Incontro con il monaco buddista M° Mitsutaka Koso. Igea Marina (RN) – 25.08.2008
(in KarateDo n.12 ott-nov-dic 2008)
Traduzione M° Shuhei Matsuyama e Michele Gambolò
Buon giorno a tutti, ringrazio tutti voi per l’ennesimo invito che mi rende molto felice.
È presente in me in questi giorni il ricordo di un mio carissimo amico, monaco buddhista e compagno di università, recentemente scomparso. Mi sono rimaste alcune domande per lui a chiarimento di questioni che non ho compreso e confidavo di poterne parlare con lui al mio ritorno in Giappone. Purtroppo non è stato possibile e ora sento la mancanza della sua presenza. Mi spiace cominciare il nostro incontro con un tema così triste, ma fa parte dell’essere monaco parlare di tutte la cose della vita.
Yagyu Munenori nel Katsunin Ken dice che pensare solo a vincere è quasi come una malattia.
Abbiamo già parlato riferendoci alla vita di Buddha come la vita e la morte siano unite come le due facce della stessa moneta.Ogni volta che mi soffermo a pensare come possiamo sembrare cambiati anche solo non incontrandoci per tre giorni.
Quindi, in questo momento mi sto chiedendo se vi sentite cambianti in meglio, oppure no, dal nostro ultimo incontro. Anch’io vorrei migliorare con voi. Questo tipo di amicizia nel buddismo si dice Zenchishiki Yujin (buona conoscenza).
Quando ho parlato dell’amicizia, riferendomi a Buddha il suo discepolo Ananda gli domandò: “Maestro, io penso che quando si è tra amici con un buona conoscenza, si è già arrivati a metà della strada sacra”. Buddha gli rispose: “Non è così, se hai trovato dei buoni amici questo è già tutto! Perché in questo tipo di ambiente puoi trovare la giusta via per la tua vita”.
Pensando a chi pratica il Karate Do, si ritrova nella vostra unione, tramite la pratica della tecnica, la ricerca di un rapporto di cuore a cuore (Doyu).
Oggi vorrei parlare di due personaggi, due amici che hanno percorso la stessa strada per arrivare al medesimo obbiettivo. Uno è un praticante di arti marziali, il Ken Do e si chiama Yagyu Munenori (1571-1646 fondatore dello stile Yagyu Shinkageryu). L’altro è un monaco buddista e si chiama Takuan Soho (1573-1645).
Yagyu Munenori è uno dei più importanti esperti di Ken (spada) vissuto nel XVI/XVII secolo in Giappone durante un periodo turbolento di guerre interne, che si risolve nell’unificazione da parte di Tokugawa Ieyasu.
Yagyu Munenori contribuì largamente a tale successo e allora aveva trentanove anni. Successivamente, Munenori diventò maestro di spada della famiglia Shogun. Da questo momento inizia l’epoca di Edo, contraddistinta da un periodo di pace lungo 260 anni.
Oltre a essere maestro di spada Yagyu Munenori partecipa anche al dialogo politico per il riassetto del paese.
Per quanto concerne l’arte della spada egli era un maestro veramente severo; nel corso della sua pratica lasciò una serie di manoscritti molto importanti.
L’altro personaggio è Takuan Soho, soprannominato Takuan Osho (osho significa bonzo o capo di dottrina). Egli visse nello stesso periodo di Yagyu Munenori e aveva solo tre anni di meno. Il padre di Takuan era governatore di una provincia del paese.
Come dicevo, prima nel XVI secolo il Giappone era diviso e investito dalla guerra. Una delle tante guerre investì la provincia dove Takuan, all’età di otto anni, abitava con la famiglia. A seguito della sconfitta il padre perse la casa e caddero nella condizione di Ronin (samurai senza patria, senza signore).
A dieci anni la famiglia di Takuan decise di affidarlo ai monaci per poter dare al figlio un’educazione. Per lui questa fu l’occasione di avvicinare maestri di Zen e il suo percorso lo portò a diventare, all’età di trentasette anni, il monaco superiore (Jushoku). Questa carica troppo onorifica non piacque a Takuan che, dopo soli tre giorni, lasciò il tempio per tornare a casa nel paese natale. Verso i suoi cinquant’anni il governo di Tokugawa introdusse delle leggi che contrastavano la crescita del potere dei monaci nel paese.
Takuan prese parte al movimento di protesta verso l’introduzione di queste leggi e fu arrestato e mandato al confino.
Trascorsi alcuni anni, Takuan fu chiamato dal terzo Shogun Iemitsu come consigliere presso il governo centrale. Sicuramente tale scelta fu consigliata da Yagyu Munenori.
Takuan visse come persona libera e chiara, senza interessi di fama e potere.
Yagyu Munenori incontrò Takuan in gioventù approfondendo l’amicizia e apprendendo il pensiero Zen e la filosofia legata alla pratica della spada. Egli trasse spunto da questi principi per la conduzione politica. In gioventù Yagyu Munenori perdeva spesso il controllo e si arrabbiava, per questo errore Takuan lo riprendeva.
Dall’amicizia di questi due personaggi nasce la filosofia del “ken zen ichinyo” (la spada e lo Zen sono una sola cosa), uno dei migliori pensieri espressi dal Giappone!
(Anche in occidente la spada è simbolo della sacralità, la croce, e allo stesso tempo può uccidere).
Yagyu Munenori sapeva come portare tale arma e ne aveva esperienza derivata da tante battaglie. La sua conoscenza di tale potenziale lo indusse a riflettere su come controllare un potere così grande.
Takuan gli suggerì di migliorare il Ken Do per migliorare il suo pensiero. Yagyu Munenori lasciò tra i suoi scritti titolati Satsujin Ken (La spada che uccide) e Katsunin Ken (La spada che dà la vita) dove riflette sul potere che ha spada strettamente legata all’uomo che la usa. In guerra può dare la morte oppure, quando finisce il combattimento, può fare vivere le persone.
Questo tema è ancora attuale ai nostri giorni.
Vorrei ora spiegarvi il significato di ken zen ichinyo.
All’epoca di Yagyu Munenori quando si parla di spada si parla di guerra, d’incontro che finisce con la vita o con la morte, non come ai giorni nostri dove si ritrova solo in una competizione sportiva. Oggi, noi possiamo pensare che ciò fosse pura follia.
Nello stesso periodo visse Miamoto Musashi, che voi probabilmente avete sentito nominare. Egli combatté, dai ventinove anni, oltre sessanta incontri senza soccombere. In seguito scrisse Gorin No Sho (Il libro dei cinque anelli), un testo che contiene riflessioni del suo pensiero dopo tale esperienza.
La sua idea sulle arti marziali, nello specifico sulla pratica della spada, è che l’obiettivo non può essere solo quello di vincere un incontro. Miamoto Musashi scrive che le sue vittorie possono essere derivate dalla fortuna o dalla sua capacità di leggere il pensiero dell’avversario o addirittura dall’incapacità di quest’ultimo. Non ha mai smesso la pratica delle arti marziali, ma può affermare di averne incontrato il vero significato solo all’età di cinquanta anni.
Il pensiero deve essere al centro del corpo per potersi muovere liberamente.
Forse voi conoscete meglio di me come il giorno prima di un incontro non si possa dormire o subentri l’ansia di fuggire alla morte. Si cerca di nascondere le proprie paure all’avversario, ma dentro rimangono tutti i dubbi. Si cerca di leggere le intenzioni dell’avversario, ma al contempo si confida in Dio perché la capacità di combattere dell’avversario sia inferiore. Comunque, si pensa e si fa qualsiasi cosa per vincere.
Miamoto Musashi dopo le sue vittorie non era soddisfatto per il suo stato d’animo e pensava alle persone che erano morte. Inoltre, voleva affrontare il combattimento senza paure e con molta calma. Questo non gli riusciva nonostante le vittorie. Cominciò così la ricerca per migliorare il suo carattere.
Miamoto Musashi aveva conosciuto Takuan Osho e ne era diventato amico. Penso che la base dell’insegnamento di Buddha sia quella di utilizzare insieme la pratica del corpo e della mente. Yagyu Munenori dice: “Se penso di agire solo affidandomi al cuore non riesco a muovermi liberamente senza lasciare traccia …”. Al cuore possiamo sostituire il concetto di energia. Si può fermare la tecnica, ma se si ferma il pensiero (l’energia) quell’azione diventa debole e si scopre all’attacco dell’avversario.
Quando mio padre era giovane praticava Ken Do. In famiglia non lo sapevamo, finché un giorno fu invitato a una gara. Quella sera tornò a casa e ci raccontò di avere perso in finale. Noi figli non lo avevamo mai visto allenarsi e quindi fummo sorpresi del fatto che addirittura riuscì ad arrivare alla finale. Comunque, gli domandammo come mai avesse perso l’incontro. Egli ci rispose sorridendo che durante la gara gli era venuta in mente la sua famiglia e in quel momento gli è arrivato l’ippon alla testa… Preparando questo mio discorso mi è venuto in mente che al tempo di Yagyu Munenori questa distrazione avrebbe segnato la morte di mio padre.
Come scrive Takuan a Yagyu Munenori nell’incontro reale se il pensiero si sofferma sul qualcosa rallenta il movimento, se si sottovaluta l’avversario si è troppo pieni di convinzione e nasce la debolezza. Allo stesso modo la paura toglie il movimento. Di questo voi siete più esperti di me. Quindi, se il mio pensiero va al movimento dell’avversario, seguo il suo movimento, se penso alla mia spada il mio pensiero rimane alla spada, se penso alla guardia dell’avversario resto a tale atteggiamento. Non possiamo pensare. Durante il combattimento se metto il mio pensiero fuori da me, ci penso e quindi perdo lo stesso. Io quindi, metto il mio pensiero dentro di me, dentro il mio Tanden per utilizzarlo come forza verso l’avversario. Anche in questo caso sto pensando di mettere il mio pensiero da qualche parte e ciò mi rende debole. Spostando il pensiero da qualsiasi parte si crea comunque un vuoto. Per concludere bisogna tenere il pensiero all’interno senza metterlo da nessuna parte, allora potrà essere pronto a qualsiasi azione.
L’azione il cui pensiero non si ferma da nessuna parte, ma è libero di dirigersi dove necessario, può essere efficace in qualsiasi momento. La mente deve svilupparsi per tutte le parti del corpo.
Yagyu Munenori nel Katsunin Ken dice che pensare solo a vincere è quasi come una malattia. Affidare la propria strategia solo alla migliore tecnica imparata è come una malattia. Soffermarsi su un solo pensiero è come una malattia. Cercare di guarire da questa malattia è malattia stessa.
Sapendo questo dobbiamo abituarci a lavorare alla propria mente, al proprio cuore.
Anche Miamoto Musashi dice qualcosa di simile. Il modo di affrontare la pratica della via della spada non deve essere diverso da come si affronta la quotidianità. L’atteggiamento deve essere tranquillo, giusto, senza diventare rigido, ma allo stesso tempo non essere molle. Il pensiero deve essere al centro del corpo per potersi muovere liberamente.
Ritengo che sia importante ciò che accade nella quotidianità. La pratica dell’arte marziale passa dalla vita di ogni giorno (Hei Jo Shin).
Questo modo di pensare deriva sicuramente dal buddismo e si ritrova nel libro sacro Kongo Hannaya Haramita Kyo che ha influenzato la filosofia Zen. Questo libro sacro spiega il significato di Ku, ovvero il modo di comportarsi nella quotidianità.
Omu Shuju Nijogoshin significa letteralmente non soffermarsi in un posto, ma fare vivere il pensiero. Il pensiero è in continua mutazione. Ogni giorno abbiamo circa ottocentoquaranta milioni di pensieri, quindi comunque pensiamo a qualcosa come se vi fosse una schiuma che continua a formarsi e a sparire. Non ci si può soffermare su ogni singolo pensiero, bisogna cercare il pensiero reale verso l’illuminazione. Quindi, lasciate stare il vostro piccolo ego, il futile litigio, per guardare a una morale più in alto. Solo allora possiamo vivere insieme nella vita comune e condividerla.
Ho un altro racconto che riguarda un personaggio di nome Ikkyu Shonin, un monaco soprannominato Ikkyu San. Egli è molto famoso in Giappone e su di lui si basano molti racconti che riguardano la filosofia di Ku.
Ikkyu San un giorno viaggiando per il Giappone si trovò davanti a un fiume in piena. Dove c‘era un ponte per il guado distrutto dai flutti, si trovava una ragazza giovane e carina.
Questa ragazza non sapeva come attraversare il fiume e Ikkyu San si offrì per aiutarla al guado portandola sulle spalle. A quel tempo i monaci non potevano avere una donna e quindi egli si trovava in una situazione d’imbarazzo. Per l’epoca avere un contatto con una donna era proibito ai monaci.
Ikkyu San senza troppi pensieri si caricò la ragazza in spalla e la portò sulla riva opposta. Il discepolo che lo accompagnava assistette alla scena, impietrito al pensiero che il suo maestro stesse violando un regola severa.
Più avanti, proseguendo il cammino il discepolo trovò il coraggio per domandare a Ikkyu San come poteva spiegare la sua azione. Ikkyu San rispose “Sciocco! stai ancora pensando a quella ragazza??!!…”.
Oggi riesco a comprendere quanto sia giusto questo tipo di pensiero, mi rendo conto come questa riflessione possa far crescere una migliore forza interna.
Lasciate stare il vostro piccolo ego, il futile litigio, per guardare a una morale più in alto.
Un artigiano costruisce nei giorni un capolavoro e diventa allo stesso tempo una persona splendida. Questo tipo di pensiero di Takan è stato usato da Yagyu Munenori nella politica e da Miamoto Musashi nella battaglia, per arrivare entrambi a dire che non serve necessariamente utilizzare la spada.
Al termine del secondo conflitto mondiale, in occasione del processo per il risarcimento dei danni di guerra, un rappresentante di Ceylon non accettò il rimborso dicendo che se non s’interrompeva la catena dell’odio non sarebbe mai subentrata la calma. Questa è la verità eterna. Davanti a queste parole io m’inchino, questo tipo di pensiero è rivolto al distacco da ogni pregiudizio.
Saicho è un monaco vissuto nell’VIII secolo che diede le basi di quella che oggi è la nostra università. Voglio utilizzare le sue parole per concludere l’incontro di oggi. Lui disse “Il tesoro di ogni paese è il pensiero della ricerca della strada giusta. La persona che cerca la strada giusta è tesoro del paese. Dieci monete, tanti soldi o qualcosa di prezioso non sono tesoro del paese. Chi illumina qualche angolo del paese con il pensiero della ricerca della verità, quella persona è il tesoro del paese”.
Vi ringrazio per la vostra presenza e per avermi ascoltato.
Gassho, M° Mitsutaka Koso.