Allievo dei più importanti Maestri, grande agonista e con molti ruoli di responsabilità nella FIKTA.
(In KarateDo n.38 apr-mag-giu 2015)
Dove e quando è nato Maestro?
Sono nato a Torino il 2 ottobre 1951.
Che tipo di studi ha fatto?
Ho studiato da Perito Capotecnico in Costruzioni Aeronautiche e in seguito, dopo alcuni anni di lavoro in questo settore, ho ripreso gli studi e ho conseguito il diploma all’Isef (Istituto Superiore di Educazione Fisica) di Torino.
L’allenamento era decisamente più faticoso e le lezioni erano estenuanti, con ripetizioni fino allo sfinimento di tecniche o di kata.
Quale attività lavorativa svolge?
Tengo corsi di Ginnastica Posturale, opero in qualità di Personal Trainer, svolgo servizi di assistenza in sala Fitness presso Centri Sportivi privati e insegno Karate presso l’ASD ITAI DOSHIN.
In quale anno e perché ha iniziato la pratica del Karate?
Ho iniziato la pratica nell’ottobre del 1968 dopo aver visto una dimostrazione di Karate alla fiera di Nichelino (paese dell’hinterland torinese) dove abitavo.
Chi è stato il suo primo Maestro?
In quel tempo il M° Caudano aveva appena aperto una palestra a Nichelino dove anche lui risiedeva e aveva un’attività professionale. Così ho iniziato a praticare l’attività in quel Dojo: il “Samurai Nichelino”. In brevissimo tempo ho poi iniziato ad allenarmi con i Maestri Takahashi e Miura.
Dall’inizio della sua pratica a oggi, quali sono state le tappe più significative del suo percorso di karateka?
Tra l’agosto 1972 e il marzo 1974 ho conseguito 1°, 2° e 3° dan, il 4° nel dicembre 1976 e il 5° nel 1983. Il 6° mi è stato conferito nel gennaio 2006. La qualifica di Istruttore, dopo un corso biennale molto intenso a Milano (un weekend ogni 15 giorni), è datata gennaio 1975, mentre quella di Maestro risale a fine 1976. Da più di 15 anni pratico anche il Goshindo e nel 2010 mi è stata conferita la qualifica di Kyoshi. Arbitro nazionale dai primi anni 80. Tra l’‘80 e il ‘90 ho rivestito le mansioni di: direttore tecnico regionale, referente regionale ISI, responsabile regionale degli arbitri e docente ai Corsi Istruttori regionali per tecnici Federali. Attualmente sono membro del Comitato Regionale Piemonte in qualità di vicepresidente.
Negli anni Settanta è stato un grande agonista di karate, che cosa ci racconta della sua esperienza agonistica? Quali sono i risultati agonistici più importanti che ha conseguito e quali i ricordi più belli che le vengono in mente?
È molto vivo il ricordo delle mie prime gare. Dalla “Coppa Città di Torino” del 1975 – nella quale sono entrato in finale sia nel kata sia nel kumite e nella quale la finale di kumite, peraltro vinta, è stata arbitrata dal M° Enoeda –, alle innumerevoli “Coppa città di Milano” o “Coppa Nishiyama” che in quel periodo si disputavano in un Palalido stracolmo. Ricordo bene l’entusiasmo del foltissimo pubblico allora presente a seguire gare ed esibizioni dei Maestri. Un entusiasmo contagioso anche per noi atleti.
Che clima e che atmosfera si respiravano a quei tempi nelle palestre di karate?
“Erano altri tempi”… Sembra una risposta banale, ma rispecchia la realtà! Nelle sale cinematografiche spopolavano i film di Bruce Lee e le palestre erano piene di persone che volevano emularlo e non chiedevano altro che di imparare a combattere il più in fretta possibile! L’allenamento era decisamente più faticoso e le lezioni erano estenuanti, con ripetizioni fino allo sfinimento di tecniche o di kata.
Quando ha conosciuto il M° Shirai e il M°Kase? Che cosa si ricorda di quel momento e che cosa ha il piacere di raccontare di questi Maestri?
Riguardo al M° Shirai, negli anni 70, ricordo come fosse oggi la consapevolezza di trovarmi dinanzi a una persona straordinaria. La sua umiltà, la sua determinazione e la profondità del suo sguardo penetrante erano, allora come oggi, un tutt’uno con la forza con la quale trasmetteva e trasmette agli allievi le sue “conoscenze”. Del M° Kase mi ha sempre colpito il contrasto tra la “pacatezza” del suo viso eternamente sorridente e l’esplosività che riusciva a esprimere in un attimo, qualunque fosse la tecnica che intendeva spiegare o dimostrare. Di entrambi mi ha sempre colpito l’invito instancabile a unire corpo, mente e spirito in ogni singolo gesto.
Poiché dai primi anni 70 a oggi il Karate tradizionale Shotokan si è profondamente evoluto, sono mutate anche le metodologie d’insegnamento.
Quando ha iniziato a insegnare il karate? Che cosa ci racconta della sua prima esperienza di insegnamento?
Il M° Dogliani (uno dei pionieri del karate in Piemonte) mi aveva visto gareggiare e spesso mi aveva arbitrato nelle gare regionali. Dovendo lasciare l’insegnamento nella sua palestra presso il DLF (dopolavoro ferroviario di Torino) per impegni professionali, mi chiese se fossi interessato a proseguire la sua attività. Quasi nello stesso periodo il M° Takahashi, che insegnava in un’altra cittadina nella prima cintura di Torino, dovendo rientrare in Giappone mi offrì l’opportunità di seguire i suoi corsi a Chieri. Fu così che nel settembre 1972 ho iniziato la “missione” dell’insegnamento. Ricordo di aver vissuto questa esperienza con grande soddisfazione e con un sentimento di giusta continuità rispetto alla carriera di atleta che stavo percorrendo.
Come si è evoluto nel tempo il suo modo di insegnare il karate? Che cosa è cambiato e che cosa è invece rimasto uguale?
Poiché dai primi anni 70 a oggi il Karate tradizionale Shotokan si è profondamente evoluto, sono mutate anche le metodologie d’insegnamento. Mentre una volta si prediligeva la ripetizione delle tecniche di kihon, ora ogni combinazione, dopo essere stata studiata individualmente, viene applicata con un compagno per verificare l’efficacia dell’esecuzione. La stessa cosa succede nell’approfondimento dei kata, per i quali si studiano ed esercitano tutte le possibili applicazioni. Nulla è cambiato nell’applicazione delle regole del Dojo Kun, ma da parte mia è certamente aumentato l’entusiasmo con il quale cerco di trasmettere quanto ho avuto la fortuna di apprendere, seguendo e cercando di fare miei gli insegnamenti del Maestro.
Che significato ha per lei essere un Maestro di karate? Qual è la sua motivazione nel rivestire questo ruolo e quali sono le sue più grandi soddisfazioni?
Essere Maestro di karate significa per me avere una grande responsabilità, nonché la possibilità di trasmettere le esperienze di studio, di pratica, di agonismo e tutte le soddisfazioni che questo percorso mi ha dato. Trasmettere, attraverso lo sport, il significato di “impegno” e “sacrificio” come momenti di crescita personale.
Che cosa significa Itai Doshin?
Riunione di un gruppo di persone diverse per cultura, estrazione sociale e interessi che, tuttavia, hanno in comune uno scopo: la pratica del Karate Shotokan secondo le direttive e gli insegnamenti del M° Shirai.
Che cosa ci racconta del suo Dojo e dei suoi allievi?
Ripensando al mio Dojo mi vengono in mente tutti i validi tecnici piemontesi che con me si sono formati e gli agonisti che hanno ottenuto lusinghieri risultati, sia in campo nazionale sia internazionale. Poi, il mio pensiero va a tutti quei piccoli di 5-6 anni che imparano a conoscere e ad amare il karate anche attraverso un progetto che sono riuscito a realizzare: la partecipazione attiva ai corsi di karate di alcuni genitori a fianco dei loro figli. Ritengo che questo possa rappresentare un valore aggiunto significativo nei rapporti interfamigliari.
Lei ha ricoperto e ricopre tuttora importanti cariche nella F.I.K.T.A., sia a livello regionale, sia a livello nazionale: che cosa l’ha motivata sin dall’inizio nel rivestire questi ruoli e che cosa la stimola attualmente nell’andare avanti su questa strada?
Il piacere di mettere la mia esperienza al servizio della Federazione. L’entusiasmo che pervade tuttora l’operato del M° Shirai, atto a tramandare i più alti valori del Budo e del Karate Tradizionale, funge da volano e mi induce a cercare di trasmettere quanto ho avuto la fortuna di apprendere.
Quali sono state e sono tuttora le persone più importanti che ha incontrato nel suo percorso di karateka e con cui è legato da un profondo rapporto di stima, amicizia e pratica del karate?
I Maestri Miura, Takahashi e Caudano che mi hanno iniziato a questa disciplina, i Maestri Shirai e Kase che mi hanno plasmato e permesso di crescere sotto il profilo personale e tecnico per gran parte della mia vita, il M° Michielan che mi è stato particolarmente vicino quando ho avuto l’onore e l’onere di organizzare a Torino i Campionati Europei nel 1993, il M° Napoli tecnico e collaboratore molto valido e il M° Campari allievo e agonista prima, punto di riferimento tecnico ora, ma da sempre “amico”.
Un progetto che sono riuscito a realizzare: la partecipazione attiva ai corsi di karate di alcuni genitori a fianco dei loro figli.
“Hitotsu! Makoto no michi o mamoru koto!” Percorri la via della sincerità: come si applica questo principio del Dojo Kun in palestra e nella vita di tutti i giorni?
Non è sempre facile applicare questo principio, ma credo che l’importante sia tendere comunque al meglio, in allenamento così come nella vita dare sempre il massimo di noi stessi per migliorarsi e aiutare i nostri compagni a crescere. Occorre essere chiari nel riconoscere, manifestare e condividere le proprie aspirazioni e le proprie scelte.
Desidera esprimere un suo libero pensiero o un sincero ringraziamento per qualcosa o qualche persona in particolare?
Ritengo che ogni persona abbia le proprie peculiarità per cui ogni incontro, dal più ostico al più positivo e incoraggiante, è stato per me fonte di crescita sia sotto il profilo personale sia professionale. A tutti va dunque il mio ringraziamento.