Una storia del Karate Tradizionale in Italia 1990-1999.
(in KarateDo n. 28 ott-nov-dic 2012)
di Giancarlo Vignoli
“Perbacco!” mi sono detto con giusto tono di approvazione quando ho avuto tra le mani il corposo libro della Fikta Una storia del Karate Tradizionale in Italia 1990-1999.
Avevo già sentito parlare da più parti e in termini generici dell’intenzione di raccogliere in un libro di prossima pubblicazione, notizie e avvenimenti che riguardassero il Karate, che ne descrivesse l’evoluzione e lo sviluppo in Italia, in modo particolare del nostro stile, completo di foto e persino con i risultati delle gare. Bene, ora è realtà.
Con estrema curiosità e interesse mi sono ritrovato a sfogliarlo in un crescente coinvolgimento emotivo, perché, per uno che ha iniziato a praticare il Karate nella notte dei tempi come me, era come se le immagini del passato mi apparissero nuovamente e chiaramente davanti agli occhi, susseguendosi con regolare cadenza e facendomi rivivere quei momenti, quelle situazioni, quegli avvenimenti.
Debbo dire che l’ho letto un paio di volte: la prima perché, spinto dalla curiosità, saltavo qua e là per leggere ciò che più m’interessava o che mi veniva in mente, per trovare conferme e/o precisazioni relative a determinati fatti; mentre, la seconda volta, appagato il desiderio di rendermi subito conto di specifici argomenti, la lettura è stata più lenta e ordinata, allo scopo di avere una visione globale di tutto ciò che è avvenuto nel corso di quei dieci anni.
A questo punto è quasi d’obbligo rivolgere un riconoscente pensiero a chi ha avuto l’idea del libro, il quale ha avuto la costanza e la tenacia di perseguire uno scopo ben preciso: registrare tutto il possibile, con obiettività, precisione e con opportuna documentazione, per ricostruire la “storia” del Karate che ci riguarda, direttamente o indirettamente. Il plauso diventa ancora più sentito ed energico se si pensa a quanta pervicacia e insistente perseveranza si è usata nel richiedere e nel cercare documentazioni e fotografie varie e pertinenti; quanta certosina pazienza e volontà d’intenti sono stati necessari per catalogare, ordinare e sistemare il tutto, per dare un senso compiuto, reale, coerente e continuativo agli avvenimenti che hanno costituito la storia di quel decennio.
Da dove nasce l’idea del libro?
Personalmente non credo che l’ideatore del libro avesse solo l’intenzione di “raccontare” nel modo più esaustivo possibile gli avvenimenti che, direttamente o indirettamente, ci hanno coinvolto per un periodo lungo dieci anni; non credo che lo scopo finale fosse unicamente il resoconto analitico dei fatti e una mera raccolta cartacea a testimonianza degli stessi.
Ritengo ci fosse un altro motivo ispiratore, più profondo, un motivo che tendesse ad unire maggiormente e meglio tutti coloro che hanno praticato (e praticano) con sacrificio, sudore, perseveranza, umiltà, coerenza il nostro Karate Shotokan. Penso che questo motivo fosse una spinta per sensibilizzare maggiormente il nostro senso di appartenenza, da cui consegue in modo naturale una più grande e ampia partecipazione attiva, diretta o indiretta.
Ecco il vero motivo, il vero scopo, il perché del libro !
Infatti, anch’io, da molto tempo e in più occasioni, ho notato che il concetto, il principio del senso di appartenenza sia un patrimonio di pochi. Sono pochi, secondo me, coloro che partecipano attivamente, che fattivamente contribuiscono all’avanzare e al progredire della nostra Federazione.
Tutti pretendono, dal preciso momento del tesseramento, di avere presto e subito delle risposte a qualsivoglia istanza si prospetti. In altre parole, si hanno solo delle aspettative vantaggiose per sé, per il proprio mondo e null’altro, dimenticando (volutamente?) di rispondere nel proprio intimo, in modo compiuto e sincero, a due semplici domande:
Cos’è la Federazione? Che cosa faccio io per la Federazione?
In molti, tanti purtroppo, neppure se le pongono tali domande! Alcuni credo lo facciano, ma probabilmente non si danno le risposte corrette.
Io ritengono che la Federazione sia un corpo a sé, che viva di luce propria, operando autonomamente e che gli indirizzi siano indicati e tracciati da persone sconosciute (o immaginarie) e che, per queste motivazioni, si debbano avere solo dei diritti e delle pretese.
Ci si deve rendere conto che, invece, avere ben sviluppato questo senso di appartenenza significa avere costituito (e quindi a disposizione) un vastissimo bacino di capacità umane, consistenti in una riserva di potenzialità individuali con caratteristiche, connotazioni, mentalità tra le più diverse e variegate. Un bacino, quindi, da cui possono scaturire proposte, idee, suggerimenti tendenti a un unico scopo: il progresso positivo della nostra federazione. Fare questo significa operare in un ambiente migliore, praticare in un ambiente migliore, sentirsi un corpo unico per aiutarsi vicendevolmente, in sintesi: migliorare se stessi.
Il libro ci dà tutto questo, ci porta a queste considerazioni, ci fa riflettere su un nuovo modo di agire e su come relazionarci tra noi, perché noi siamo la FIKTA.
Mi è inoltre giunta voce della notizia (quindi non vuole certamente avere il carattere dell’ufficialità, ma molto fa pensare che abbia un fondamento di verità) che vi siano in cantiere altri volumi la cui stesura dovrebbe tendere al completamento della lunga, interessante, intensa e valida storia del nostro Karate Shotokan.
Mi è dato sapere che i libri dovrebbero essere tre: uno che registrerà il periodo che va dalla venuta in Italia del Maestro Shirai sino al 1979, un altro che racconterà il periodo dal 1980 al 1989 e un terzo che documenterà il ciclo dal 2000 al 2009.
Buona lettura!