Maestro nel 1967 in occasione di una gara di karate a Milano, dove sono rimasto affascinato dalla sua perizia. Proprio in quella circostanza a un mio compagno, già cintura nera, il Maestro Shirai propose di iniziare a frequentare con lui il corso Istruttori. Sentendo questo anch’io mi proposi, ma il Maestro mi disse che ero cintura marrone e non avrei potuto diventare Istruttore, dovevo almeno essere cintura nera. Allora chiesi se potevo andare a Milano ad assistere alle sue lezioni e il Maestro, colpito evidentemente dal mio entusiasmo e dal mio trasporto, mi disse che prima o poi sarebbe venuto lui stesso a vedermi allenare a Genova… e così è stato. Infatti, non molto tempo dopo, venne a Genova in occasione di uno stage regionale; mi vide mentre mi allenavo e alla fine mi permise di partecipare al corso, nonostante la mia cintura marrone. Così, nel 1973 divenni Istruttore e nel 1975 Maestro.
Cos’è cambiato oggi rispetto al passato nella Sua pratica del karate con il Maestro Shirai?
Credo che il karate una volta fosse meno impegnativo dal punto di vista mentale: non c’erano complicate e lunghe sequenze di tecniche da ricordare o bunkai da studiare, sebbene anche un tempo veniva comunque data grande importanza all’analisi del kata e alla sua applicazione pratica. Le combinazioni erano più semplici, ma allo stesso tempo più dure. Si combatteva davvero con l’idea di abbattere l’avversario con una sola tecnica, magari col solo spirito. Oggi il karate è più veloce, più sciolto, caratterizzato da lunghe concatenazioni di tecniche, secondo me forse meno potenti, almeno quando vengono utilizzate in gara. Penso però che il Maestro durante gli allenamenti che ci propone cerchi di coniugare sia potenza ed esplosività, sia velocità e scioltezza.
Che cosa l’ha personalmente motivata a continuare a percorrere la strada del karate in tutti questi anni?
Il Maestro riesce sempre a trasmettere voglia di fare, entusiasmo, anche dopo così tanti anni trascorsi con lui non viene mai meno la voglia di crescere, di perfezionarsi, di apprendere cose nuove. Più si pratica più aumentano la voglia e il desiderio di studiare, conoscere, superare in un certo modo se stessi e i propri limiti.
Credo che il karate una volta fosse meno impegnativo dal punto di vista mentale.
Nel suo percorso di karateka si è dedicato anche all’attività agonistica? Quale competizione agonistica ricorda oggi con grande emozione?
Mi sono dedicato all’attività agonistica anche se non per tanti anni, avendo iniziato la pratica in età più avanzata. Provenivo da altre discipline di combattimento e quando mi sono avvicinato per la prima volta al karate avevo già 26 anni. L’emozione maggiore, comunque, è stata quando sono arrivato terzo ai Campionati Italiani nel 1973 nel kumite a squadre, insieme ad Antonio Barone e altri compagni.
Che cosa l’ha spinta a intraprendere la strada dell’insegnamento?
Vi era la necessità di divulgare il nostro karate, di farlo conoscere nel nostro Paese e quindi serviva fondare nuove società sul territorio e così ho fatto nella mia città. Ho fondato il Ken Shin Kai Karate Club nel 1973 e nel 1975 ho fondato il Ken Shin Kai Karate Club Recco, oggi società seguita dal M° Domenico Garofalo.
Che cosa significa per Lei oggi essere un Maestro di Karate e qual è la Sua più grande motivazione nel rivestire attualmente questo ruolo?
Sa quanti grandi Maestri, grazie al Maestro Shirai ovviamente – che oltre a essere il mio Maestro di karate è il mio maestro di vita e che anche per questo non smetterò mai di ringraziare –, sa quanti grandi Maestri ho conosciuto nella mia carriera di karateka? E con quanti di loro ho praticato? Come faccio io a considerarmi un Maestro? Io davvero non mi considero un Maestro, ma un discepolo. Ho praticato con i Maestri Nakayama, Nishiyama, Enoeda, Kase… A proposito del M° Kase mi ricordo un episodio che avvenne moltissimi anni fa durante uno stage in via Maffei: il M° Kase ci stava spiegando l’importanza, l’essenza dell’energia mentale e ci portò un esempio, usò un’immagine che non mi sarei mai più dimenticato. Ci raccontò di un Maestro di lancia che una volta vide un uccellino posato su un ramo. Il Maestro di lancia si accostò all’albero molto lentamente, ma con una forza della mente e dello spirito straordinarie; poi avvicinò la punta della lancia all’uccellino, ma senza toccarlo, senza nemmeno sfiorarlo. La bestiola non riuscì più ad alzarsi in volo, sembrò quasi stringersi in se stesso, nella sua quasi attonita immobilità. Questa è davvero energia mentale, è spirito! E mentre ci spiegava questo aneddoto il Maestro stesso imitò il volatile, racchiudendosi quasi in se stesso, indietreggiando, mostrando con il suo corpo in quale modo può arretrare la mente e lo spirito dell’avversario di fronte a una forza che percepisce più grande. A me era proprio sembrato di vivere quell’uccellino, di essere io in lui!
Oggi il karate è più veloce, più sciolto, caratterizzato da lunghe concatenazioni di tecniche, secondo me forse meno potenti, almeno quando vengono utilizzate in gara.
Che cosa ci racconta del suo Dojo e del rapporto con suoi allievi? Come riesce a coinvolgere e a trasmettere loro la passione del karate?
Stare insieme ai miei allievi è bellissimo! I bambini che iniziano la pratica comunicano entusiasmo, affetto e gioia. Gli adulti hanno creato tra loro legami di amicizia. L’ambiente è rilassato, positivo e rassicurante. Ciononostante gli allenamenti sono duri e impegnativi. Io credo di essere un maestro severo ed esigente, anche se in verità penso di essermi un po’ ammorbidito negli anni. Comunque, faccio sempre il massimo per portare avanti gli insegnamenti del Maestro, che poi si traducono in ciò in cui io stesso credo: il karate non è solo pratica che si esaurisce nel Dojo, ma è qualcosa che va al di là, che nel tempo plasma il carattere, la persona, è una forma di evoluzione del sé, una reciprocità, insomma valori personali, ma che possono avere una valenza, incidere anche nel complesso della nostra società. Poi, Lei mi chiede come riesco a coinvolgere i miei allievi. Intanto, trasmettendo loro tutti gli insegnamenti che costantemente ricevo dal M° Shirai e poi contagiandoli con la mia stessa voglia di imparare e di migliorarmi, il mio entusiasmo che è ancora vivo e sempre maggiore, se possibile, ma sicuramente più maturo e intenso di quanto ho iniziato. Certo per me ora la pratica, l’esercizio fisico e lo sforzo, sono più pesanti, la fatica fisica e mentale è maggiore, ma credo ne valga la pena… il sacrificio vale la pena.
Quale carica riveste all’interno della FIKTA? Che cosa significa per Lei ricoprire questo ruolo all’interno della Federazione?
Da quando è stata fondata la FIKTA, a esclusione di pochi anni, sono sempre stato Direttore Tecnico della regione Liguria e oggi ne sono anche il Presidente. È stato poi per me un grande onore essere stato nominato dal M° Shirai e dalla FIKTA “Maestro Benemerito”. Chiaro è che questi incarichi sono molto impegnativi e di responsabilità. Spesso, di fronte a insuccessi o a difficoltà che possono insorgere (come ad esempio sensibilizzare e coinvolgere in attività federali o regionali le varie società liguri che, data la conformazione del territorio della nostra regione, si trovano spesso una molto distante dall’altra, quindi con problemi di raggiungibilità e di organizzazione) mi chiedo se sono davvero all’altezza degli incarichi che mi sono stati assegnati e se il mio impegno è sufficiente. Ciononostante, ci metto tutta la volontà e lo slancio, costantemente aiutato dalla collaborazione che ricevo dal M° Giancola, anche lui amico di vecchia data. Insomma, cerco sempre di fare autocritica per poter comunque migliorare e andare avanti.
Vuole esprimere un suo libero pensiero o un sincero ringraziamento per qualcosa o qualche persona in particolare?
Naturalmente, oltre al M° Shirai, che in questi quasi cinquant’anni mi ha trasmesso davvero tantissimo, cambiando e incidendo in qualche modo sulla mia vita, ringrazierei la mia famiglia, in particolare mia moglie Anna che mi ha non solo permesso, ma sostenuto in questa mia passione, non facendomi mai pesare il tempo sottratto a lei e a mio figlio. Un ringraziamento lo vorrei poi anche rivolgere ai miei allievi, molti dei quali mi stanno ancora seguendo davvero da tanto, tanto, tempo. Due tra gli altri: uno tra i miei primissimi allievi il M° Garofalo che oggi dirige il Ken Shin Kai Karate Club Recco e con cui continuo a collaborare e soprattutto a mantenere una solida e sincera amicizia e Sergio Ferrari, anche lui Direttore Tecnico il Ken Shin Kai Karate Club Ventimiglia.